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Però vi prego,

chiaro intendimento

Per vostra bontà tostamente n' aggia,
Scrivendomi di ciò la veritate.

BONODICO DA LUCCA.

I.

A GONNELLA DEGLI INTERMINELLI .

Non so ragion

ma dico per pensiero, Però lo ferro per ferro si strima, Che sua vertuta per artificero

Per più durezza di quel che dirima
Tolle, perde, muta e sta primero,
La sua maniera per atto si sprima

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Latino come sento respondero
Ben sa chiunqu' è ch' accidente stima
In cui è la sentenza mi raffido
Che sia prova d' ogni approvamento
Lo ver, sempre verace, non si malla.
Per arte molte campane saucido
D' altri non m' assicuro nè spavento;
Per allumar lo parpaglion si calla

II.

A BARTOLOMEO NOTAJO .

Già non sete di senno sì leggieri, Che v'abbisogni il mio per far certanza ; Ma piacque voi di mettery' in pensieri

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Di ciò, che dite d' altrui innamoranza.
S'io vi rispondo com' n' aggio senteri
Ragion ch'è in voi, dammene baldanza .
Poichè Amor nasce e regna per piaceri,
E per altra vertù non fa mutanza;

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Amar non può contr al suo piacimento
Donna valente, col fin amor saggia
Voi ne savete il ver, che mi negate

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Altro non vo' dichiaro ch' io non sento . Non richerete in me più ch' io non n' aggia S' io vi discrivo, farlo voi mandate

GERI GIANNI .

I.

A NATUCCIO ANQUINO.

Mio fero stato nato è sì forte,

Non credo morte sia con più dolore
Che d'ogni lato dato sonmi sorte
E non già corte piene di malore .

Viv affannato, pato male storte
Oime' che porte tienmi d' amarore,
Non ben agiato fiato di che torte

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Cotale scorte son dať al mio core .

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Che gran fallire dire puoss' intero
E del no' chero ch' ha esta balanza
Se più tardanza fa tanto 'l desiede

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Al sommo Vero chero sua mercede
Con pura fede, nello quale spero
Me partagero d' esta malenanza.
Vol. II.

Ggg

Deo,

Conforto porto alcuno non par Ch' io tegno, feo la mia vita scura E ho paura non mai viver meo.

II.

AL MEDESIMO

A quei, ch'è sommo dicitore altero E ched è spero d'ogni tenebroso Con grande umilità mercè li chero Che faccia clero me che son pensoso D' Amor, che renda ogni uomo lumero . Chi a lui 'ntero si dà, fal giojoso, chende pero

Ed io taupino lasso

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Del colpo fero, che mi dà nascoso.
Si che doglioso ne sto sempre 'n pene,
E d'ogni bene fammi aver finita,
Regnando 'n vita, più che morte

dura.

Ma sper cura da voi, qual si conviene Perchè pertiene a saggi' uomo compita Dare aita per confortar natura.

III.

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A SI GUI: DA PISTOJA.

Magna ferendo me tuba in oregli D' orrato ch' ognor in te pregio regna, Lo cor mi stringe pur volendo vegli. Com' io pensando tuo conto divegna,

E con ogni argomento m' apparegli Pugnando che ad amico t' aggia e tegna, In guisa ch' amistà mai non invegli,

Ma fra noi sempre fresca si contegna;

Ond' ho pensato dell' accontar mostra Il dir sia pria, che 'n ciò ho vegliato e veglio, Parendo me grand' amistanza n'esca;

E perchè ho detto dell' amistà nostra Responsion chero, qual ti sembra meglio Veglia tuttor la mantegnamo, u fresca ?

GONNELLA DEGLI INTERMINELLI.

I.

A BONAGIUNTA URBICIANI,

Una ragion, qual' io non saccio

Ond' è che ferro per ferro si lima? natura di vena o di tempéro ?

O mollezza di quel che si dicima ?

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chero:

Cresce e dicresce, corrompe e sta intero Per sua natura, sì com' fue di prima? Parleria più latin se non ch' io spero,

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Che tutto sa chi è dottor di rima .

Sentenza aspetto, e di ciò mi confido :
Per essa proverò per argomento,
Che senno e natural ragion non falla.

D' ogn' arte dell' Alchima mi diffido;
Ed uom, che muta parlar
che muta parlar per accento
Non trae per senno al foco la farfalla

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Ggg

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Pensavati non fare indivinero

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Sì com' tu fammi, che voi che si sprima
Per avventura " e non per maestero
Lo tuo riposo, e ť ange ch' il reprima
Poi ch' io sperava non esser fallero
Tal senno
che si dice che sublima.

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Chi bene intende , puote di leggero
Risposo dar, che per lui si diprima
Ingegno ajuta l''arte, e ciò dicido
Onde natura apprende affinamento
Folle fora chi cher ragione e falla

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Ma assai che chero e sovente mi strido Ver arte ond' è che non ha apprendimento Asel di monte pelle equo di stalla .

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E fora fallire

menzogna non de' dire.

Donna laudare, cui non stringe amanza,

Ο per buon ciausimento o per pietanza.

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