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Che parla Iddio, che di Madonna intende:
Diletti miei, or fofferite in pace,
Che voftra fpeme fia, quanto mi piace,
Là ov'è alcun, che perder lei s'attende;
E che dirà nell' inferno a' mal nati:
I' vidi la speranza de' Beati.
Madonna è difiata in l'alto Cielo:
Or vo' di fua virtù farvi fapere.
Dico: qual vuol gentil donna parere,
Vada con lei; che quando va per via,
Gitta ne' cor villani Amore un gielo;
Perch'ogni lor penfiero agghiaccia, e pere:
E qual foffriffe di ftarla a vedere,
Diverria nobil cofa, e fi morria:
E quando truova alcun, che degno fra
Di veder lei, quei prova fua virtute;
Che gli avvien ciò, che gli dona falute;
E si l'umilia, ch' ogni offefa obblia.
Ancor l'ba Dio per maggior grazia dato
Che non può mal finir, chi l'ha parlato.
Dice di lei Amor: cofa mortale

Com'effer può si adorna, e si pura?
Poi la riguarda, e fra fe fteffo giura,
Che Dio ne 'ntende di far cofa nova,
Color di perla quafi in forma, quale
Conviene a donna aver, non fuor mifura.
Ella è, quanto di ben può far natura,
Per efemplo di lei beltà fi pruqva:
Degli occhi fuoi, comecch'ella gli mova,
Efcono Spirti d'Amore infiammati,

Che fieron gli occhi a qual, ch' allor gli guati,
E palan si, che 'l cor ciafcun ritrova.
Voi le vedete Amor pinto nel viso,
Là non puote alcun mirarla fifo.

Canzone, io fo, che tu girai parlando

A donne affai, quando t'avrò avanzata :

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Or t'ammonifco, perch' io t'ho allevata
Per figliuola d' Amor, giovane, e piana;
Che dove giugni, tu dichi pregando:
Infegnatemi gir, ch' io fon mandata
A quella, di cui lode io fono ornata:
E fe non vuogli andar, ficcome vana,
Non riftare, ove fia gente villana:
Ingegnati, fe poi, d'effer palefe

Solo con donne, o con (1) uomin cortefe;
Che ti merranno per la via toftana:
Tu troverai Amor con effo lei;

Raccomandami a lui, come tu dei.

Quefta Canzone, acciocchè fia meglio intefa, la dividerò più artificiofamente, che l'altre di fopra; e però prima ne farò tre parti. La prima parte è proemio delle feguenti parole. La feconda è il trattato intero. La terza è quafi una ferviziale delle precedenti parole. La feconda comincia: Angelo chiama. La terza: Canzone io so. La prima parte fi divide in quattro. Nella prima dico, a cui dir voglio della mia donna, e che io voglio dire. Nella feconda dico che mi pare a me fteffo, quand'io penfoil fuo valore: e come io direi, fe io non perdeffi l'ardimento. Nella terza dico come credo dire di lei, acciocch'io non fia impedito da viltà. Nella quarta ridicendo anche, a cui io intenda dire, dico la ragione: perchè dica loro. La feconda comincia: Io dico. La terza: Ed io non vo'parlare. La quarta: Donne, e donzelle. Pofcia, quando dico: Angelo chiama, comincio a trattar di questa donna; e dividefi quefta parte in due. Nella prima dico, che di lei fi comprende in Cielo. Nella feconda dico, che di lei fi comprende in terra. quivi: Madonna è defiata. Quefta feconda parte fi divide in due: che nella prima dico di lei, quanto dalla parte della nobiltà della fua anima, narrando alquante delle fue virtuti, che dalla fua anima procedevano. Nella feconda dico di lei, quanto dalla parte della nobiltà del fuo corpo, narrando alquante delle fue belle bellezze.quivi: Dice di lei Amore. Quefta feconda parte fi divide in due; che nella prima dico d' alquante bellezze, che fono fecondo determinata parte della perfo

(1) O con uomin cortefe. al. o con uomo cortefe.

na.

na. quivi: Dove gli occhi fuoi. Quefta feconda parte fi divide in due che nell'una dico degli occhi, che fono principio d'Amore. Nell feconda dico della bocca, ch'è fine d'Amore, acciocchè quinci levi ogni viziofo penfiero. Ricordifi chi legge, che di fopra è fcrit to, che il faluto di quefta donna, il quale era operazione della boc ca fua, fu fine de'miei defiderj, mentre ioil pote' ricevere. Pofcia quando dico: Canzone, io so, aggiungo una stanza, quafi come an cella dell'altre, nella qual dico quello che di questa mia Canzon defidero. E perocchè quefta ultima parte è brieve ad intendere, non mi travaglio di più divifioni. Dico bene, che a più aprire la 'nten zione di questa Canzone, frconverrebbe ufare di più minute divifioni; ma tuttavia chi non è di tanto ingegno, che per quefte che fon fatte, la poffa intendere, a me non difpiace, fe la mi lafcia ftare; che certo io temo d' avere a troppi comunicato il fuo intendimento, pur per quefte divifioni, che fatte fono, s'egli avveniffe, che molti le poteffino udire.

Appreffo, che queita Canzona fu alquanto divolgata tralle genti, conciofoffecofachè alcuno amico l'udiffe; volontà il moffe a pregarmi, che io gli doveffi dire, che è Amore; avendo forfe, per le udite parole, fperanza di me, oltrechè degna. Onde io penfando, che appreffo di cotal trattato, bello era trattare alcuna cofa d'Amore : e penfando, che l'amico era da fervire, propofi di dir parole, nelle quali io trattaffi d'Amore; ed allora diffi questo Sonetto:

Amore, e'l cor gentil sono una cosa;
Siccome il faggio in fuo dittato pone :
E così effer l'un fenza l'altro osa,
Com' alma razional fanza ragione.
Fagli natura, quand' è amorosa,

(*) Amor per fire, e 'l cor per fua magione;
(2) Dentro alla qual dormendo fi riposa,
(3) Talvolta poca, e tal lunga ftagione.
Biltate appare in faggia donna poi,

(1) Amor per fire e'l cor.al. Amor¡ qual. pregiare il cor.

2) Dentro alla qual. al. dentro alleve.

Che

(3) Talvolta poca. al. tal volta bric

Che piace agli occhi, ficchè dentro at cove
Nafce un defio della cofa piacente:

E tanto dura talora in coftui,

Che fa fvegliar lo Spirito d'Amore :

E fimil face in donna uomo valente.

Quefto Sonetto fi divide in due parti. Nella prima dico di lui, quanto è in potenzia. Nella feconda dico di lui, inquanto di poenza firiduce in atto. La feconda comincia: Biltate appare. La prima fi divide in due. Nella prima dico, in che fuggetto fia queapotenzia. Nella feconda dico, come quefto fuggetto, e quefta poenzia feno prodotti infieme: e come l'uno guarda l'altro, come Torma materia. La feconda comincia: Fagli natura. Pofcia quando dico: Biltate appare, dico come quefta potenza riduce in atto; e pima, come fi riduce in uomo, pofcia, come fi riduce in donna. quivi: E fimil face in donna, ec.

Pofciachè io trattai d' Amore nella foprafcritta rima, vennemi oglia di dire, anche in loda di quefta gentiliffima, parole, per le quali io moftraffi, come per lei fi fveglia quefto Amore e come non folamente fi fveglia, laddov' egli dorme, malà ove non è in potenzia, ella mirabilmente il fa venire, operando; ed allora diffi: Negli occhi porta la mia donna Amore; Perchè fi fa gentil, ciocch' ella mira: Ove ella paffa, ogni uom ver lei fi gira E cui faluta, fa tremar lo core. Sicchè bafando'l vifo tutto fmuore ;

Ed ogni fuo difetto allor fofpira:
Fugge dinanzi a lei fuperbia, ed ira.
Ajutatemi, donne, (*) farle onore.
Ogni dolcezza, ogni penfiero umile

Nafce nel core, a chi parlar la fente,
Onde è laudato, chi prima la vide.

Quel, ch'ella par, quando un poco forride
Non fi può dicer, nè tenere a mente;
Si è nuovo miracolo, e gentile.

Questo Sonetto ha tre parti. Nella prima dico, ficcome questa don

(1) farle onore. al, a farle onore .

na

na riduce questa potenzia in atto, fecondo la nobiliffima parte fuoi occhi. E nella terza dico quefto medefimo, fecondo la nobi fima parte della fua bocca. E intra quefte due parti ha una par cella ch'è quafi domandatrice d' ajuto alla parte dinanz e alla feguente; e comincia quivi: Ajutatemi, donne. La terza mincia: Ogni dolcezza. La prima fi divide intre; che nella pri parte dico: ficcome virtuofamente fa gentile tutto ciò che ved e quefto è tanto a dire, quanto adducere Amore in potenza, là o non è. Nella feconda dico, come induce inatto Amore, ne'cu di tutti coloro, cui vede. Nella terza dico quello che poi adopera loro cuori. La feconda comincia: Ov'ella paffa. La terza: E faluta. Pofcia, quando dico: Ajutatemi, donne; dò ad intendere cui la mia intenzione è di parlare, chiamando le donne, che ajutino onorar coftei. Poi, quando dico: Ogni dolcezza, di quel medefimo che è detto, e nella prima parte fecondo d atti della fua bocca: l'uno de' quali è il fuo dolciffimo parlar e l'altro il fuo mirabile rifo, falvo che non dico di quef ultimo, come adoperi ne'cuori altrui, perocchè la memoria no può ritenere lui, nè fue operazioni.

Appreffo quefto, non molti di paffati, ficcome piacque a qu gloriofo Sire, il quale non negò la morte a fe, colui, che era ft to genitore di tanta maraviglia, quanto fi vedea, che era quefta no biliffima Beatrice, di questa vita ufcendo, alla gloriaeternale fe neg veracemente. Onde, concioffiacofachè cotal partire fia dolorofo a co loro che rimangono, efono stati amici di colui che se ne va: nulla fia sì intima amiftà, come quella del buon padre: e queft donna foffe in altiffimo grado di bontà; ed il fuo padre, ficcom da molti fi crede, e veroè, foffe buono in alto grado; manifeftoè che questa donna fu amariffimamente piena di dolore. Econcio fiachè, fecondochè è l'ufanza della fopraddetta Città, donne co donne, e uomini con uomini, s'adunarono colà, dove questa Bea trice piangea pietofamente; onde io veggendo tornare alquante don ne da lei, udii dir loro parole di questa gentiliffima, com'ella fi la mentava; tralle quali parole udii, che dicevano: certo, ella piange sì, che quale la miraffe, dovrebbe morire di pietà. Allora trapafla rono queste donne, ed io rimafi in tanta triflizia, che alcuna la

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