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l'altro, contrario a quello che impediva in alcuno modo di dare indietro il volto. Per che a me parve si mirabile, e anche duro a sofferire, che i' nol potei sostenere; e quasi esclamando (per iscusare me dell' avversità, nella quale parea a me avere manco di fortezza) dirizzai la voce mia in quella parte, onde procedeva la vittoria del nuovo pensiero, che era virtuosissimo, siccome virtù celestiale; e cominciai a dire: Voi, che, intendendo, il terzo ciel movete.

Questa è una conferma di quanto leggemmo nella Vita Nuova: Tutto corrisponde a puntino con mirabile precisione. Perchè il nuovo amore divenisse perfetto, vi volle del tempo; occorse una lunga battaglia, come Dante stesso ci descrisse nella canzone « Voi, che intendendo...». Solo poco dopo, perfezionandosi l'amore e nobilitandosi, il suo beneplacito sarebbe stato contento di disposarsi a quell'immagine; poco dopo, come già aveva detto nella Vita Nuova, quando il cuore l'esortava, per la vedovanza in cui era caduto, di riposarsi da tanta amaritudine. Sicchè la Vita Nuova e il Convito ci danno il medesimo racconto, senza alterazioni o differenze sostanziali: Anzi tanto l'una che l'altra opera, oltre alle somiglianze di espressione che presentano, potrebbero fornirci nel caso nostro degli argomenti validissimi e, starei per dire, definitivi, se non si pensasse che è Dante che scrive, e che molte frasi possono essere intese in doppio senso.

Quanto fosse grande il desiderio di veder la sua donna, ce lo dice Dante stesso nel Convito, da farci venire quasi la tentazione di prestar fede del tutto alle sue parole: - Così come nel precedente trattato si ragiona, lo mio secondo amore prese cominciamento dalla misericordiosa sembianza d'una donna; lo quale amore poi, trovando la mia vita disposta al suo ardore, a guisa di fuoco di picciola in gran fiamma s'accese; sicchè non solamente vegghiando, ma dormendo, lume di costei nella mia testa era guidato. E quanto

SANTI. Il Canzon, di Dante Alighieri, II.

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fosse grande il desiderio che amore di vedere costei mi dava, nè dire, nè intendere si potrebbe. E non solamente di lei era così desideroso; ma di tutte quelle persone che alcuna prossimitade avessero a lei, o per familiarità o per parentela alcuna — (III, 1). Queste son proprio le smanie d'un innamorato. Chi non ne ha fatto esperienza, lo provi. Immagino che a Dante dovessero sfuggire dalla penna simili espressioni. Io nel leggere quelle parole, penso alla famiglia Donati, con la quale il nostro Dante doveva avere una certa famigliarità, ai fratelli di Gemma, ai congiunti, a Piccarda, all'amico Forese, suo compagno inseparabile nei vizi e nelle gozzoviglie giovanili.

Lo svolgimento di quest' amore, quale risulta dalla Vita Nuova e dal Convito, è dunque logico, naturale, presumibilmente vero. Abbiamo già veduto nel capitolo precedente quale sia l'ordinamento che spetta alle rime della donna gentile, e ne abbiamo tentato la cronologia: Ebbene, si osservi, la narrazione coincide a puntino coi dati da noi stabiliti; le cose procedono di pari passo, come se si fossero accomodate appositamente con le mani. Tanta uniformità, tanta coincidenza non ce la potremmo spiegare altrimenti. Innanzi, fondandomi sui mezzi che la cronologia ci porgeva, asserivo che il matrimonio di Dante era logico riportarlo verso la fine del 1294, come in genere fu ritenuto, in quel tempo che veniva scritto il sonetto « Togliete via le vostre porte omai... », poco dopo la composizione di « Voi, che intendendo... ». Ebbene, ora lo svolgimento dei fatti ci autorizza a ripeterlo: La rispondenza è perfetta, per quanto scarse ed incerte siano le notizie che abbiamo a nostra disposizione. Sarebbe proprio questo il caso di dire, che a volte la ragione e il buon senso bastano da soli, senz'altro aiuto, nella ricerca del vero.

L'amore per la donna pietosa, abbiamo veduto, si svolse per un periodo abbastanza lungo, toccando il culmine, si può dire, proprio in quel tempo, nel quale avvennero le nozze con Gemma Donati. Ora, se la donna gentile non fosse Gemma, potremmo ammettere che Dante amoreggiasse contemporaneamente con due donne? Sarebbe un po' strano, in verità. Tanta costanza in quell'amore ci farebbe per lo meno meraviglia. Dovremo proprio ritenere che l'Alighieri non sentisse alcun affetto per la giovane destinata a compagna della sua vita? Ma un poco, lo dobbiamo ammettere, dovette sentirlo; altrimenti non l'avrebbe sposata, sia pure che vi s' inducesse, come fu detto, per istigazione dei parenti: Non poteva essere di pietra. Egli che cantava altre donne con tutta l'effusione dell'animo, cercando sollievo e conforto al suo dolore, doveva pure in qualche momento di ebbrezza o di esaltazione amorosa, durante il periodo del fidanzamento, indirizzarle qualche verso. Non andava volentieri alle nozze, fu osservato; era una vittima delle esigenze del tempo: E io lo concedo. Ma in tal caso avrebbe inteso il bisogno di sfogarsi; anche il dolore ha le sue gioie e le sue ebbrezze. S'è anche detto che l'amore, come si manifestò in Dante e nei contemporanei, esclude propriamente il matrimonio: Tutti quei poeti tacciono affatto dei loro rapporti di famiglia; l'amore così sentito ha una parte prosaica e sta fuori dell'orizzonte letterario. Ammettiamolo; ma Dante fidanzato cos' ha che vedere con Dante sposo? Di quel periodo, se non altro, andrebbe tenuto conto; sono due cose ben distinte e che meritano considerazione. Orbene, nel Canzoniere che noi possediamo, neppure una poesia, neppure un motivo, se si escludono le rime esaminate, rispecchiano quella condizione

d'animo speciale; Gemma non può andare orgogliosa d'aver ispirato al Poeta un pensiero generoso, una qualsiasi idea buona.

L'amore per la donna gentile è carnale; è un appetito, per dirla in una parola. La Vita Nuova, specie il capitolo XXXIX, lo dice chiaramente. Ma è un amore carnale, che non è carnale, incapace di ottenebrare la mente di chi n'è posseduto; tanto nobile da appagare lo spirito, che rifugge dalle basse dilettazioni del senso. Perchè Beatrice, simbolo dell'amore spirituale, dovrà lamentarsene? Anzi ne dovrà essere contenta: Ci guadagnerà un tanto, se ben si riflette. Sentiamo cosa dice lo spiritello d'amore:-O anima, che ti affliggi e ti disperi, tu non sei morta, ma sei rimasta smarrita per quell'improvvisa apparizione; poichè questa nuova donna, della quale ti spaventi, ha trasmutato in tanto la tua vita, che n' hai quasi paura, per la viltà che ti possiede: Guarda quant' ella è virtuosa -.

Tu non se' morta, ma se' ismarrita,
Anima nostra, che si ti lamenti,
Dice uno spiritel d'amor gentile;
Chè questa bella donna, che tu senti,
Ha trasmutata in tanto, la tua vita,
Che n' hai paura, sì se' fatta vile.
Mira quant' ella è pietosa ed umile,
Saggia e cortese nella sua grandezza;
E pensa di chiamarla donna omai:
Chè, se tu non t'inganni, vederai
Di si alti miracoli adornezza,
Che tu dirai: Amor, signor verace,
Ecco l'ancella tua; fa' che ti piace.

« Voi, che intendendo... », 40.

L'anima insomma, vedendo l'uomo soddisfatto della carne, esclama: Per me è finita; non mi valse l'essere stata accorta. Lo spiritello d'amore invece soggiunge: Tu non sei morta; questo non è un sentimento carnale, che può offuscare l'amore spirituale, serve anzi a purificarlo. Non vedi com'è trasmutata la tua vita? Non pregusti già le gioie e gli alti miracoli, ch'esso viene in te operando? In quale senso Dante era trasmutato? Ognuno l' intende: Il pensiero della prossima famiglia gli cominciava a mettere la testa a partito; quell' amore nobile e santo aveva la potenza di trarlo lentamente dal sentiero della perdizione. E con quel tempo coincide appunto il periodo del traviamento, il periodo più terribile e pericoloso per Dante: Forese nel 1295 era già morto.

Se dunque l'amore per la donna gentile è carnale, come potremo spiegarci la risposta del cuore? Poteva acquietarsi Beatrice? Si sarebbe potuta dar pace solo nel caso, che quello fosse stato un amore di sposo: La conclusione è legittima. Ma ammettiamo pure, contro il vero, che quell'amore fosse stato semplicemente ideale; avrebbe potuto allora Beatrice lamentarsene? Perchè dirlo malvagio? Perchè tacciare Dante d' infedeltà, se proprio in quel tempo sposava Gemma? Per Gemma piuttosto l'avrebbe dovuto chiamare infedele, non per un amore spirituale; il connubio è pericoloso. E se Beatrice non si lamentò di Gemma, con la quale il Poeta generò figli e convisse, di quale altro amore si sarebbe potuta sdegnare? Chi non lo sa che il senso e la carne fanno piegare lo spirito? Sicchè un amore santo e carnale contemporaneamente non si può concepire, se non è coniugale.

In questo capitolo e nel precedente abbiamo veduto come si svolge quest' amore. Fino al 1294, e possiamo dire fino

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