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con tanta rapidità si sparsero per tutta la Europa latina, che, ove il fatto non fosse storicamente indubitabile, parrebbe una favoia. Neile princiça ana fi piei paese s instituirono feste e tribunali di amore, se ne scrissero gi statuti; e la poesia amorosa, o, se si voglia, lo more poetico divenne una specie fi contagio, che invase tutta la Castanità.

In riesta decasicre si è neito fiscutato ai dotti intorno aila influenza tegi Arani sui Frovenzali, e di questi sugli italiani, e la questione, che oramai sembrava risoluta, per la irrernetudine begi eradic comincia a riardere con pui fervore di prima. Luresti che a rimentare sè stessi degli afani tuna nello aprendere una inga felissima, imiVino i primi viagra ort, gerrando i loro volumi con le maangle dele om åntasie. Alcuni astirino ad indagare il giorno e l' ora precisa della macrestanicee lela riuenza, e non avendo daa sieun si signo ad accumulare ipotesi ed a vaghegztarie: alzi, incons à quei ante a sale, precivamente scientiro, daşi Amici per aver passato agli Europei, ne argomentano la idveca in alia sa, la cui nócie, e con specialia in certi tempi, mpuz ad ogni straniera meseciana. Ed oggi vedo uomini de assumi, pretendendo ndurre il questão entro i veri occžti, secumulare ` nuovi sogni. A me, cui non ispetta discuterio estesamente, casti toccarte quel tanto che viglia al eliminare la possibilta di un dubbio, che forse potrebbe insorgere ad appannare la idea della patria letteratura, che lo mi stalo ti presenfare limpida e semplice alla mente de miel letton. Fiù avanti avrà occasione di combattere la opinione della inluenza diretta degli Arabi sugil hallani; era, in quanto al Provenzali, dirò, che la supposizione cade in virtù del åtte — di cui nessuno spero vorrà dubitare — stabilito di sopra; cioè, che lo spirito epico o romanzesco o cavalleresco che voglia dirsi — e si noti come da sifatto spirito, sconosciuto all antica poesia, i sostenitori dell' arabica influenza derivino il fortissimo tra i pochi argomenti sui quali edificano le loro ipotesi — si perde nella notte de popoli istitutori de' governi feudali.* Aggiungasi a questo, come la letteratura increndo in jivisiVeli addietro. pag. 57.

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bilmente alla lingua e tanto più in quelle età nelle quali lo ingegno abbandonato alla potenza creativa non conosce le guise dell'industria, e, intento a svolgere il suo, non ha lo artificio di usurpare l'altrui, -non riceve mescolanza nissuna fuorchè da una letteratura affine: appunto nel modo onde poteva avvenire, e di fatto avvenne, in tutte le letterature romanze che vicendevolmente giovaronsi. Ammessa quanto si voglia più intima la comunicazione di due popoli parlanti idiomi diversi anzi disparati per indole, le loro letterature è forza che rimangano l'una dall' altra essenzialmente separate. Oltrechè la relazione tra gli Arabi e gli Europei qual cosa fu ella mai se non una relazione tra schiavi e padroni, differentissimi d'origine, di abitudini, di tradizioni, di religione? Da un canto la storia m' insegna che gli Africani erano spinti alle guerre dal solo fine d' invadere; e dacchè la natura delle loro credenze non ammetteva la idea di comunicare il proprio incivilimento ai popoli conquistati, paghi d'imporre tributi, ed inesorabili ad esigerli, lasciavano durare gl' istituti e le religioni de'vinti. Da un altro canto veggo i Cristiani esecrare i seguaci di Maometto: veggo nelle memorie de' tempi, che il nome più cortese, onde gli infedeli venivano predistinti, era quello di cani: veggo, che gli Europei facevano a gara a chi più ne potesse mandare allo inferno, certi di acquistarsi merito agli occhi di Dio, e fama immortale a quelli degli uomini. In tanta opposizione di sentimenti sarà egli mai possibile, che la letteratura, la quale non è se non la espressione vera delle passioni, delle credenze, degli usi, della individualità in somma di un popolo, fosse appo i Cristiani influita dall'araba? La quale supposizione dimostrata inammissibile quanto all' idea, diviene affatto assurda quanto alla forma.

Riagitare la questione intorno l'origine della rima, attribuendone agli Arabi la introduzione nelle lingue moderne, parmi oggidì una futilità importuna: imperocchè nessuno credo vorrà dubitare, che essa sia una delle varie conseguenze del trasmutamento che pativa il puro latino, il quale come andava perdendo l'antica armonia, per la innata tendenza di ogni linguaggio allo elemento

musicale, ne acquistava una nuova in concordanza con le forme novelle, a cui si veniva atteggiando. Per modo che, allorquando i moderni linguaggi cominciarono a germogliare distinti, la rima talmente aderiva alla letteratura, che l'arte se ne valse a farne uno dei suoi migliori ornamenti estetici; e talmente se la immedesimò, che in talune lingue rimase inseparabile dalla poesia, 1 e nella più varia e poetica di tutte nella italiana-fu mestieri aspettare che la industria letteraria si affaticasse a liberarnela formando il verso sciolto.

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Non pare credibile in che modo e fino a quale stravaganza gli Arabi abusassero della rima: prose, versi, titoli di libri, epigrafi, tutto appo loro era alliterazioni e consonanze: ne ponevano a principio, ne appiccavano alla fine, ne disseminavano in mezzo di ogni linea; diresti che componendo un libro intendessero formare una specie di ricamo calligrafico per gratificare la vista non meno che l'udito. Ai lunghissimi poemi correnti sopra una medesima desinenza, aggiungi tutte le arguzie affettate, i sensi sforzati, i giuochetti di parole, gl' indovinelli, i traslati stranissimi e mille altre simiglianti peregrinità, formanti un vero e perpetuo caustico mentale; e ne avrai una letteratura affatto inadattabile al gusto de' popoli latini, a sentire la quale un dotto arabista desiderava agli Europei mente e occhi orientali. Vero è che i trovatori di Provenza talvolta abusarono dello artifizio della rima, e più che di questa de'giuochetti di parole, dei sensi perplessi, delle significanze bilaterali ; ma ciò, più che l'araba influenza, rivela come la poesia, espansione ingenua dell' ani

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Nella lingua francese.

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2 Se i nostri lettori richiedessero maggiori e più speciali notizie intorno al meccanismo della poesia degli Arabi, tra le non poche opere cui potrebbero ricorrere, consultino quelle di M. Silvestre de Sacy. Al nostro proposito bastano i fatti surriferiti. Non vuolsi ad ogni modo tacere che cotesta parte di storia letteraria, in ispecie rispetto alla Italia, rimane finora confusa e pressochè buia, ed ogni Italiano dovrebbe ardentemente desiderare che dal benemerito Le Monnier venga presto pubblicata la Storia della Dominazione degli Arabi in Sicilia di Michele Amari, opera di molti anni di studio indefesso.

3 << Oculis et mentibus, ut ita dicam, asiaticis legant necesse est. » WILLIAM JONES, Asiatica Poes. Comment., pag. 5.

ma, qualora si ravvolga nelle freddure sociali e negl' intrighi della galanteria, perde quella franca, semplice, energica e vera manifestazione, che costituisce la indole sua quando essa muove dagli impulsi della ispirazione.

I Provenzali, più che tutti gli altri popoli contemporanei, ebbero condizioni sì prospere ad affrettare la loro ricomposizione politica, che poterono tra la barbarie universale emergere primi e mostrare i segni di un maggiore incivilimento. Come i popoli perdono il pudore, e la corruzione de'costumi diventa comune, la ragione si giova della prudenza a coprire del velo dello artifizio le brutture delle umane azioni. I membri delle Corti di Amore, ad onestare gl' intrighi amorosi, che denudati della poetica magia si facevano illeciti e ributtanti, giovaronsi di tutti gli espedienti dell'arte. Predisposti dalle tradizioni — oramai travisate, ma rianimate dalle idee sull'amore platonico, le quali, divulgandosi con l'autorità de' Padri della Chiesa, si erano a que' tempi adattate a formare un misticismo amoroso di nuova specie,— cotesti dottori galanti seppero velare di gentilezza le tendenze sensuali della loro passione: gentilezza che appigliandosi alle classi elevate de' popoli, e mostrandosi come forma migliore tra le diverse, che la società veniva esplicando a scuotere la ruvidezza de' secoli barbari, agì vigorosamente sullo spirito pubblico. E comechè talora sentendo della indole energica de' tempi, quando la passione traboccava, si abbandonassero al fervido e libero linguaggio del cuore;1 pure, general

1 Servano di esempio i versi che la contessa di Die — la Saffo de' Provenzali — mandò a Raimbaldo d'Orange, che le era stato infedele: sono una vera elegia, che s'inalza allo spirito lirico. Forse rare volte femmina scrisse con tanta passione: il tumulto degli affetti, che la innamorata trovatrice prova nell'anima propria, si comunica a quella del lettore. Nulla le giovano le sue bellezze, i suoi modi gentili, lo ingegno, la fama, l'altezza di sua condizione: il creato non ha conforto veruno per lei, che stimasi infelicissima solo per non trovare il modo d'incatenare lo amante, che ella conosce dissoluto e perfido, e che non pertanto ama con tutto il furore di un'ebbra. In un altro componimento, rapita nell' estasi della voluttà che auguravasi, confessa i suoi desiderii con tale ingenuità da farne risentire la decenza. Fra le altre espressioni ha le seguenti, che noi non traduciamo:

Ben volria mon cavalier

Tener un ser en mon bratz nut,

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mente parlando, la riflessione li avea persuasi ad un gergo convenzionale, che, passato in abitudine, constituì in progresso di tempo, e nominatamente nell' ultima età della letteratura provenzale, la nota distintiva della poesia de' trovatori. Se il primo articolo del Codice Amoroso era, che il matrimonio non fosse d'impedimento nessuno all' amore; nel secondo e nel decimoterzo si prescriveva rigorosamente il silenzio; e nel sesto non si ammetteva l'uomo-bada, l'uomo, non già la donna—allo amore platonico, che dopo la piena pubertà. Nelle solenni adunanze di questi tribunali venivano proposte a modo d'ipotesi questioni, che in sostanza originavano da casi reali: a norma della sentenza, solennemente pronunciata, gli amanti regolavano i loro movimenti adombrati nel supposto discusso e deciso. Vi erano raccolte di detti vivaci ed arguti, che imparavansi a memoria: i trovatori a propiziarsi le dame ne inventavano o trovavano degli argutissimi. Tutto ciò dava alla loro poesia erotica certe proprietà,

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Qu'en s'en tengra per errebut
Sol c'a lui fesses conseiller. -
Bels amics, avinens et bos,
Quora us tenrai en mon poder,
E que jaques ab vos un ser
E que us des un bais amoros.
Sapchatz, gran talen n'auria

Que us tengues en loc de marit
Ab so que m'aguessez plevit
De far tot so qu'ieu volria.

RAYNOUARD, Choix des Poésies des Troubadours, tom. III, pag. 25.

1 Segnatamente al tempo di Arnaldo Daniello, eternato dal ritratto che Dante ne dipinse nel Purgatorio. Il carattere della poesia di questo celebre trovatore è ricercatezza nelle parole, peregrinità nelle frasi ed affettazione ne' concetti: lo esempio del quale quanto nuocesse al Petrarca, che innamoratosi di una Avignonese, scriveva in Avignone, lo vedremo a suo luogo. Lo antico Biografo provenzale parlando di Arnaldo dice, che « el trobava en plus caras rimas. » Il caras rimas importa modi difficili, ricercati. Vedi RAYNOUARD, op. cit., tom. V, pag. 31.

2 « I. Causa coniugii ab amore non est excusatio recta. — II. Qui non celat amare non potest. XIII. Amor raro consuevit durare vulgatus. — » VI. Masculus non solet nisi in plena pubertate amare. » RAYNOUARD, op. cit., tom. II.

3 Di Raimondo di Miraval il Biografo provenzale dice, che «< car el saup » plus d'amor, e de domnei, e de totz los faitz avinens e de totz los ditz plazens que corron entr'amadors e amatritz, il fo amat et tengut car. » Idem, ibidem, pag. 582.

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