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più utile a ufare al ricevitore, che al datore. Perchè fi conchiude, che 'l dono conviene effere utile a chi 'l riceve, acciocchè fia in effo prontà liberalità. Terziamente; perocchè l'operazione della virtù per fe dee effere acquistatrice d' amici; concioffiacofachè la noftra vita di quello abbisogni: e'l ne della virtù fia, la noftra vita effere contenta; onde, actiocchè I dono faccia lo ricevitore amico, conviene a lui effere utile; perocchè l'utilità figilla la memoria dell'immagi e del dono, il quale è nutrimento dell' amiftà: e tanto più orte, quanto effa è migliore; onde fuole dire Martino: non adră della mia mente lo dono, che mi fece Giovanni hè, acciocchè nel dono fia la virtù, la quale è liberalita: e Baperhe effa fia pronta, conviene effere utile a chi riceve Ultiamente perocchè la virtù dee avere atto libero e none forzato, atto libero è, quando una perfona va volentieri ad cuna parte, che fi moftra nel tenere volto lo vifo in quello to: sforzato è, quando contro a voglia fi va, che fi moftra 1 non guardare nella parte, ove fi va; e allora fi guarda lo Ono a quella parte, quando fi dirizza allo bifogno dello rivere. E perocchè dirizzarfi ad esso non si può, se non sia file; conviene, acciocchè fia con atto libero, la virtù effere bera, lo dono alla parte, ov'elli va col ricevitore; e confeente conviene, effere lo dono l'utilità del ricevitore, acciocè quivi fia pronta liberalità. La terza cofa, nella quale fi ò notare la pronta liberalità, fi è, dare non domandato; acocchè '1 domandato è da una parte, non virtù, ma mercanzia; perocchè quello ricevitore compera, tuttochè 'I datore on venda; perchè dice Senaca, che nulla cofa più cara fi mpera, che quella, dove e' prieghi fi fpendono. Onde, acocchè nel dono fia pronta liberalità, e che effa fi poffa in effo otare; allora fi conviene effere netto d'ogni atto di mercatana. Conviene effere lo dono non domandato. Perchè si caro fla quello che fi priega; non intendo qui ragionare; perchè fficientemente fi ragionerà nell'ultimo trattato di quefto libro Da tutte le tre foprannotate condizioni, che convengono oncorrere, acciocchè fia nel beneficio la pronta liberalità, era? T

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Comento Latino e lo Volgare e con quelle, ficcome f può manifestamente così contare, non averebbe il Latino così fervito a molti che fe noi riducemo a memoria quello che di fopra è ragionato, li letterati fuori di lingua Italica non averebbono potuto avere questo servigio: e quelli di questa lingua, fe noi volemo bene vedere chi fono, troveremo che de mille l'uno ragionevolmente non farebbe stato fervito; perocchè non l'averebbono ricevuto, tanto fono pronti ad avari zia, che da ogni nobilità d'animo li rimuove, la quale maffimamente defidera quefto cibo. E a vituperio di loro dico che non fi deono chiamar litterati; perocchè non acquistano la lettera per lo fuo ufo, ma in quanto per quella guadagnano danari, o dignità; ficcome non fi dee chiamare citarista, chi tiene la cetera in cafa, per preftarla per prezzo, e non per ufarla per fonare. Tornando adunque al principale propofito, dico che manifestamente fi può vedere, come lo Latino avrebbe a pochi dato lo fuo beneficio; ma il Volgare fervirà veramente a molti. Che la bontà dell'animo, la quale quefto fervigio accende, è in coloro, che per malvagia difufanza del mondo hanno lasciata la letteratura a coloro che l'hanno fatta di donna meretrice: e quefti nobili fono Principi, Baroni, e Cavalieri, e molta altra nobile gente, non folamente maschi ma femmine; che fono molti, e molte in quefta lingua vol gari, e non litterati. Ancora non farebbe ftato datore lo La tino d'utile 'dono, che farà lo Volgare; perocchè nulla cofa è utile, fe non in quanto è ufata nella fua bontà in potenza che non è effere perfettamente; ficcome l'oro, le margherite e gli altri tefori che fono fotterrati; perocchè que', che fono a mano dell'avaro, fono in più baffo luogo, che non è la terra, là ove il teforo è nafcofo. Il dono veramente di questo Comento è la fentenza delle Canzoni, alle quali fatto è; lo quale maffimamente intende inducere li uomini a scienza, e a virtù: ficcome fi vedrà per lo pelago del loro trattato. Que fta fentenzia non poffono avere in ufo quelli, nelli quali vera nobiltà è feminata, per lo modo che fi dirà nel quarto trattato e quefti fone quafi tutti volgari, ficcome fono quelli nobili

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the di fopra in quefto capitolo fono nominati: e non ha corf traddizione, perchè alcuno litterato fia di quelli, che, ficcome dice il mio maeftro Ariftotile nel primo dell' Etica, una rondine non fa primavera. E' adunque manifefto, che 'l Volgare darà cofa utile, e lo Latino non l'averebbe data. Ancora darà il Volgare dono non domandato, che non l'averebbe dato il Latino; perocchè darà fe medefimo per Comento che mai non fu domandato da perfona; e quefto non fi può dire dello Latino, che per Comento, e per chiofe a molte fcritture è già ftato domandato, ficcome in loro principj fi può vedere apertamente in molti. E così è manifefto, che pronta liberalità mi moffe al Volgare, anzi che allo Latino.

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Grande vuole effere la fcufa, quando a così nobile Convito per le fue vivande, a così onorevole per li fuoi convitati, fi pone pane di biado, e non di formento: e vuole effere evidente ragione, che partire faccia l'uomo da quello, che per gli altri è ftato fervato lungamente; ficcome di comentare con Latino. E però vuole effere manifesta la ragione, che delle nuove cofe il fine non è certo, acciocchè la fperienza non è mai avuta; onde le cofe ufate, e fervate fono e nel proceffo, e nel fine commifurate. Però fi moffe la ragione a comandare, che l'uomo aveffe diligente riguardo a entrare nel nuovo cammino, dicendo che nello ftatuire le nuove cofe, evidente ragione dee effere quella, che partire ne faccia da quello, che lungamente è ufato. Non fi maravigli dunque alcuno, fe lunga è la digreffione della mia fcufa; ma, ficcom'è neceflaria la fua lunghezza, paziente foftenga; la quale perfeguendo dico, che, poich'è manifefto, come per ceffare difconvenevoli difordinazioni e come per prontezza di liberalità io mi moffi al volgare Comento, è lafciai lo Latino; l'ordine della 'ntera fcufa vuole ch' io moftri, come a ciò mi moffi per lo naturale amore della propia loquela, che è la terza, e l'ultima ragione che a ciò ini moffe. Dico, che 'I naturale amore prin cipalmente muove l'amatore a tre cose: l'una fi è, a magni ficare l'amato: l'altra è, a effere gelofo di quello: l'altra è, a difendere lui; ficcome ciafcuno può vedere, continovamence

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avvenire. E quefte tre cofe mi fecero prendere lui, cioè lo noftro Volgare, lo quale naturalmente, e accidentalemente amo, e ho amato. Moffimi prima per magnificare lui e che in ciò io lo magnifichi, per quefta ragione veder fi può. Ayvegnachè per molte condizioni di grandezza le cofe fi poffono magnificare, cioè far grandi: e nulla fa tanto grande, quanto la grandezza della propia bontà, la quale è madre, e confervatrice dell'altre grandezze; onde nulla grandezza puote l'uomo avere maggiore, che quella della virtuofa operazione, che è fua propia bontà, per la quale le grandezze delle vere dignitadi, e delli veri onori, delle vere potenzie, delle vere ricchezze, delli veri amici, della vera, e chiara fama e acquistate, e conservate fono. E quefta grandezza dò io a questo amico, in quanto quello, elli di bontade avea in podere e occulto, io fo avere in atto e palese nella fua propia operazione che è manifeftare conceputa fentenzia. Moffimi fecondamente per gelofia di lui. La gelofia dell' amico fa l'uomo follecito a lunga provvedenza; onde penfando, che'l defiderio d' intendere quefte Canzoni, alcuno inlitterato averebbe fatto il Comento Latino trafmutare in Volgare: e temendo, che'l Volgare non foffe ftato pofto per alcuno, che l'aveffe laido, fatto parere, (') come fece quegli che trafmutò il Latino dell' Eti

(1) Come fece quegli, che traf-ti quanti, per non aver ricercati mato il Latino dell' Etica ( ciò fu gli autentici documenti, i quali Taddeo Ipocratifa.) Quefto fu adeffo per una diftanza di fopra Taddeo Fiorentino, ovvero Taddeo quattrocentovent' anni non fono d'Alderotto da Firenze, il quale così facili a ritrovarfi, hanno errafu eccellentiffimo Medico e per to non poco; ftimo che non riufciaver letto pubblicamente in Bolognarà difcaro il far partecipe il pubblifu detto ancora il Bologna, ed in co d'alcune notizie ftoriche e letLatino Thaddeus Bononienfis : eterarie intorno a quefto Taddeo, per le fue virtuofe fatiche fopra gli le quali fin' ora non hanno veduta antichi principali autori della fua la luce. Ma prima di venire a ciò, arte fu foprannominato i novello è da fapere, che Profpero MandoIpocrate, o come qui fi legge, fio nel fuo Teatro degli Archiatri Ipocratifta: ed anche vi fu chi lo Pontificii riporta l'autorità di Gio: diffe il nuovo Galeno. Ma percioc-Cinelli nella fua Storia MS. degli chè molti hanno diverfamente par- Scrittori Fiorentini, fotto le felato di quefto valentuomo, e tut-guenti parole: Taddeo Fiorentino

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Etica (ciò fu Taddeo Ipocratifta) provvidi di ponere lui, fidandomi di me, più che d'un' altro. Moffimi ancora, per difen- dere lui da molti fuoi accufatori, li quali difpregiano effo e commendano gli altri; maffimamente quelli di Lingua d'oco, F 4

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nacque d'ofcuri parenti, e viffe fino rentini, le quali, poco dipoi, forfe ai 30. anni fonnacchiofo, e pigro, da altri furono volgarizzate: e campando di viliffimi efercizi. Sve tanto le Latine, che le Volgari, gliatof dipoi, cominciò ad apparare fino al prefente fono inedite. Le primi elementi delle lettere e an-parole del Cinelli fono un compendato a Bologna ftudio Filofofia edio di quelle del Villani il quale, Medicina e divenuto Lettor di quel-ficcome il più antico fcrittore di 1 Audio, e Medico celebre > era tutti gli altri, è stato feguitato alchiamato per tutta Italia con fala-la cieca da chi ha fcritto dopo di rio di 50. fiorini d'oro il giorno lui. Dove il Cinelli dice 200. fioChiamato dal Papa volfe 200. fiori-rini d'oro il dì, in due MSS. che ni d'oro il dì e guarito il Ponte- io ho veduti, fi legge 100. il che fice gli dono diecimila fiorini d'oro è più verifimile; benchè io dubiti, i quali tutti Taddeo enendo die con qualche ragione, conforme buona vita, Spese in Chiese e Spe- dirò appreffo, che in quella Vita dali in Bologna; ove, mori d' 80. del Villani oltre alcune cofe non anni nel 1303. A quefta autorità vere, vi fia ancora del favolofo. I aggiugne quella di Gio: Niccolò documenti autentici fono gli appref Pafcale Alidofio, il quale nel libro fo, tratti dagli Spogli d' antiche intitolato: Li Dottori Forestieri,fcritture e meniorie, fatti dal celebre che in Bologna hanno letto Teologia, Antiquario e Senator Fiorentino Filofofia, Medicina, c. alla pag. Carlo Strozzi, i quali nella Stroz77 così parla: Taddeo d' Alderotto ziana fi confervano: e d'avergli rida Fiorenza, del 1265. detto il Bo-trovati e veduti ne ho tutta l'oblogna, perchè vi abitò fino alla mor- bligazione all' eru titiffimo Sig. Cache fu nel 1299. tefto anno nonico Salvino Salvini. Nel libro avanti. Fu Medico di Papa Onorio HH. a 378. tra gli Spogli di ScritIV. in una fua malattia e fino ture, efiftenti nel Convento di S. the duro detta malattia, gli diede Croce di Firenze, apparifce un Concento fiorini il giorno e come fu tratto, rogato da Ser Ruftichino guarito gliene donò diecimila. Altre nel 1251. in virtù del quale Buoerudite notizie riporta il detto Man-naguida figliuolo d' Alderotto, vendofio, che per non fare al noftro de a Simone fuo fratello una cafa propofito, fi tralafciano. Il Cinel-vicino alla Chiefa di S. Croce, li, la cui opera MS. degli Scritto-preffo al Tempio ec. In quefto si Fiorentini ho io veduta, riporta Contratto è nominato Taddeo, frala Vita di Taddeo, fcritta già intello de' fuddetti Buonaguida e SiLatino da Filippo Villani verfo mone In detto libro a 192, tra la fine del 1300. infieme con altre gli Spogli di Scritture, efiftenti nel Vite d'alcuni nomini illuftri Fio-Monaftero di S. Maria degli An

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