Sayfadaki görseller
PDF
ePub

10.

Da potergli dir altro che: Signore,
Qualunque vuoi di me, quel vo' che sia.(7)
Io so che a voi ogni tormento spiace; (8)
Però la morte, che non ho servita,(9)
Molto più m'entra nello core amara.(10)
Gentil mia donna,(11) mentre ho della vita,
Acciò ch'io mora consolato in pace,
Vi piaccia agli occhi miei non esser cara. (12)

che dovrà morire necessariamente, qua-
lora la donna non si muoverà a com-
passione di lei. Il concetto qui espresso
risponde per intero a quello che tro-
viamo nella canz. « Amor che muovi..»,
dove pure si lamenta a nome dell'anima
questa specie di schiavitù, che l'aveva
legato fatalmente alla signoria d'Amo-
re: Poichè l'anima mia fu fatta an-
cella Della tua podestà primieramente
(18). L'idea era stata espressa con altri
termini nella canz. I (36-39) e nella IV
(80-84). Per la lezione da noi seguita
abbiamo l'antichissimo b. 3953 e i due
magl. VII, 160, 1060. E questa del re-
sto è l'unica lez. possibile, perchè, leg-
gendo nell'altro modo (voi mi lega-
ste ecc.), converrebbe riferire a spirito
e non ad Amore le parole che sono pro-
nunciate nei versi seguenti (Signore,
qualunque ecc.). In sostegno della no-
stra lez. sta anche il criterio della le-
ctio difficilior.

(7) Questi versi mi richiamano il son. Togliete via le vostre porte...", dove il Poeta, dopo le parole di Amore che l'esorta a cedere ai desiderii della donna, la quale promette da parte sua d'adoperarsi in ogni modo per confortarlo e soccorrerlo, si acquieta e curva la propria testa ai voleri del fato. Quale sia il significato di qualunque, ce lo dice il m. VII, 371, che legge: Quel che tu vuoi di me...

(8) Ecco qui ritratta al vivo la donna pietosa, la quale appunto per pietà s'innamoro di Dante e lo fece innamorare di sè. Le stampe leggono ogni torto di

spiace ma la lez. che noi seguimmo, oltre all'essere più forte dell'autorità dei mss., risponde anche meglio al carattere della donna cantata nel presente sonetto.

(9) Alla quale non mi sono rassegnato, nè sottomesso, perchè debbo morire contro voglia. Alcuni mss. (cg, m. VII, 371, v. 3214) legg.: Ch'io non ho servita. Altri: Ch'io non ho sentita (cs, v. 3213).

(10) Cfr. nella canz. IV (13) un'espressione quasi analoga : La morte mia, che tanto mi dispiace.

(11) Un'altra lez. è: Gentil madonna. Noi ci attenemmo alla vulgata nell'incertezza che i mss. migliori presentano. Del resto fu facilissimo passare da una lez. all'altra.

(12) Questa terzina mi fa pensare all'esilio, perchè l'ultimo verso specialmente, dove si esprime l'ardente desiderio, che strugge il Poeta di rivedere la sua donna, dichiarando ch'egli morrebbe consolato in pace, qualora potesse per un'ultima volta rivederla, mi richiama il son. « Se 'l bello aspetto... e il bel segno dei suoi occhi, che nella canz. Tre donne.... dirà d'avere sospirato tanto.

Per l'ultimo verso del son. la lez. da noi accettata è quella che riscontrammo senza eccezione in tutti i mss. esaminati. Al v. precedente varii di essi ci danno una lez. priva di senso: Per tal (o per quel ch' io m' era consolato in pace (cs, cg, p. 204, st, m. VII, 722 e 371, l. 90, 37, v. 3213 e 3214).

RIME

PER

LA PARGOLETTA

BALLATA I.

RA tutta soletta

In un prato d'Amore (1)
Quella che ferì il core

Di me, con sua saetta.

Sarà autentica la presente ballata? La pubblicò il Carducci (Cantilene e ballate, strambotti e madrigali nei secoli XIII e XIV, Pisa, Nistri, 1878), ritraendola da un manoscritto del quattrocento della Naz. palat. di Firenze (naz. pal. 89), dove si trova in fondo al Canzoniere del Petrarca. Ma mi piace far noto che anch'io la rinvenni in un manoscritto del secolo xv, nel laurenz. segniano 15, dove si riporta anonima. L'autenticità di questa ballata non è stata molto discussa, appunto perchè fu trascurata e rimase poco conosciuta; ma qualche anno fa uno studioso, A. Zenatti, la rimise in luce con un suo articolo sulla Rivista d'Italia (Rime di Dante per la Pargoletta, 15 gennaio 1899, pag. 123), accogliendola tra le rime di Dante. La disse «una di quelle canzonette primaverili, che sono parenti strette delle pastorali ».

Io la ritengo genuina: mi bastò uno sguardo al contenuto per persuadermene. Le immagini e le espressioni, oltre all' essere dantesche, concordano a pennello con le altre rime che si riferiscono alla Pargoletta. Chi è infatti la donna qui cantata? Una giovane, (la pargoletta di Dante; il poeta stesso la chiama con questo nome) dai capelli biondi, dagli occhi fatati che incantano chi la mira; una giovane bellissima, che va cogliendo fiori sopra un prato verde e intessendo ghirlande, di cui si orna le tempie. Chi ha presenti le rime del gruppo per la Pargoletta, non tarderà a riconoscerla. Bisogna correre col pensiero alla bella pietra crudele, che va danzando sui campi e impietra chi

« ÖncekiDevam »