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VI.

Di fronte a questi gravi pericoli che sorgevano, si misero avanti due principii, che ebbero illustri sostenitori; difendere con la libertà l'indipendenza individuale contro l'azione del potere comporre gli stati in ragione della loro nazionalità.

E questi due grandi principii dal 1820 in poi si videro essere guida ai movimenti del popolo, oggetto degli studii sociali e politici della nuova generazione dei dotti.

Libertà ed iniziativa sociale per far guerra alla onnipotenza dei governi, all'assolutismo armato. Nazionalità con l'unione dei popoli, rispettando le sub-nazionalità nella loro vita e nei loro interessi : comporre le sparse membra di stati divisi e dividere popoli che il dispotismo ebbe a riunire e che manteneva con le armi, per ottenere i vantaggi della indipendenza politica, senza i danni della fusione e della centralità.

L'abuso del dispotismo e l'idea di libertà perduta, che erano ancor vive, rianimarono alla lotta e nelle sette segrete si preparano le rivoluzioni contro l'assolutismo e l'ordinamento delle nazioni.

La rivoluzione occulta scoppiò da pertutto in Spagna a nome della libertà e della confederazione, mentre gli educati alla francese proclamano la libertà e la centralità per distruggere gli ultimi avanzi delle autonomie e libertà locali a nome di principii che non trovano eco nel popolo. Coi novatori però era la forza militare e questa trionfò proclamando la costituzione del 1812 che il re accetta. La rivoluzione si comunica al Portogallo e diviene militare anch'essa; vincitrice, senza reazione, bandisce un governo rappresentativo con costituzione diversa dalla Spagna; anche il Brasile si ordina a libero regimento monarchico, per ridursi a repubblicano nell'ultimo quarto del secolo; e in nome del dritto si proclama la libertà delle colonie spagnuole dell'America meridionale.

In Italia la rivoluzione si ridesta, ma con concetti locali. — In Napoli a nome della costituzione di Spagna, in Sicilia a nome della costituzione del 1812 che garentisce l'indipendenza del regno; il Piemonte si leva; insorge altresì l'Italia centrale; da ogni parte s'invoca la perduta libertà. Ma le armi austriache appoggiano i locali governi, e il movimento è annegato nel sangue.

La santa Alleanza, come al Congresso di Troppau deliberò la soppressione della libertà in Italia, così a Verona decretò quella della Spagna e del Portogallo, e 100,000 Francesi se ne fecero esecutori.

Solo la Grecia, che lottava in nome della libertà e della religione contro il turco, potè dopo otto anni ottenere che la sua indipendenza fosse riconosciuta dalle potenze europee.

Il dispotismo imperava nella Spagna e nel Portogallo, era sovrano in Italia, feroce in Polonia, che aspirava alla sua nazionalità, oppressivo in Austria e Germania, larvato in Francia; la causa dei popoli parea perduta.

Ma le idee non muoiono; e i popoli vinti, non domi, nuovamente insorgono dal 1836 al 1848, finchè taluni trionfano, altri ribadiscono le loro catene e non si lasciano dominare.

L'opposizione ai governi costituiti dalla Santa Alleanza si fa più forte specialmente in Francia ove realisti, imperialisti e repubblicani si accordano, aspirando alla libertà e ad una dinastia che non avesse vendetta da compiere.

Beniamino Constant, il pubblicista liberale, proclama che l'individuo e la società esistono pel genere umano, e quindi libertà per tutti e in tutti; l'individuo libero e indipendente, lo stato non ha dritto ad indebite ingerenze, esso deve badare a ciò stiano in armonia i diritti dei cittadini. Così contro la legittimità della Santa Alleanza e l'onnipotenza dello stato dei Giacobini sorge la dottrina della libertà, l'elevazione dell'individuo di fronte allo stato.

La letteratura e la scienza si rialzano, e i grandi pensatori, offesi dal governo, volgono in politica la quistione letteraria, Guizot, Cousin, Laromigière, Tierry, Thiers, Michelet sono i rappresentanti dell'avvenire della Francia.

Le tre giornate di luglio 1830 sollevavano il paese e l'avviavano a nuovi destini.

La rivoluzione non sapendo cosa far di meglio crea un governo libero e borghese, elevando Luigi Filippo d'Orleans a re dei Francesi, con il nobile programma di appoggiare i popoli che si rivendicassero in libertà. Però le agitazioni e le rivoluzioni europee, il timore della Santa Alleanza, la spingono a proclamare il basso ed egoistico principio del non intervento; e così la Francia per paura di sè abdicava di essere la tutrice dei popoli sofferenti.

Di già pochi mesi avanti era scoppiata la rivoluzione polacca (29 novembre 1829) e l'esercito rivoltoso cantava l'inno: No Polonia, non ti mancano difensori. Anche il Belgio con le armi proclamava libertà ed indipendenza dall'Olanda.

L'Italia, credendo nell'appoggio della Francia, di cui ha sempre seguito le vicende, eleva il vessillo della rivolta a Modena, nelle Romagne, nelle Marche, nei Ducati, la tenta il Piemonte e la Sicilia. Ma l'Austria riguarda come sua la causa dei governi italiani e do

mina la rivoluzione con supplizli ed esilii. Allora l'emigrazione italiana si spande per tutto il mondo, portando il lutto della patria e la speranza di rigenerarla. La Russia vince la Polonia perchè mancò l'accordo fra le varie sue regioni e perchè l'aristocrazia non ebbe fede nel popolo; e quindi come paese di conquista fu incorporata all'Impero. Il solo Belgio ebbe la singolare fortuna di essere riconosciuto libero e indipendente.

VII.

La causa della libertà dei popoli non è perduta, il solo trionfo è ritardato.

Al 1835 cessa l'assolutismo del Portogallo, dopo lunghe e sanguinose lotte. In Ispagna la insurrezione liberale alza la testa e vince; mentre le lunghe lotte tra centralisti e federalisti le fa perdere le colonie; e solamente al 1844 si da una costituzione che non risponde all'indole di quel paese. La Scandinavia vuol libertà con l'autonomia e l'ottiene la Danimarca è riconosciuta come stato a sè, e la Norvegia si unisce alla Svezia, con costituzione e governo separato. La Svizzera insorge nel 1831 e dopo lunga lotta ottiene i cantoni liberi, e libero governo con una nuova costituzione che si approva nel 1848. La libertà dei popoli germanici combattuta dalla Prussia e dall'Austria si ridesta e con le armi si sostengono le libertà locali e le nazionalità facendo il primo passo nella lega doganale. La Grecia ottiene la sua diffinitiva costituzione nel 1844, mentre nove anni in dietro avea assunto la sua dinastia.

Anche la Russia con Alessandro aspira alla libertà, ma Nicolò col sangue assoda il più brutale dispotismo politico e religioso. Nella Gran Brettagna la rivoluzione si manifesta con petizioni, con le armi in Irlanda. L'Isola verde ottiene per 'O Connell l'emancipazione dei cattolici nel 1829; che fu passo a nuovi miglioramenti che non contentano. L'Irlanda invoca l'autonomia a cui ha dritto, invoca la indipendenza che le spetta, e il governo inglese non si accorge come sia cieca pretensione credere che l'Irlanda si migliori facendo inglesi gl'Irlandesi, e la lotta ancor perdura; lotta che avrebbe fatto cessare il progetto di Gladstone ove fosse divenuto legge. L'Inghilterra e la Scozia ottengono la grande riforma elettorale nel 1831 e restano inesaudite le domande per le altre riforme specialmente dell'ordinamento giudiziario.

La Francia e l'Inghilterra divengono così gli astri a cui si volgono le altre nazioni, ma con forme e tendenze diverse; là agitate e convulse, qua calme e lente.

In Francia il governo di Luigi Filippo scontenta; la minoranza non fu nè calcolata, nè oppressa; e nella lotta d' imperialisti e repubblicani quantunque non di accordo nel sistema pur si facevano strada: gli uni esagerati credenti, gli altri feroci giacobini. Gli uni col Lamennais, col Lacordaire, col Montalebert proclamavano in nome di Dio e della libertà, libertà piena, non ingerenza, non centralità e il papa tutore della nuova libertà era la teocrazia di Gregorio VII che s'invocava; ma la Chiesa condannò molte esagerazioni, e il Lamennais si ribella e diviene agitatore del popolo nelle parole di un credente. Gli altri associati nei segreti convegni s'ispiravano al razionalismo e all'ateismo; mentre non pochi ringagliardivano, e tornavano a lle vecchie teorie della rivoluzione, tirandone le ultime conseguenze sino al socialismo e al comunismo.

I più esagerati volevano sorreggere con idee organiche il nuovo liberalismo: sostituire lo stato all'individuo, far guerra alla grande proprietà, alla famiglia, alla eredità, ritenendo la proprietà un privilegio dannoso, l'individualismo un male, l'operaio aver diritto alla mercede quando anco non vi fosse lavoro, e si spingevano taluni sino al comunismo, all' abolizione della proprietà, al dovere dello stato d'incamerar tutto e nutrire il popolo.

Socialismo e comunismo con le loro dottrine si facevano strada nelle turbe, avide di nuovo e di vivere senza lavoro. La lotta era latente era guerra tra il governo rappresentativo e la repubblica rossa, tra i borghesi e la plebe turbolenta, fra libertà e il dispotismo dall'alto o dal basso.

(Continua)

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In ordine ai giudizi durava ancora la distinzione, sancita dalle costituzioni sveve (1), tra le cause civili e le criminali; mentre unico era tuttavia il procedimento in varii luoghi del continente (2) ed in Sardegna (3), ed anche in Francia le forme procedurali erano, in genere, le medesime al criminale ed al civile (4).

Non manca però nella legislazione aragonese, anche riguardo ai giudizi penali, qualche provvedimento nuovo; e, com'è stato anche bene osservato (5), nei detti giudizi le forme si son fatte più umane e ragionevoli.

A) Come ho già altrove cercato di dimostrare (6), il procedimento inquisitorio non venne per la prima volta introdotto nell'Italia meridionale dalle costituzioni sveve (7), le quali (8) regolarono le inquisi

(1) Cf. 1. I, 99 sg. e tutto il 1. II.

(2) V. BETHMANN HOLWEG, Civilprozess, VI, 197; PERTILE, Storia del dir. ital., 2 ediz., Torino, 1901, VI, P. 2, § 237; SALVIOLI, Man. di storia del dir. ital., 4 ediz., Torino, 1903, § 390, p. 584; LATTES, Il diritto consuetudinario delle città lombarde, cit., 1899, § 24, p. 145.

(3) BESTA, Il dir. sardo nel Medio Evo, 1898, p. 27.

(4) GLASSON, Hist. du dr. et des instit. de la France, VI, 1895, p. 620 (5) SCHUPFER, Manuale di storia del dir, ital. Le Fonti. Leggi e scienza, 2. ediz., 1895, p. 295.

(6) Nella nota al capit. IX delle Consuetudini di Palermo (nella Race. delle consuetud. sicil., I, 1895, compresa fra i Docum. per servire alla storia di Sicilia, Serie II, vol. IV).

(7) V. invece in questo senso, p. e. PAGANO, Opere, Capolago, 1837, p. 392 sg., Consideraz. sul proc. crimin., cap. 11; BRANDILEONE, Il dir. rom. nelle leggi normanne e sveve del regno di Sicilia, cit., p. 66.

(8) Const. I, 53 e 52. 2 (Nov. Const.); v. inoltre I, 1, 28, 39, 40, 54, 87; 11, 10 e 33; cfr. Formulae Magnae Imp. Curiae, in WINKELMANN, Acta imperii ined. n. 960: Quod non fiat inquisitio super damnis clandestinis.

Rivista di Legislazione Comparata. 1904.

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