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primo sonetto per lei scritto. Ce ne dà i mezzi il Convito.Cominciando adunque dico che la stella di Venere due fiate era rivolta in quello suo cerchio che la fa parere serotina e mattutina, secondo i due diversi tempi, appresso lo trapassamento di quella Beatrice beata, che vive in cielo con gli angioli, e in terra colla mia anima, quando quella gentil donna, di cui feci menzione nella fine della Vita Nuova, apparve primamente accompagnata d'Amore agli occhi miei, e prese alcuno luogo della mia mente-(Conv., II, 2).

Come si vede, ci si presentano subito due questioni; quella della durata dell'epiciclo di Venere, e l'altra della morte di Beatrice. Questa seconda vari anni fa nemmeno si agitava, ritenendosi comunemente che Beatrice fosse morta il 9 giugno 1290. Si ricavava da un passo della Vita Nuova: Secondo la usanza d'Italia, l'anima sua nobilissima (di Beatrice) si partì nella prima ora del nono giorno del mese (XXX): Il mese era giugno, l'anno il 1290 (ivi). La controversia cominciò a sorgere solo tardi, quando accanto alla vulgata si trovò una lezione alquanto diversa, che sostituiva alla parola Italia Arabia: Secondo la usanza d'Arabia, l'anima sua nobilissima si partì.... Allora Beatrice non sarebbe più morta il 9 giugno, ma il 18 di quello stesso mese. Quale delle due lezioni è la vera? Senza ch'io mi rifaccia alla questione, dirò soltanto che gli ultimi studi sono in favore della seconda, la quale ormai è venuta a scalzare completamente la prima. Così affermava M. Barbi, (1) che attende da vario tempo a ricostruire la genealogia dei manoscritti della Vita Nuova, e così debbo dire anch'io, che li dovetti consultare direttamente. E se i manoscritti più antichi e più autorevoli sono tutti concordi nel leggere Arabia, è inutile discutere sopra un fatto, che è di loro esclusiva pertinenza. La testimonianza dei manoscritti, non

(1) Bullett. della Soc. Dant. ital., nuova ser., III, pag. 27.

lo dobbiamo dimenticare, è per noi vangelo, quando mancano documenti più validi, o quando il buon senso non ci autorizza a smentirli. (1) Io, qualche anno fa, prima che mi accingessi ad esaminarli con diligenza, avevo tentato sostenere l'antica lezione, e forse anche in modo troppo spinto, basandomi su quei pochi argomenti che mi somministrava la prosa della Vita Nuova, e un po' di criterio naturale. Riporterò pertanto quelle mie parole in nota, affinchè se qualcuno pensasse com'io allora pensavo, si persuada che non venni a quest'ultima conclusione, senza prima aver ponderato e studiato a fondo la materia. (2) Del resto quegli

(1) E infatti, nel caso nostro, qualora l'autorità dei manoscritti si controbilanciasse, non mancherebbe il modo di arzigogolare in favore di una lezione o di un'altra.

(2) Della questione della morte di Beatrice potrei fare anche a meno, se da qualche anno non si fosse messo in dubbio ciò in cui tutti concordavano, e che Dante stesso ci chiarì nella Vita Nuova. Beatrice mori il 9 giugno del 1290. Ivi infatti al cap. XXX troviamo: Io dico che, secondo la usanza d'Italia, l'anima sua nobilissima si parti nella prima ora del nono giorno del mese; e secondo l'usanza di Siria, ella si parti nel nono mese dell'anno; perchè il primo mese è ivi Tisrin, il quale a noi è Ottobre. E secondo l'usanza nostra, ella si partì in quello anno della nostra indizione, cioè degli anni Domini, in cui il perfetto numero nove volte era compiuto in quel centinaio, nel quale in questo mondo ella fu posta; ed ella fu de' cristiani del terzodecimo centinaio E fin qui nessuna difficoltà; ma vi sono alcuni manoscritti che leggono diversamente, sostituendo alla parola Italia Arabia. Con questa variante si verrebbe a spostare di qualche giorno la data della morte di Beatrice, la quale non sarebbe più morta il 9 giugno, ma il 18 di quello stesso mese. Cosi ritennero alcuni, tratti in inganno dagli amanuensi, e cosi qualche anno fa confermava anche M. BARBI nel Bullett. della Società Dantesca (nuova ser., vol. III, pag. 27), dichiarando, in una recensione a proposito di un lavoro di A. LUBIN (Dante e gli astronomi italiani – Dante e la donna gentile, Trieste, Balestra, 1895) sostenitore dell'antica data, che Arabia gli risultava autentica in modo sicuro, dallo studio comparativo dei manoscritti della Vita Nuova.

Lasciamo da parte per ora la maggioranza dei manoscritti, l'autorità dei quali non voglio, nè potrei disconoscere; asteniamoci anche

stessi argomenti ch'io allora riportai, potrebbero servire benissimo in sostegno della nostra lezione. Fu l'amore di novità che indusse Dante a tenere quel linguaggio. E che

al presente dall' applicare il criterio della lectio difficilior; ma rileggiamo il passo riportato, esaminandolo attentamente. Cos'è che Dante ci vuol far sapere? L'epoca della morte di Beatrice. Quest' epoca, è chiaro, dev'essere stabilita in modo intelligibile. Ammetto che vi si duri fatica a comprenderla, ma non dev'essere un indovinello o un giuoco di parole, quale veramente risulterebbe, anche per chi conosce l'astronomia, se si dovesse accettare la variante Arabia. Ma chi non s'avvede che allora mancherebbe anche un termine di confronto? Infatti il giorno verrebbe indicato secondo l'uso d'Arabia, il mese secondo quello di Siria, l'anno secondo l'indizione d'Italia. Bel modo di fissar date!

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e secondo Mori dunque

Il senso invece riesce naturalissimo, qualora si abbia sotto gli occhi la lezione da tutti ammessa per tanti anni. Non occorre superlativa istruzione, nè acume d'ingegno per afferrarlo; basta fare un po' di calcolo, perchè anche le persone più grossolane vi possano riuscire. Beatrice (la determinazione procede naturalissima) mori nella prima ora del nono giorno del mese, secondo l'usanza d'Italia nota Dante, sebbene per sè quella frase dichiarativa sia superflua, l'usanza di Siria, ella si parti nel nono mese dell'anno —. nel nono giorno e nel nono mese. Ma quale mese? Ciò che segue lo determina: perchè il primo mese - aggiunge Dante è ivi Tisrin, il quale a noi è Ottobre —; senza le quali parole non ci sarebbe possibile stabilirlo, a meno che non si avesse cognizione del calendario siriaco. Cosi, sapendo che il primo mese di quel calendario corrisponde al nostro ottobre, con un calcolo semplicissimo, aggiungendo nove mesi al nostro ottobre, arriveremo al giugno susseguente, che rappresenta appunto il mese, in cui Beatrice sarebbe morta. Quanto all' anno non c'è bisogno di calcoli. Esso, ci dice Dante, fu il 1290:- E secondo l'usanza nostra, ella si parti in quello anno della nostra indizione, cioè degli anni Domini, in cui il perfetto numero nove volte era compiuto in quel centinaio, nel quale in questo mondo ella fu posta; ed ella fu de' cristiani del terzodecimo centinaio

Non dobbiamo meravigliarci, se Dante per determinare il mese ricorse al calendario siriaco; lo fece per ragioni d'opportunità. L'anno nostro non gli si prestava bene, perchè giugno è il sesto mese dell'anno; mentre a lui serviva il nono per mettere in evidenza il nu

SANTI. Il Canzon. di Dante Alighieri, II.

egli incontrasse delle difficoltà e una certa fatica nel raggiungere l'intento, apparisce chiaro ad ognuno. (1)

Stabilito che la morte di Beatrice avvenne il 18 giu

mero «<tanto amico» alla sua donna. Come per determinare l'anno, il 1290, egli ricorse a un giuoco di parole, così per indicare il mese, sempre allo scopo di mettere in evidenza il nove, multiplo del tre, sarebbe ricorso all' espediente dell'anno siriaco. Quale altro calendario gli si poteva prestar meglio? Del resto riflettano bene quanti sostengono l'altra data del 18 giugno, che questa, nel caso Beatrice fosse morta proprio in quel giorno, poteva ugualmente essere adoperata da Dante con esattezza, senza ch'egli per questo venisse meno al suo intento; perchè se il 18 non è come il nove multiplo del tre, è però formato da due volte nove. Non sarebbe ragionevole ritenere che Dante, quando il suo calendario poteva servirgli, fosse ricorso ad un altro a noi sconosciuto. Qui non si trattava di ricoprire sotto la veste allegorica cose, ch'egli voleva nascondere; anzi il capitolo trentesimo doveva riuscire uno dei più facili ad esser compresi. Del resto la Vita Nuova veniva scritta per tutti; ognuno la doveva intendere; il velo che ricopre le visioni e le allegorie, non può essere applicato al passo presente.

(1) Dante certamente dovette incontrare delle difficoltà nel provare che Beatrice - era un nove, cioè un miracolo, la cui radice è solamente la mirabile Trinitade (Vita N., XXX). Poteva Dante immaginare, senza gravi inconvenienti, che quando Beatrice nasceva

tutti e nove li mobili cieli perfettissimamente si avessero insieme (ivi) —, e che Beatrice gli apparisse per la prima volta — quasi dal principio del suo nono anno —, quando egli era quasi alla fine del nono (II), e che poi tornasse a rivederla dopo nove anni perfettamente compiuti, quand'egli ormai ne aveva diciotto (III); ma non poteva inventare di certo il giorno, il mese e l'anno della morte di lei. Se dobbiamo ammettere ch'essa morisse nel 1290, anno che si prestava ai suoi calcoli, e nella prima ora del giorno (particolare anche questo per i suoi calcoli importante), dovremo proprio credere che anche il giorno della morte fosse un nove? Bisognerebbe ammettere troppe combinazioni contemporaneamente, se almeno vogliamo prestar fede (e non vi sarebbe ragione per non credervi) a quello che Dante ci dice circa la nascita, l'età, la prima e seconda apparizione di Beatrice. Nel cap. 30 della Vita Nuova, chi non si avvede dello sforzo che il Poeta pone nell'adattare al suo concetto fondamentale, e, diciamolo pure, in parte

gno 1290, veniamo alla seconda questione, della durata dell'epiciclo di Venere. Il Lubin, (1) in un suo lavoro seguito dal d'Ancona, (2) considerando che gli antichi astronomi ammettevano che Venere impiegava per compiere la sua rivoluzione quanto il Sole, assegnò all' epiciclo di Venere 365 giorni; di modo che, aggiungendo al giugno 1290 la durata di due epicicli, cioè due anni solari, si arriverebbe al giugno del 1292. In quell'epoca Dante avrebbe veduto per la prima volta la donna gentile. Ma più tardi il Lubin, (3) quasi nonagenario, ritornò sul medesimo argomento, giungendo a conclusioni assai diverse. Fu l'importanza stessa

fantastico, tutti i particolari della morte della sua donna? Basterebbe leggere la Vita Nuova. Come egli, per far risaltare il numero nove, si vide costretto a ricorrere all' « usanza di Siria », con la quale stabilisce il mese della morte di Beatrice, così sembrerebbe naturale che fosse dovuto ricorrere a un altro calendario, a quello di Arabia, per stabilirne il giorno. Dal modo in cui il capitolo trenta si apre, e da tutto l'insieme, sembra proprio che si parli di tre calendari, o, come dice Dante, di tre usanze diverse. Infatti s'incomincia col nominare l'usanza di Arabia, poi si viene a quella di Siria, poi a quella d'Italia. Se da principio si dovesse leggere coi vecchi testi secondo l'usanza d'Italia, perchè poi poco dopo si sarebbe ripetuto e secondo l'usanza nostra —, cioè d'Italia? Il nesso che collega i tre concetti, mi fa pensare a tre cose distinte. Ma voler fare delle congetture in proposito, è, come dicevo, tempo perso; giacchè si tratta di una questione, che è quasi esclusivamente fondata sull'autorità dei manoscritti.

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Anche per indicare il giorno della morte di Beatrice, il 18 giugno, Dante poteva servirsi ugualmente bene del nostro calendario; ma non lo fece. Così nel capitolo terzo della Vita Nuova, parlandoci della seconda apparizione, Dante non dirà che Beatrice fu da lui riveduta in età di 18 anni, ma dopochè furono passati tanti dì, che appunto erano compiuti li nove anni appresso l'apparimento soprascritto di questa gentilissima

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(1) Intorno all'epoca della Vita Nuova, Graz, 1862.

(2) La Vita Nuova di Dante Alighieri, Pisa, Nistri, 1872, pag. XIV. (3) Dante e gli astronomi Italiani – Dante e la donna gentile, Trieste, Balestra, 1895.

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