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delle rime, noi nel nostro lavoro ci proponemmo un doppio còmpito: sorprendere, quando ci era dato, la parte vera ed umana ch'esso racchiudeva; presentare agli studiosi il testo più corretto che c'era possibile ricostruire sulla scorta dei manoscritti.

Questo lavoro sul Canzoniere di Dante s'im poneva, perchè le edizioni già esistenti, oltre a non darci quel testo ragionato di cui abbiamo bisogno, nemmeno ci mostrano, per il disordine con cui son fatte, il nesso logico che lega tra loro i varj componimenti e ne dà la ragione. Le rime di Beatrice si trovano frammischiate a quelle della donna gentile, o a quelle della Pargoletta; le poesie dell'esilio a quelle scritte in patria; quelle d'indole amorosa alle altre d'indole filosofica o dottrinale. Ci voleva un po' più d'ordine nel raccoglierle e nel distribuirle. E ciò si rendeva necessario specialmente per le rime di questo volume, le quali, forse perchè poco studiate, rimasero meno comprese e più disordinate. Per queste non v'era, come per quelle di Beatrice, l'aiuto della Vita Nuova, che può servirci di guida più o meno sicura; l'unico aiuto si può dire che ci viene dal loro contenuto. La prosa del Convito, che potrebbe essere di dichiarazione per alcune di esse, è sospetta, e rispecchia motivi speciali che non rispondono al vero, quando Dante, come vedremo, si propose di alterare il senso primitivo della parola, e dare un nuovo aspetto alle cose. Ma questa

confessione che Dante fece solo tardi, quando già le rime erano state scritte sotto l'ispirazione viva che le dettava, fu quella che trasse in inganno gli studiosi, e non permise loro d'intenderne il vero significato. Noi non ci facemmo ingannare dalla prosa del Convito; di essa ci servimmo, ma col beneficio dell' inventario, facendone tutto quell' apprezzamento che dovevamo. Le allegorie e le finzioni posteriori potranno servirci sì, per meglio intendere lo svolgimento dei fatti e l'intima essenza delle cose, ma non debbono riuscire d'inciampo alla serena ricerca del vero. Il primo passo dev'essere fatto coll'aiuto delle rime, altrimenti faremmo come quei, che, andando di notte e avendo in mano la fiaccola, « porta il lume dietro e sè non giova» (Purg., XXII, 68).

La materia di questo volume è preziosissima; perchè, mentre da una parte comprende i periodi meno noti della vita di Dante, d'altra parte ci rivela alcuni momenti decisivi, e alcuni cambiamenti che non ci saremmo aspettati. A noi occorreva conoscerli, onde formarci un concetto esatto dell'Alighieri: lo scrittore non si comprende, se prima non si conosce l'uomo. Non sembri dunque strano, se nel pubblicare il Canzoniere di Dante, incominciai col dare alla luce. il secondo volume. Fu la materia stessa che m' indusse a farlo, e l'importanza di essa. Volli affrontare senz'altro la parte più scabrosa e difficile, quella contro cui a nulla riuscirono gli sforzi della critica, cercando di penetrarla fin

dove le forze me lo permettevano. E nell' insieme, debbo dirlo, fui fortunato.

Questo Canzoniere verrà pubblicato in tre volumi. Nel primo ci occuperemo delle rime che si riferiscono a Beatrice, e di quelle scritte prima del settembre 1291; nel terzo delle corrispondenze o tenzoni avute da Dante coi poeti del suo tempo, delle rime di dubbia autenticità e di quante appartengono a un'epoca posteriore al 1309: nel presente volume ci siamo occupati di tutte le rime d'indole amorosa o morale, che furono scritte tra il settembre del 1291 e il 1309; vale a dire delle due canzoni morali del Convito, delle rime che si riferiscono alla donna gentile, e di quelle scritte per la Pargoletta. In tal modo il nostro Canzoniere sarà ordinato cronologicamente, e le poesie risulteranno disposte secondo il tempo della loro composizione; dalle prime rime scritte per Beatrice, e quindi dai primi anni del Poeta, verremo agli amori della virilità e alle poesie degli ultimi anni. Così potremo intendere meglio quei passaggi e quei varj cambiamenti, che si vennero operando gradatamente, secondo i tempi, nell'animo di Dante. Se nell'ordinare le rime di questo secondo volume, ponemmo in fine le due canzoni morali del Convito, che sono anteriori alle rime della Pargoletta, lo facemmo per opportunità, non volendo interrompere con esse la narrazione dei due amori studiati. Del resto, con quest'ordine, ci saremmo attenuti allo schema

primitivo del Convito; perchè, come vedremo nel corso del lavoro, quell'opera sarebbe risultata di due gruppi di rime amorose disposte cronologicamente (le rime scritte per la donna gentile e quelle per la Pargoletta), e di due canzoni morali, messe in fine, quasi a chiusa dell'opera.

Sicchè, in fondo, possiamo dire che la materia di questo volume è quella stessa che doveva essere trattata nel Convito.

Roma, 20 novembre 1906.

ANTONIO SANTI.

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