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tire da fe, e venire verfo Maria novantuno dì, e poco più e per altrettanti a fe tornare e poi quando è tornato, fotto Libra, e anche fi parte, e va ver Lucia novantuno dì e poco più, e in altrettanti ritorna. E quefto luogo, lo quale tutta la palla cerchia, fempre ha il dì iguale colla notte o di qua, o di là, che 'l Sole gli veda e due volte l'anno ha la ftate grandiffima' di calore, e due piccioli verni. Conviene anche, che li due fpazj, che fono mezzo delle due Cittadi immaginate, e'l Sole del mezzo, veggiano il Sole fvariatamente, fecondochè fono remoti, e propinqui questi luoghi; ficcome omai per quello che detto è, puote vedere, chi ha nobile ingegno, al quale è bello un poco di fatica lafciare. Perchè vedere omai fi puote, che per lo divino provvedimento il mondo è sì ordinato, che volta la fpera del Sole, e tornata a un punto questa palla dove noi fiamo, in ciascuna parte di fe riceve tanto tempo di luce, quanto di tenebre. O ineffabile Sapienzia, che così ordinafti! quanto è povera la noftra mente a te comprendere e voi, a cui utilità e diletto io fcrivo, in quanta cechità vivete, non levando gli occhi fufo a queste cofe, tenendoli fiffi nel fango della vostra stoltezza!

Nel precedente capitolo è moftrato, perchè modo lo Sole gira; ficchè omai fi può procedere a dimoftrare la fentenzia della parte, alla quale s'intende. Dico adunque, che in quefta parte prima comincio a commendare quefta donna, per comparazione all' altre cofe. E dico, che Sole girando il mondo, non vede alcuna cofa così gentile, come coftei; perchè fegue che quefta fia fecondo le parole, gentiliffima di tutte le cofe, che 'l Sole allumina. E dico: in quell' ora; onde è da fapere, che ora per due modi fi prende dagli Aftrologi: l'uno fi è, che del dì, e la notte fanno ventiquattr'ore, cioè dodici del dì, e dodici della notte, quanto che 'l dì fia grande, o piccolo. E queste ore fi fanno picciole, e grandi nel dì, e nella notte, fecondo che 'l dì, e la notte crefce e fcema. E quefte ore ufa la Chiefa, quando dice Prima, Terza, Sefta, e Nona; e chiamanfi così ore temporali. L'altro modo fi è, che facendo del dì, e della notte ventiquattr'ore,

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talvolta ha il dì le quindici, e la notte le nove e talvolta ha la notte le fedici, e 'l dì le otto, fecondochè crefce, e fcema il dì, e la notte: e chiamanfi ore eguali: e nello equinozio fempre quefte, e quelle che temporali fi chiamano, fono una cofa; perocchè effendo il di eguale della notte, conviene così avvenire. Poi quando dico: Ogni 'ntelletto di lassù la mira; commendo lei, non avendo rispetto ad altra cofa. E dico, che le intelligenzie del Cielo la mirano: e che la gente di quaggiù gentili penfano di coftei, quando più hanno di quello che loro diletta. E qui è da fapere, che ciascunò intelletto di fopra, fecondoch'è fcritto nel libro delle cagioni, conofce quello ch'è fopra fe, e quello, ch'è fotto fe; conofce dunque Iddio, ficcome fua cagione: conofce dunque quello ch'è fotto fe, ficcome fuo effetto. E perocchè Iddio è univerfaliffima cagione di tutte le cofe, conofcendo lui, tutte le cofe fi conofcono fecondo il modo della intelligenzia; perchè tutte le intelligenzie conoscono la forma umana, in quan to ella è per intenzione regolata nella divina mente. Maffimamente conoscono quella intelligenzia motrice; perocchè fono fpezialissime cagioni di quella, e d'ogni forma generale: e conoscono quella perfettiffima, tanto quanto effere puote, ficcome loro regola ed efemplo. E fe effa umana forma esemplata e individuata non è perfetta, non è manco del detto esemplo, ma della materia, la qual'è individua. Però, quando dico: Ogni 'ntelletto di lassù la mira; non voglio altro dire, fe non ch'ella è così fatta, come l'efemplo intenzionale, che della Umana Effenza è nella Divina mente e per quella virtute, la qual'è maffimamente in quelle menti Angeliche, che fabbricano col Cielo queste cose di quaggiù. E a quefto affermare foggiungo, quando dico: E quella gente, che qui s'innamora; dov'è da fapere, che ciafcuna cofa maffimamente difidera la fua perfezione, e in quella s' acquieta ogni fuo defiderio, e per quella ogni cofa è defiderata. E questo è quello defiderio, che fempre ne fa parere ogni dilettazione manca; che nulla dilettazione è sì grande in quefa vita, che all' anima noftra poffa torre la fete, che fempre lo defiderio

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che detto è, non rimanga nel pensiero. E perocchè questa veramente quella perfezione, dico, che quella gente che quag giù maggior diletto riceve, quando più hanno di pace, allora rimane quefta ne' loro penfieri. Per quefta dico, tanto effere perfetta, quanto fommamente effere puote umana effenza. Poi, quando dico: Su effer tanto a que, che glie 'l dà, piace; moftro, che non folamente quefta donna è perfettiffima nella umana generazione, ma più che perfettiffima, in quanto riceve dalla Divina bontà oltre il debito umano. Onde ragionevolmente fi può credere, che ficcome ciafcuno, maestro ama la fua opera più ottima, che l' altre; così Iddio ama più la perfona umana ottima, che tutte l'altre; perocchè la fua larghezza non fi ftrigne da neceffità d' alcuno termine. Non ha riguardo il fuo amore al debito di colui che riceve; ma foperchia quello in dono, e in beneficio di virtù e di grazia. Onde dico qui, che effo Iddio, che dà l'effere a costei, per carità della fua perfezione, infonde in effa della fua bontà oltre li termini del debito della noftra natura. Poi quando dico : la fua anima pura; provo ciò che detto è, con fenfibile teftimonianza. Ove è da fapere, che ficcome dice il Filofofo nel fecondo dell' Anima: l'anima è atto del corpo; e s'ella è fuo atto, è fua cagione: e perocchè, ficcome è fcritto nel libro allegato delle Cagioni, ogni cagione infonde nel fuo effetto della bontà che riceve dalla cagione fua; infonde rende al corpo fuo della bontà della cagione fua, che dà . Onde, concioffiacofachè in coftei fi veggiano, quanto è dalla parte del corpo, maravigliose cofe, tanto che fanno ogni guardatore difiofo di quelle vedere; manifefto è, che la fua forma, cioè la fua anima che la conduce, ficcome cagione propia, riceva miracolofamente la graziosa bontà di Dio. E così prova per quefta apparenza, che oltre il debito della natura noftra, la quale è in lei perfettiffima, come detto è di fopra, quefta donna è da Dio benefiziata e fatta nobile cofa. E quefta è tutta la fentenza litterale della prima parte della feconda parte principale.

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Commendata quefta donna comunemente, sì fecondo l'ani

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ma, come fecondo il corpo; io procedo a commendare lei spe zialmente fecondo l'anima. E prima la commendo, fecondochè 'l fuo bene è grande in lei la commendo poi, fecondochè 'l fuo bene è grande in altrui, e utile al mondo. E comincia questa parte feconda, quando dico: Di coftei fi può dire. Dunque dico prima: In lei difcende la virtù divina; ov' è da fapere, che la Divina bontà in tutte le cofe difcende: e altrimenti effere non potrebbono; ma avvegnachè questa bontà fi mova da fempliciffimo principio, diverfamente fi riceve, fecondo più e meno, delle cofe ricevute. Onde è fcritto nel libro delle Cagioni: la prima bontà manda le fue bontadi fopra le cofe con un difcorrimento. Veramente ciascuna cofa riceve da quefto difcorrimento fecondo il modo della fua virtù, e del fuo effere. E di ciò fenfibile efemplo avere potemo del Sole. Vedemo la luce del Sole, la quale è una, da unơ fonte derivata, diverfamente dalle corpora effere ricevuta; ficcome dice Alberto in quello libro, che fa dello 'ntelletto; che O certi corpi, per molta chiarità di diafano avere in se mista tolto che 'l Sole gli vede, diventano tanto luminofi, che per multiplicamento di luce in quelli è lo loro afpetto e rendono agli altri di fe grande fplendore: ficcom'è l'oro, e alcu na pietra. Certi fono, che per effere del tutto diafani non folamente ricevono la luce, ma quella non impedifcono, anzi rendono lei del loro colore colorata nell' altre cofe. E certi fono tanto vincenti nella purità del diafano, che diventano si raggianti, che vincono l'armonia dell'occhio; e non fi lafciano vedere fanza fatica del vifo: ficcome fono li fpecchi Certi altri fono tanto fanza diafano, che quafi poco della luce ricevono, ficcome la terra. Così la bontà di Dio è ricevuta altrimenti dalle fuftanzie feparate, cioè dagli Angeli, che fono fanza groffezza di materia, quafi diafani per la purità della loro forma: e altrimenti dall' anima umana; che, avvegnachè da una parte fia da materia libera, da un' altra è impedita; ficcome l'uomo, ch'è tutto nell'acqua, fuori del capo, del quale non fi può dire, che fia tutto nell'ac qua, nè tutto fuori di quella e altrimenti dagli animali, la

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cui anima tutta in materia è comprefa; ma tanto dico alquanto nobilitata e altrimenti dalle miniere, e altrimente dalla terra, che dagli altri; perocchè è materialiffima, e però remotiffima, e improporzionaliffima alla prima fempliciffima, e nobiliffima virtù, che fola è intellettuale, cioè Iddio. E avvegnachè pofti fiano qui gradi generali, nondimeno fi poffono porre gradi fingolari, cioè, che quella riceve dell'anime umane altrimente una, che un' altra. E perocchè l'ordine intellettuale dell' univerfo fi fale, e difcende per gradi quafi continui dall' infima forma all' altiffima: all' infima, ficcome vedemo nell' ordine fenfibile: e trall' Angelica natura, che è cosa intellettuale, e l'anima umana non fia grado alcuno, ma sia quafi l'uno e l'altro continuo per gli ordini delli gradi: e tra l' anima umana, e l'anima più imperfetta delli bruti animali ancora mezzo alcuno non fia. E noi veggiamo molti uomini tanto vili, e di sì baffa condizione, che quafi non pare effere altro che beftia; e così è da porre, e da credere fermamente, che fia alcuno tanto nobile, e di sì alta condizione che quafi non fia altro che Angelo; altrimenti non fi continuerebbe la umana spezie da ogni parte, che effer non può. Quefti cotali chiama Aristotile nel fettimo dell' Etica, divini; e cotale, dico io, ch'è quefta donna, ficchè la divina virtù a guifa che difcende nell' Angiolo, difcende in lei. Poi quando dico: E qual donna gentil quefto non crede; provi questo per la fperienza, che aver di lei fi può in quelle operazioni, che fono propie dell'anima razionale; dove la Divina luce più efpeditamente raggia, cioè nel parlare, e negli atti, che reggimenti, e portamenti fogliono effere chiamati. Onde è da fapere, che folamente l'uomo intra gli animali parla, e ha reggimenti e atti, che fi dicono razionali; perocchè egli folo in fe ha ragione. E fe alcuno voleffe dire, contraddicendo, che alcuno uccello parli, ficcome pare di certi, maffimamente della gazza, e del pappagallo; e che alcuna beftia fa atti, ovvero reggimenti, ficcome pare della fcimia, e d'alcuno altro; rispondo che non è vero, che parlino, nè che abbiano reggimenti; perocchè non hanno ragione, dalla quale quefte

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