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all'epoca del matrimonio, è la donna che va in cerca del Poeta; essa si mostra pietosa, umile, compassionevole, innamorata, diciamolo pure, pazzamente di lui. Dopo il sonetto << Due donne in cima...», che, come dissi, va riportato quasi all'epoca delle nozze, le rime che seguono mostrano tutto l'opposto. Prima era la donna che desiderava Dante e l'incoraggiava al gran passo; mentr' egli si mostrava dubbioso, incerto, timido; poi è lui invece che va cercando l'amore della sposa intiepidita: Le poesie del raffreddamento lo dimostrano. Ciò come si potrebbe spiegare? Com'è questa perfetta coincidenza con la cronologia e coi fatti? Son cose che danno certamente da pensare. Ma andiamo innanzi, «< chè la via lunga ne sospigne ».

-Poi per alquanto tempo, conciofossecosachè io fossi in parte, nella quale mi ricordava del passato tempo, molto stava pensoso, e con dolorosi pensamenti tanto, che mi faceano parere di fuori d'una vista di terribile sbigottimento. Ond' io, accorgendomi del mio travagliare, levai gli occhi per vedere s'altri me vedesse; e vidi una gentil donna, giovane e bella molto, la quale da una fenestra mi riguardava molto pietosamente quant'alla vista (Vita N., XXXVI). Fu dunque da una fenestra che apparve la donna pietosa. Ma Dante dove si trovava? A casa o fuori? Il Casini) osserva che la circostanza della fenestra non ci dà alcuna nozione utile sulla scena reale, la quale, data la disposizione e conformazione delle case e delle vie fiorentine nel 1200, poteva accadere tanto s' egli si fosse trovato all'aperto, quanto se fosse stato nell'interno della sua casa. Ma sarebbe certo troppo strano far rimanere il nostro Poeta in mezzo alla via, o in mezzo a una piazza, tutto triste e pensoso, com' egli ci descrisse. Il luogo dove si ricordava del

(1) La Vita Nuova di Dante Alighieri, Firenze, Sansoni, 1902, pag. 181, nota 2.

tempo passato, dovette essere la solitaria sua stanza, là dove poteva lamentarsi senza essere udito (ivi, XII), e dove più fortemente aveva provato ed espresso il suo amore. Facendolo stare sulla via, la gentil donna non l'avrebbe potuto guardare pietosamente, e accorgersi del suo volto atteggiato a terribile sbigottimento; doveva stargli di fronte per vederlo e accorgersi di quanto passava in quell'anima atterrita, che, a testa china, riandava i dolci ricordi del suo primo amore.

Ebbene, anche questo è un accenno prezioso, e ne va tenuto conto, perchè sappiamo che le case dei Donati erano vicine a quelle degli Alighieri. Non occorreva che fossero di fronte, da una parte all' altra della via; potevano benissimo due fenestre di un cortile o di un giardino, () dar luogo alla scena descritta. E in realtà dovette essere appunto così; perchè le case degli Alighieri e dei Donati erano consecutive, una appresso l'altra, sulla piazza di San Martino del Vescovo, (2) e si estendevano nella parte interna, in modo d'avere tra loro fenestre di fronte e di fianco.

(1) Pare che le case degli Alighieri avessero un orto, dove era un fico, «< ficum quam habent ibi iuxta murum Sancti Martini », che nel 1189 fu abbattuto, dietro i ricorsi fatti da Don Tolomeo, parroco di S. Martino (Vedi A. DE GUBERNATIS: Su le orme di Dante, Roma, 1900, pag. 220).

(2) Leonardo Bruni disse che le case di Dante si trovavano sulla piazzetta di S. Martino del Vescovo, con l'ingresso sulla via di S. Martino, e «< si estendevano verso le case de' Donati e dei Giuochi ». Noi, con l'aiuto dei docunienti, possiamo non solo confermare la notizia, ma anche asserire che quelle case erano proprio seguite e continuate da quelle dei Donati. La casa dove il nostro poeta abitava, fu comprata più tardi dagli stessi Donati, dopo la confisca dei beni di Dante, per assicurarla in qualche modo alla moglie Gemma e ai figliuoli di lei. Si legga a proposito un articoletto di IODOCO DEL BADIA (Le case degli Alighieri, in Giornale Dantesco, a. XII, quad. I, pagg. 10-12), dove quest'argomento è illustrato abbastanza bene.

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= case dei Donati.

= arco che univa le case Donati, per il quale ora si accede al cortile,

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Come si vede, le case dei Donati avevano un' estensione molto considerevole, in quanto che dalla piazzetta di S. Martino del Vescovo si spingevano fino al Corso Borgo degli Albizzi, girando quasi tutto quel quartiere, che si trova intorno all'attuale piazza de' Donati, e che ora è trasformato in rimesse e in abitaziani private. Quello che restava era occupato dalle case degli Alighieri, che dalla piazza di S. Martino arrivavano fin presso alla chiesa di S. Margherita,

dove confinavano con la casa Donati. (1) Sicchè tutte e due le case avevano delle fenestre che davano sul cortile, cioè sull'attuale piazza de' Donati. Di li sarebbe potuto avvenire l'innamoramento di Dante con Gemma. Quel luogo solitario, dove i rumori cittadini non pervenivano, e non giungeva il frastuono del via vai della gente, era adatto più di qualunque altro, a sfogare il cuore gonfio e commosso. (2)

Giunti a questo punto del nostro lavoro, prendiamo ad esaminare alcune rime che si riferiscono alla donna gentile, per vedere quale significato avrebbero, se non si ritenessero scritte per Gemma.

Una di queste è la canzone « E' m' incresce... ». Fermiamoci su quei versi della stanza sesta, che dicono:

Qui giugnerà, in vece

D' una ch' io vidi, la bella figura,

Che già mi fa paura;

E sarà donna sopra tutte noi,

Tosto che fia piacer degli occhi suoi.

80-84.

Chi è quest' una? Beatrice senza dubbio. Essa infatti era stata giá veduta dall'intelletto, prima che se ne partisse da questa terra. E la figura bella che faceva paura all'intelletto, dove andava ad occupare il posto un tempo tenuto da Bea

(1) Ultimamente si sollevò qualche polemica contro l'autenticità della casa di Dante, ma fu ingiusta e quasi del tutto infondata. Per smentire la tradizione e i documenti che possediamo in favore di essa, non basta dubitare; ci vogliono i fatti: I documenti non si demoliscono senza altri documenti.

(2) E il luogo infatti doveva essere solitario, in modo da potervi stare con tutta la libertà possibile.

trice, non era una donna qualunque, ma la seconda che aveva impressionato il Poeta: Beatrice fu la prima, essa la seconda. E qui, nella stanza sesta, se ben si osserva, ritorna tra il primo e il secondo amore, cioè tra l'amore per Beatrice e quello per la donna gentile, quel medesimo contrasto che è tanto bene descritto nella Vita Nuova e in alcune rime posteriori, specie nella canzone « Voi, che intendendo....... ». Noi lo rilevammo più d'una volta: Il nuovo amore sorse << per lo mirare intento ch'ella (la mente) fece » (78), per aver «mirato nel piacere » (75). L'intelletto se ne lamenterà subito, « accorgendosi che era nato il suo male » (76); e, prendendo, come sempre, le parti di Beatrice, cioè dell'antico amore contro il nuovo, che cominciava a prevalere, esclamerà piangendo:

Qui giugnerà, in vece

D'una ch' io vidi, la bella figura,

Che già mi fa paura;

E sarà donna sopra tutte noi.

80-83.

Sicchè le due donne di cui si parla, sono Beatrice e la donna gentile; quella del primo, e quella del secondo amore. Ora, se la canzone «E' m' incresce... » fu scritta molto dopo « Voi, che intendendo... » e si riferisce sempre a una medesima persona, non potremo ammettere che la donna gentile sia diversa da Gemma; perchè allora sarebbe dovuta già passare per la mente di Dante un' altra donna, vale a dire Gemma, che quindi sarebbe stata la seconda, prima che quella gran beltà l'avesse fatto dolere. È vero, si disse che Gemma passò quasi inosservata, come una fiamma che non riscalda e non avviva: E sia pure, anche noi ci pas

seremo sopra.

<< Poscia ch'Amor...», la canzone che tenne dietro alla precedente, fu scritta pure per la donna gentile. In essa

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