Sayfadaki görseller
PDF
ePub

omo, e fpezialmente effere rifibile; e però appare che io pon. ga, lui effere uomo. A cotal cofa dichiarare, fecondo che è buo no al prefente, prima è da intendere, che anticamente non erano Elicitori d'Amore certi Poeti in lingua volgare, anzi erano dicitori Amore certi Poeti in Lingua Latina, tra noi, dico, avvegna forfe, tra altra gente avveniffe; ed avvenga ancora, ficcome in Grecia, nonļvolgari, ma litterati Poeti quefte cofe trattavano. Enon molto numero d'anni (1) paffati, che apparirono questi Poeti volari (che dire per rima in volgare, tanto è, quanto dire per verG Latino) fecondo alcuna proporzione è fegno, che fia piccol tempo; e fe volemo guardare in lingua (2) d'oco, e in lingua di sì, noi non troviamo cofe dette anzi il prefente tempo centocinquana anni. E la cagione, perchè alquanti grofli ebber fama difaper ire, è, che quafi furon gli primi in lingua di sì. Ed il primo, he cominciò a dire come Poeta volgare, fimoffe, perocchè volle are intendere le fue parole a donna, alla quale era malagevole ad ntendere i verfi Latini. E quefto è contro a coloro che rimano opra altra materia, che amorofa; concioffiacofachè cotal modo di parlare foffe dal principio trovato per dire d'Amore. Onde, conEioffiacofachè a Poeti fia conceduta maggior licenzia di parlare, che Profaici dittatori: e quefti dicitori per rima non fieno altro, the Poeti volgari; degno e ragionevole è, che a loro fia maggioe licenzia largita di parlare, che agli altri parlatori volgari. Onde

[ocr errors]
[ocr errors]

(1) paffati, al. paffato. cendofi interrogare dal Conte Baldaf(2) se volemo guardare in LINGUA far Caftiglione fuk particolare della D'OCO e in LINGUA DI SI, ec.lingua Italiana, con queste parole: Non giudico fuperfluo il dire, alcuna Chi la chiamate la lingua del gì? cofa fa quefta denominazione, ancorche rifponde feguiterebbe una largbiffima ne fia ftato già parlato da altri. Era co-divifione, che fi fa delle lingue, nomifume de noftri antichi, volendo effi, de-nandole da quella particella, colla qua

[ocr errors]

Do linguaggio d'una nazio-le affermano, come la lingua d' hoc,

ne, prendere il fuo diftintivo dalla chiamata da volgari lingua d' oca; perd'oca; particella affermativa del volgare di ciocchè hoc in quella lingua fignifica quella gente, Per tanto la lingua Itaquanto vai nella Greca, etiam ita lianafi diceva la lingua del si, la nella Latina, e nella nafina sislę perTedesca dell'io, la Franzefe dell' of, ciò Dante differe

กรม

la Provenzale dell' boc; e così fi va-Ah Pifa vituperio della genti da difcorrendo dell'altre lingue. Il Del bel paese là, dove 'I si fuona, Varchi nel fuo Ercolano a c.335. fa- Edavanti al Varchi Benvenuto da Imo

la

de fe alcuna figura, o colore rettorico è conceduto alli Poeti conceduto a'Rimatori. Onde fe noi vedemo, che i Poeti hani parlato alle cofe inanimate, come fe aveffero fenfo, o ragione: fattole parlare infieme, e non folamente cofe vere, ma cofe no vere; cioè che detto hanno di cofe, le quali non fono, che parlam edetto,che molti accidenti parlano come foffono fuftanzie,ed uomin degno è, lo dicitore per rima fare lo fomigliante,ma non sanza ragion alcuna ma con ragione, la quale pofcia fia poffibile d'aprire p profa. Che li Poeti abbiano così parlato, come dettoè, appare p Virgilio, il quale dice che Juno, cioè una Dea, nimica de Trojan parlò ad Eolo, Signor de'Venti Quivi, nel primo dell'Eneid Eole, namque tibi.

E che quefto Signore le rispondesse. quivie

Tuus, ò regina, quid optes,

Explorare labor: mibi juffa capeffere fas eft.

Per quefto medefimo Poeta parla la cofa, che non è animata alle cofe animate, nel fecondo dello Eneida quivi

[ocr errors][merged small][ocr errors]

Per Lucano parla la cofa animata alla cofa inanimata – quivi - Multum, Roma, tamen debes civilibus armist Per Orazio parla l'uomo alla fua fcienza medefima, ficcome ac altra perfona; e non folamente fono parole d'Orazio, ma di cele quafi medio del buono Omero. quivi nella fua Poetria: Die mibi, Mufa, viram.

Per

la fu questo medefimo luogo: Quia ma il paese ancora Linguadoca: e re generaliter omnis gens Italica utuntur tempi più baffi della Latina lingua fa ifo vulgari si; ubi Germani dicunt io, detto Occitania, il qual paese non e

aliqui Gallici dicunt oi,& aliqui altro che l'antica Gallia Narbonenf. hoc, aliqui etiam, Pedemontani dicunt Loto del Tedesco da rud boc eft ol vel dic: leggo fic, credendolo er-led in più perfetta pronunzia ja, fcri rere del copista nel MS. Laurenziano.dall'jam eft: il Franzefe oi, dall' F. Derivano tutte quefte particelle dalillad eft, che bene fi ritrova nell'antico Lacino. 11 st nostro dal fie o fic eft,ouill, che adeffo è diventato eni ed o forfe piè interamente da fie eft hoc,in forma il Piemontefe of, dall'istelot al contrario da boc eft fic. L'altra fo boc illud Sicchè, a propofito def di quefte voci fu prefa da' Provenzali, paffo di Dante, in lingua d'oco, in cioè P boce da quefta fu non fola-lingua di si vuol dire in lingua mente il lor parlare denominato lingua Provenzale, ed in lingua Italiana. d'oce, che vale a dire lingua dell' bor;

Per Ovidio parla Amore, come le foffe perfonažumana, nel principio del libro ch'ha nome: Rimedio d'Amore:

Bella mibi video: bella parantur, aita

E per quefto puote effere manifefto, a chi dubita in alcuna parte di quefto mio libello. Ed acciocchè non ne pigli alcuna baldanza perfona groffa, dico, che nè i poeti parlano così fanza ragione, a nè quegli che rimano, deono parlare così, non avendo alcuno ragionamento in loro di quello che dicono; perocchè gran vergogna farebbe a colui, che rimaffe cofa fotto vefta di gura, o discolore rettorico e domandato non fapeffe denudare le fue parole da cotal vefta, in guifa che aveffero verace..intenio, ne fapemo ben

dimento. E questo primo mio amico.erace, inten

di quegli che così rimano stoltamente.

Quefta gentiliffima donna, di cui detto è nelle precedenti paole, venne in tanta grazia delle genti, che quando paffava per via, le perfone correvano per vedere lei; onde mirabile letizia me he giugnea: e quando ella foffe preffo d'alcuno, tanta onestà venia nel cuor di quello, ch'egli non ardiva dilevar gliocchi, nè di rifpondere al fuo faluto; e di quefto, molti, ficcome efperti, mi potrebbono teftimoniare, a chi nol credefle. Ella, coronata e vetita d'umiltà, s'andava, nulla gloria moftrando di ciò ch'ella vedeva, ed udiva. Dicevano molti, poichè paffata era, questa non è femmina, anzi è uno delli bellissimi Angeli del Cielo. Ed altri dievano: questa è una maraviglia: che benedetto fia'l Signore, che si mirabilmente fa operare! I'dico, ch'ella fi moftrava sì gentile, e si piena di tutti i piaceri, che quegli che la miravano, comprendevano in loro una dolcezza onefta, e foave tanto, che ridire non lo fapeano; nè alcuno era, il quale poteffe mirar lei, che nel principio non gli convenifle fofpirare. Quefte, epiù mirabili cofe procedeano da lei mirabilmente, e virtuofamente. Onde, penfando a ciò, vogliendo ripigliare lo ftilo della fua loda, propofi di dire parole, nelle quali deffi ad intendere delle fue mirabili ed eccellenti operazioni; acciocchè non pur coloro, che la poteano fenfibilmente vedere, ma gli altri fapeffono di lei quello, che per le parole ne poffo fare intendere; ed allora diff quefto Sonetto:

[ocr errors][merged small]

42

دم

[ocr errors]

Tanto gentile, e tanto onefta parem.
La donna mia, quand ella altrui faluta
Ch'ogni lingua divien, tremando, muta;
E gli occhi non l'ardifcon di guardare
Ella fen và, fentendof laudare,

ཀsoM ༥༠༣ ༡༩༢

(1) Umilemente d'onestà veftuta: -mals 19% E par, che fa una cofa venuta

EVATORO DVD piacente a chi la mira;

[ocr errors]

Di Cielo in terra, a miracol moftrare.
Moftrafi

Che da per gli occhi una dolcezza al core,
Che 'ntender non la può, chi non la pruova

offer par, che dalla fua labbia fi morala sve
paret
Un fpirito foavé, pien d'Amore

Che va dicendo all' anima: fofpira.

[ocr errors]
[ocr errors]

Quefto Sonetto non fi divide, perciocchè per fe medefi è affai chiaro.

་ ་་་་་་

Dico, che quella mia donna venne in tanta grazia, che n folamente ella era onorata e lodata; ma per lei erano onora e lodate molte. Onde io veggendo ciò, e volendo manifeftar chi ciò non vedea, propuofi anche di dire parole, nelle qua ciò foffe fignificato; e diffi allora quefto Sonetto:

Vede perfettamente ogni falute,

Chi la mia donna tralle donne vede:
Quelle, che vanno con lei, fon tenute
Di bella grazia a Dio render merzede.
E fua biltà è di tanta virtute,
Che nulla invidia all' altre ne procede;
Anzi le face andar Seco veftute
Di gentilezza, d'amore, e di fede..
La vifta fua fa ogni cofa umile,
E non fa fola fe parer piacente;
Ma ciafcuna per fe riceve onore..
Ed è negli atti fuoi tanto gentile,

Che nefun la fi può recare à mênte
Che non fofpiri in dolcezza d'Amore.

(1) Umilemente. al. benignamente.

Que

to Sonetto ha tre parti. Nella prima dico, che tra gente queonna parea più mirabile. Nella feconda dico ficcom'era gioolafua compagnia. Nella terza dico quelle cofe, le quali opeanaltrui. La féconda parte comincia. Quelle, che vanno. La : Efua biltate. Quefta ultima parte fi divide in tre. Nelrima dico quello, che operava nelle donne, cioè per loro mtefime. Nella feconda dico ciò, che operava in loro per alcuNella terza dico, che non folamente nelle donne operava, min tutte le perfone e non folamente nella fua prefenza; m ricordandofi di lei, mirabilmente operava. La feconda cocia: La vifta. La terza: Ed è negli atti.

[ocr errors]

Appreffo ciò cominciai a penfare un giorno fopra quello che detto avea della mia donna, cioè in quefti due Sonetti præcedenti; e veggendo nel mio penfiero, che io non avea detto quello, che al prefente tempo aoperava in me, parvemi dettivamente avere parlato; e però propuofi di dire parole, nel lequali io diceffi, come mi parea effere difpofto alla fua operazione: ecome operava in me la fua virtù: e non credendo, ciò potere narrare in brevità di Sonetto, cominciai quefta Canzone:bol

Si lungamente m'ha tenuto Amore,

[ocr errors]

E coftumato alla fua fignoria, st
Che cost, com'el m' era forte in pria,
Cost mi fta foave ora nel core.
Però quando mi toglie si il valore
Che gli Spiriti par, che fuggan via
Allor fente la frale anima mia
Tanta dolcezza, che 'l vifo ne more.
Poi prende Amore in me tanta virtute,
Che fa gli fpirti miei andar parlando; x
Ed efcon fuor chiamando

La donna mia, per darmi più falute:
Questo m' avviene, ovunch ella mi vede,
E si è cofa umil, che non fi crede

Quomodo fola fedet civitas plena populo: facta est quafi vidua domina

་་

gen

« ÖncekiDevam »