> A cielo e che follia dire s' accorda Allor non par, che la lingua si morda Nè ciò vi mostrò mai Guido nè Dante. IX. AL MEDESIMO Si m' è fatta nemica la mercede Che sol di crudeltà per me si vanta ; Es' io ne piango, ella ne ride e canta El mio doglioso pianto ella non crede; E che mai non fallai, conosce e vede In ver di quella disdegnosa e santa; A cui guisa la mena ed intanta E quando vuol la prende in la sua rede. Se per me la vertù stessa si lede Amor, che suole aver potenza tanta Come a tale offesa non provede ? Se mai coglieste frutto di tal pianta, Mandatelomi a dir, che n' ho tal sede Che tutto 'l cor questo disio mi schianta. X. AL MEDESIMO . Quella, che 'n cor l'amorosa radice Mi piantò nel primier, che mal la vidi Cioè la dispietata ingannatrice, A morir m'ha condotto; e tu nol cridi! Gli occhi miei mira morti in la cervice Ed odi gli angosciosi del cor stridi; E dell' altre mio corpo ogni pendice, A aa! Che par ciascuna della morte gridi. A tal m' ha giunto mia Donna crudele Ch' entro tal dolor sento in ogni parte, Che l'alma a forza dallo cor si parte. Che 'l mio dolzor con l'amaror del fele Ha già ben visto Amor com' si comparte. Ben ti consiglio a ciò mai non fidarte XI. AL MEDESIMO. Assai son certo che sementa in lidi E pon lo suo color senza vernice, Qualunque crede che la calcatrice Prender si possa dentro alle mie ridi . E già non son si nato fra gli Abnidi Ch' io pensi mai di trovarla amatrice Quella, ch'è stata di me traditrice; Nè sperò il dì veder, sol che mi sfidi Merzè d' Amor, che mi consuma e dele E ciascuna speranza da me parte,: Ma del servir prescrizione e carte Tu tien che non conosci acqua di fele Nel mar dov' ha ogni allegrezza sparte, Che val ciascuna più, ch' amor di parte.. BALLA T. A • La partenza, Il duol, che mi conviene allor portare Se io mi dico di dar morte fiera Torto fece, e fallio ver me, lasso ; Poi pietanza in altrui non si sovra, Nè s' adovra in altrui, fuor che meve Pianto mio " vanne a quella, che deve Rimembrarsi di mia vita povra : Di che scovra ver me suo volere Se 'n piacer gli è ched io senta morte : A me forte gradisce esser morto . CANZONI. I. Se con lo vostro val mio dire e solo Supplico lei, cui siate ad ubbidienza Che ristori a tutta vostra parvenza, Ch' io so che voi 'l cherete senza dolo. Dicendo: Questi è buon combattitore ; Onde non m' è mestier farli mestizia In cor che sia di gentilezza fora ; E ove il suo piacer truova non poco, Ch' al sofferente sa me' di gio' porto, Conquiso che difesa non avia Purchè a lei 'l suo servir non gravasse : Onde poi cresce d' Amor più l' aita ; Ed ei vuol ch' io vel dica ed hammen stretto. Piacemi d'esser vostro nella luna Stella d' Amore, a qual mi son segnato ; Che per altrui il non in soi protervo. |