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tempi di Teodosio II continuava nelle scuole l'insegnamento della XII tavole; e, se la notizia è attendibile, bisogna supporre che il commento gaiano costituisse la base di queste lezioni. Nell'epoca imperiale ancora S. Cipriano (1) (sec. III) fa allusione alle XII tavole, come se fossero, al suo tempo, esposte nel foro di Cartagine; ma il valore di questa allusione resta sempre dubbio, poiché nello stile gonfio di questo padre della Chiesa, può benissimo trattarsi di una figura rettorica. Nè mancano altri esempî in questo senso. In una iscrizione dedicatoria, (2) rinvenuta di recente presso Magyar Boly, si magnifica, nei versi 3 e 4, il sapere giuridico di Valerio Dalmatio, rettore della provincia Lugdunensis tertia, nel principio del secolo quinto d. C., con queste parole:

Bis sex scripta (cioè le XII tav.) tenet, praetorisque omne VOlumen, Doctus et a sanctis condita principibus.

Speciali norme, tuttavia, dell'antica legislazione furono abrogate da leggi posteriori; così dalla lex Canuleia de conubio 30/5 fu tolto l'impedimento del conubio dei plebei (3) con i patrizii; dalla lex Aquilia de damno (sec. VI) furono introdotte nuove norme per il damnum iniuria datum (4) che pur era regolato dai decemviri in una disposizione a noi non prevenuta (5); dalla ler Aebutia (VII sec.), relativa al procedimento innanti i magistrato (6), furono rese antiquate molte istituzioni decemvirali (7); altre furono, di fatto, modificate dal pretore nella sua giurisdizione e per mezzo dell'editto; ed altre infine caddero in desuetudine nel progresso dei tempi.

Una abolizione completa della legge decemvirale si ebbe soltanto nel sec. VI d. C. con la compilazione di Giustiniano, la quale tuttavia ne accolse molte disposizioni.

Ricostruzione e sistema. Sin dal sec. XVI si son fatti dei tentativi di ricostruire ed ordinare il testo delle XII tavole.

Fra gli antichi sono notevoli i lavori di Rivallius (8) e principalmente quello di I. Gotofredo (9). Lavori più completi e riusciti

(1) Ep. II, 4, 10; cfr. SALVIANO, de gubern. Dei VIII, 5, 24 e SCHOELL, op. cit. pag. 16 e seg.

(2) Cfr. MOMMSEN, Sitzungsberichte der Berliner Akademie 1902 pagina 836; MITTEIS, Zeitschrift der S. S. vol. 23 p. 443.

(3) LIVII, 4, 1 e seg.

(4) Dig. 9, 2, 1.

(5) Cfr. FESTO, Rupitias p. 265.

(6) GAII, IV, 30.

(7) GELI, N. A. 16, 10, 8.

(8) AYMARUS RIVALLIUS, Civilis historiae iuris, s. in XII tab. leges comm. libri V, 1515.

(9) IAC. GOTHOFREDUS, Quatuor fontes iuris civilis, 1653.

sono, nei tempi moderni: quello del Dirksen (1) che servi di base agli ulteriori studii, l' altro dello Schoell (2), importante per il lato filologico; l'opera del Voigt (3), notevole invece per la copia dei ma teriali raccolti, deve adoperarsi con cautela (4). I migliori risultati furono utilizzati dal Bruns nelle Fontes iuris romani antiqui (5).

Sin da Gotofredo principalmente, gli scrittori hanno avuto cura non solo di riunire i vari frammenti, ma ancora di assegnare a ciascuna disposizione un posto nelle tavole.

L'opera di ricostruzione in questo senso è puramente arbitraria, perchè soltanto di sei disposizioni si ha notizia in quale tavola si trovassero (6). Gotofredo, ed altri dopo di lui, ritenne poter trarre partito, per l'opera di ricostruzione, del commentario di Gaio in sei libri, supponendo che il giureconsulto in ogni libro commentasse due tavole.

Contro tali congetture è da osservare, che i pochi frammenti (n. 18) del commento gaiano non danno su ciò alcuna luce; ed, inoltre, il confronto sia con il sistema delle leggi romane della repubbica, sia con quello di antiche legislazioni, esclude che si possa parlare di un ordinamento sistematico della legge decemvirale (7), ed è del tutto arbitrario supporre che ogni tavola, o due tavole insieme, formassero nella legge un tutto organico.

L'ordine convenzionale oggi accettato è il seguente:

I.

II.

Tab. In ius vocatio e procedimento civile innanzi il ma gistrato.

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(1) DIRKSEN, Uebersicht der bisherigen Versuche zur Kritik und Herstellung des Textes der XII Tafelfrag. 1824.

(2) SCHOELL, Legis, XII tab. reliquiae 1866.

(3) VOIGT, Die XII Tafeln, 2 vol. 1883.

(4) Cfr. auche NIKOLSKY System und Text des XII Tafelgesetzes 1897 (in russo), e la recensione del Pergament, nella Zeitschrift f. S. S. vol. 19 p. 374 e seg.

(5) BRUNS. Fontes, p. 17-40.

(6) Infatti attestano le fonti; che la legge cominciava con le parole si in ius vocat (Cic. de leg. 2, 4, 9); che nella 2a tavol. 2 legge si trattava della contumacia (Fest. v. reus); della cessazione della patria potestas nella 4 (Dionis, 2, 27); delle prescrizioni funerarie nella 10a (Cic. de leg. 2, 25, 64); del divieto del conubium e della intercalatio nelle due ultime (Cic. de rep. 2, 37, 63; Maer. Sat. 1, 13, 21); vien pure ricordato da Ulpiano D. 38, 6, 1 pr. che il d. testamentario precedeva la successione legitima.

(7) Cfr. LENEL, Das Sabinus System, p. 4.

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XI-XII.

Contenuto.

Usucapione e diritto di proprietà.

>> Diritti relativi ai fondi.

«

Diritto penale.

Diritto pubblico.

Istituzioni funerarie.

Supplemento.

Le XII tavole, come appare dallo specchio ora riprodotto, contenevano norme riferentesi a tutto il corpo del ius civile nel senso romano.

Così poteva Livio indicare le prime X tavole come; fons omnis publici privatique iuris e pel complesso chiamare la codificazione: corpus omnis romani iuris (1), e già Cicerone diceva che esse contenevano totam civilem scientiam (2). Ma tali espressioni non vanno prese in senso assoluto, come se si trattasse di una legislazione completa su tutte le materie; piuttosto le norme saucite dai decemviri riguardavano le consuetudini più notevoli formulate in regole generalissime, e tutte quelle istituzioni, che, ad evitare abusi e violenze, interessava fissare in una forma stabile e certa.

Così la procedura è regolata con norme minuziose e tassative. Ma gli istituti fondamentali, che avevano salda base nella pratica, non furono richiamati se non per recarvi particolari derogazioni.

Le XII tavole quindi presuppongono, ma non regolano, la patria potestas, la manus, la tutela, il dominium, il testamentum, etc. (3). il diritto costituzionale poi non vi è considerato.

(1) III. 34.

(2) De or., 1, 43.

(3) Cfr. BONFANTE, Storia, p. 66 e seg.

(continua)

IL CONCORDATO PREVENTIVO.

NOTE DI LEGISLAZIONE COMPARATA

PER

LUDOVICO ZIINO TODARO.

(Continuazione e fine.)

VII.

Italia.

§ 1. La Moratoria nel Codice di Commercio.

Non sarà, crediamo, fuor di luogo premettere alla esposizione sommaria della legge 24 maggio 1903 e a brevi osservazioni sul me rito della medesima, un cenno sulla moratoria nel nostro Codice di Commercio del 1882, (art. 819-829), per vedere come e perchè si sia sentito appena dodici anni dopo il bisogno di abrogare le disposizioni del codice ad essa relative e provvedere con una nuova legge.

I principii ai quali s'ispirò il legislatore, e le ragioni giuridiche, morali ed economiche della moratoria erano senza dubbio lodevolissimi (1). Lo scopo era quello di attuare un trattamento di favore in vantaggio del debitore, che per fatti ed eventi straordinarii, casi fortuiti e di forza maggiore - non si fosse trovato al caso di fare onore ai propri impegni di imminente scadenza e avesse avuto bisogno di una dilazione per soddisfarli, evitando danni maggiori e per sè e per

(1) Non mancarono fin dall'inizio fermi oppositori (principalissimo il VIDARI), le obbiezioni dei quali sono dal FASSA riassunte così: 1. È contraria al diritto comune. 2. È dannosa al commercio e al credito. 3. È contraria alla giustizia. 4. È inutile. 5. Nelle moratorie si verificano sempre grandi abusi. Obbiezioni gravissime solo in parte, perchè a talune di esse si può facilmente ed esaurientemente rispondere (FASSA - op. cit. - pag. 16-19). Ad ogni modo vedremo come le buone intenzioni siano state frustrate dalla lettera della legge e dalla sua deplorevole attuazione.

Rivista di Legislazione Comparata, 1904.

3

i propri creditori. Si volle insomma sceverare la condizione del debitore che si fosse trovato in un temporaneo imbarazzo da quella di chi era nella assoluta impossibilità di adempiere alle proprie obbligazioni.

La Commissione Ministeriale infatti così si esprimeva: «Nel nostro paese in cui l'industria può dirsi nascente, la necessità di porgere legislativamente un rimedio a quegli imbarazzi momentanei è ancor più evidente che altrove; e siccome nella maggior parte dei casi una breve dilazione concessa contro l'irrompere delle scadenze passive può bastare a mantenere quella vita che un fallimento precipitato distruggerebbe d'un tratto, credesi che non si possa a meno di studiare accuratamente un prudente sistema di moratorie, all'ombra del quale, sia dopo una dichiarazione di fallimento provocato da un allarme imprevisto, sia anche prima di essa, il commerciante possa nelle accennate condizioni trovare protezione e riparo all' onta che ne deriva.

La moratoria, quando sia ristretta in certi limiti e sia accompagnata dalle necessarie garentie, non può presentare pericoli nè inconvenienti, ed oltre di essere un beneficio pel debitore che sottrae ad una sicura rovina, può essere utile ai creditori, coll'agevolare ad essi il conseguimento dei loro averi assai meglio che non lo potrebbe una liquidazione di fallimento. >

E la Commissione Senatoria, similmente: « Le difficoltà di appianare i gravi inconvenienti che operano i fallimenti e di fare una legge che li ripari, ha mosso la Commissione a proporvi l'accettazione di questa parte del progetto, senza dissimularsene la gravità, ma confidando che nell'attuazione possa riuscire utile, in ispecie se il potere giudiziario ne userà con stretta parsimonia; sui risultati non è agevole fare previsioni, tutto dovendosi misurare da quanto potrà insegnare l'esperienza.

Non ostante però i sani e retti criteri, cui il legislatore s'ispirava, l'istituto falliva al suo fine.

Verificatisi i primi inconvenicuti, fu subito gridata la croce addosso alla legge, fu un alto levare di critiche dai libri e dai giornali contro quei benedetti undici articoli del Codice, (e forse non a torto: il famoso art. 825 valga per tutti! (1)); ma

non si

(1) Sull'art. 825 cosi esprimevasi l'on. GIANTURCO nella sua relazione al progetto di legge sul Concordato preventivo, presentato alla Camera il 2 dicembre 1897: « L'art. 825 riconosce all'accordo amichevole conchiuso dal debitore con la maggioranza dei suoi creditori, che rappresenti almeno i tre quarti del passivo, l'efficacia di porre termine alla moratoria e quindi d'impedire la dichiarazione del fallimento, se ancora non ebbe luogo; 0, se fu già emessa, di chiudere la procedura del fallimento con gli effetti del

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