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fondato su tale classificazione esclusivamente, mancando in essi quell' uniformità e ordinatezza che si richiederebbe. In alcuni, come nel naz. palat. 180 e nel riccard. 1050, quest'uniformità si manifesta quasi regolare dal principio alla fine; in altri invece no, come nel laurenz. plut. XC sup. 136 0 nel riccard. 1035. Se il magliab. VII, 991 è corretto per le prime tre canzoni del Convito, per le altre è abbastanza scorretto. Il magliab. VI, 143 alcune volte, come verso la fine di « Doglia mi reca...», è uno dei più trascurabili. Questa mancanza di uniformità nei vari componimenti di un medesimo manoscritto, si accentua quasi sempre negli esemplari del sec. xv o d'epoca posteriore. Il rediano 184, per es., e in parte il vatic. 3213, se possono stare per qualche rima alla pari dei codici migliori, per altre invece vanno collocati in uno degli ultimi posti. Ciò si manifesta perfino nei manoscritti più scorretti, come nel vatic. 7182 e nei due urbinati 686, 687. Il casanat. 433 e il barber. 3662, ambedue d'un certo valore, sono invece uniformi quasi da per tutto.

Da questa specie di classificazione, basata sulla correttezza delle prime canzoni del Convito, risulta che nessuno dei manoscritti esaminati, sia da solo, sia accompagnato da qualche altro, potrebbe esser preso a guida esclusivamente. Noi pertanto, prendendo di vista i migliori, quelli cioè che ci sembrano più corretti, non trascureremo gli altri; ma, tenendo conto di tutti, cercheremo di assegnare a ciascuno, senza parzialità, il valore che merita, sulla scorta di quei criteri correttivi che esponemmo.

Le difficoltà però aumentano per quelle rime che non rientrano nel numero delle quindici «< canzoni distese ». Quando esse vengono riportate alla rinfusa, o frammischiate ad altre di diverso autore, o in numero di due o tre solamente, come dovremo contenerci nel darne il testo? Sappiamo forse noi a quale esemplare va dato maggiore im

portanza e a quale meno? L'autorità e la correttezza del codice in genere, lo vedemmo, non è sempre criterio buono e soddisfacente. Se le rime del Petrarca, o quelle del Cavalcanti, o del Guinicelli presentano una lezione corretta, quelle poche di Dante che sono ad esse interposte nel medesimo manoscritto, possono essere invece scorrettissime e di nessuna attendibilità per il testo. Serva di esempio il rediano 184, che per i sonetti di Dante non ci dà quasi alcun aiuto. Vuol dire però che anche in questo caso, non essendo pochi i manoscritti che presentano queste rime accompagnate o interposte alle quindici canzoni del Convito, avremo sempre un punto d'appoggio sull'autorità e sull'importanza del codice classificato. Se il codice è attendibile per le quindici canzoni, lo potrà essere facilmente anche per le altre. Quando, per esempio, troviamo la ballata << Io mi son pargoletta... » nel naz. palat. 180 e nel 315, e poi nel chigiano L, VIII, 305, noi ci atterremo ad essi di preferenza, finchè ci sarà possibile. Ma non permetteremo mai che tale affidamento basato sulla nostra classificazione, ci conduca troppo innanzi nelle conclusioni.

Quando però è uno solo il manoscritto che riporta il componimento studiato, allora non c'è via da seguire, le difficoltà si appianano e crescono nel medesimo tempo; perchè, mentre da una parte un vero lavoro di ricostruzione manca, dovendoci attenere ad esso soltanto, d'altra parte spesso non riusciamo a dare un testo corretto che ci soddisfi. Qui, si, ci deve venire in aiuto il buon senso: E noi ce ne serviremo, sapendo la grande importanza che ha nei lavori di ricostruzione.

ABBREVIATURE ADOPERATE

NEL PRESENTE VOLUME

Per quei manoscritti che dovrò nominare più spesso, adoprerò delle sicle speciali. Eccone uno specchietto:

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Chigiano L, VIII, 305 =cg.

Casanatense 433 (segn. ant. d, V, 5) = cs.

Tutti gli altri manoscritti che dovrò nominare nel corso del lavoro, verranno indicati coll'iniziale del nome della biblioteca ‘alla quale appartengono, più il numero d'ordine che ciascuno possiede. I riccardiani, per esempio, verranno indicati con un semplice r (mano

scritto riccardiano) seguito dal numero d'ordine (per es. 1040) di quel manoscritto che dobbiamo citare. Nell' indicare i laurenziani non mi servirò delle cifre romane, ma di quelle arabiche, onde ingombrare meno spazio; e nemmeno aggiungerò dopo pluteum inferius o superius, quando occorrerebbe, perchè nel caso nostro non vi sarà mai pericolo che un manoscritto possa andare confuso con un altro: Se il plutcum a volte è lo stesso, il numero d'ordine è sempre diverso. Poniamo, per esempio, ch' io debba citare il laurenziano plut. XC inf. 37: Io scriverò: 1. 90, 37.

Quando dovrò nominare i panciatichiani, mi servirò di un pc, che indica il fondo o la provenienza, più il numero d'ordine. Gli urbinati verranno indicati, oltre il numero d'ordine, con un semplice ub; lo strozziano 170 con st. Per l'ottoboniano 2864 e per l'ashburnham 478, che sono i soli mss. del fondo ottoboniano e ashburnhamiano che c'interessano, adopreremo le sicle abbreviative ot, as. I mss. medicei palatini saranno indicati, oltre il numero d'ordine, con med. pal.

Chi volesse vedere quali furono i mss. da noi consultati nel condurre il testo delle rime di questo volume, vada in fondo.

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