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E d'abbracciare fosse'l suo volere.
Per man mi prese d'amorosa voglia,

E disse, che donato m'avea'l core:
Menommi sotto una freschetta foglia,
Là dov'io vidi fior d'ogni colore:
E tanto vi sentio gioi', e dolzore,
Che Dio d'Amor mi parve ivi vedere.

X.

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Posso degli occhi miei novella dire,

La quale è tal, che piace sì al core;

Che di dolcezza ne sospira Amore.

Questo novo piacer, che'l mio cor sente,
Fu tratto sol d'una Donna veduta,
La quale è sì gentile, ed avvenente,
E tanto adorna, che 'l cor la saluta:
Non è la sua biltate conosciuta
Da gente vile; che lo suo colore
Chiama intelletto di troppo valore.
Io veggio, che negli occhi suoi risplende
Una virtù d'Amor tanto gentile,
Ch'ogni dolce piacer vi si comprende:
E muove allora un'anima sottile,
Rispetto della quale ogni altra è vile;
E non si può di lei giudicar fore
Altro, che dir, quest' è nuovo splendore.
Va Ballatetta, e la mia Donna trova;
E tanto le dimanda di mercede,

Che gli occhi di pietà verso te inova
Per quel, che n lei ha tutta la sua fede:
E, s'ella questa grazia ti concede,

Manda una voce d'allegrezza fore

Che mostri quello, che t'ha fatto onore.

XI.

Perch'io non spero di tornar giammai,
Ballatetta, in Toscana,

Va tu leggiera, e piana
Dritta alla Donna mia,
Che per sua cortesia

Ti farà molto onore.

Tu porterai novelle de' sospiri

Piene di doglia, e di molta paura :

Ma guarda, che persona non ti miri,
Che sia nimica di gentil natura;

Che certo per la mia disavventura
Tu saresti contesa,

Tanto da lei ripresa,

Che mi sarebbe angoscia;

Dopo la morte poscia

Pianto, e novel dolore.

Tu senti, Ballatetta, che la morte
Mi stringe sì, che vita m'abbandona;
E senti come 'l cor si sbatte forte

Per quel, che ciascun spirito ragiona:
Tant'è distrutta già la mia persona,
Ch'i' non posso soffrire :

Se tu mi vuoi servire

Mena l'anima teco,

Molto di ciò ti preco,

Quando uscirà del core.

Deh Ballatetta, alla tua amistate

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Quest' anima, che triema, raccomando: Menala teco nella sua pietate

A quella bella Donna, a cui ti mando: Deh Ballatetta, dille sospirando, Quando le se' presente;

Questa vostra servente

Vien per istar con vui,
Partita da colui,

Che fu servo d' Amore.

Tu voce sbigottita, e deboletta,

Ch'esci piangendo dello cor dolente,
Con l'anima, e con questa Ballatetta
Va ragionando della strutta mente.
Voi troverete una Donna piacente
Di si dolce intelletto

Che vi sarà diletto

Starle davanti ognora.

Anima e tu l'adora

Sempre nel suo valore.

XII.

Quando di morte mi convien trar vita
E di gravezza gioia;

Come di tanta noia

Lo spirito d'Amor d'amar m'invita?
Come m'invita lo mio cor d'amare?
Lasso, ch'è pien di doglia,

E da sospir sì d'ogni parte priso,
Che quasi sol mercè non può chiamare;
E di virtù lo spoglia

L'affanno, che m'ha già quasi conquiso ;

Canto, piacer, con beninanza e riso
Mi son doglia, e sospiri:
Guardi ciascuno, e miri,

Che morte m'è nel viso già salita.
Amor, che nasce di simil piacere,
Dentro dal cor si posa,

Formando di desio nova persona:
Ma fa la sua virtù 'n vizio cadere;
Sicch'amar già non osa

Qual sente, come servir guiderdona :
Dunque d'amar perchè meco ragiona
Credo sol, perchè vede,

Ch'io dimando mercede

A morte, ch'a ciascun dolor m' addita. Io mi posso blasmar di gran pesanza,

Più che nessun giammai:

Che morte dentro al cor mi tragge un core,
Che va parlando di crudele amanza,
Che ne' miei forti guai

M'affanna; laond' io perdo ogni valore.

Quel punto maladetto sia, ch' Amore
Nacque di tal maniera,

Che la mia vita fiera

Gli fu di tal piacere a lui gradita.

XIII.

Sol per pietà ti prego giovinezza,
Che la dischiesta di merzè ti caglia,
Poi che la morte ha mosso la battaglia.
Questa dischiesta anima mia si trova
Si sbigottita per lo spirto torto,

Che tu non curi, anzi sei fatta pruova,
E mostri bene sconoscenza scorto.
Tu sei nimico, ond' or prego colui,
Ch'ogni durezza muove, vince, e taglia,
Ch'anz'alla fine, mia mostri che vaglia.
Tu vedi ben che l'aspra condizione

Ne' colpi di colei, che ha in odio vita,
Mi stringe in parte, ove umiltà si spone;
Sì che veggendo l'anima, ch'è in vita
Di dolenti sospir dicendo volta,

Ch'io veggio ben com'il valor si scaglia,
Deh prendati merzè sì che in te saglia .

CANZONI.

I.

Donna mi priega; per ch'io voglio dire
D'un accidente, che sovente è fero,
Ed è si altero, ch'è chiamato Amore:
Sì chi lo niega possa 'l ver sentire.
Ed al presente conoscente chero;
Perch'io non spero, ch'uom di basso core
A tal ragione porti conoscenza ;
Che senza natural dimostramento
Non ho talento di voler provare
Là dove posa, e chi lo fa criare;
E qual'è sua virtute, e sua potenza,
L'essenza, e poi ciascun suo movimento;
E'l piacimento, che'l fa dire amare;
E s'uomo per veder lo può mostrare.
In quella parte, dove sta memora,

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