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SONETTO II.

Compiange sè stesso per la doppia perdita e del suo Colonna,
e della sua Laura.

Rotta è l'alta Colonna, e 'l verde Lauro,
Che facean ombra al mio stanco pensero:
Perdut' ho quel, che ritrovar non spero
Dal Borea all'Austro, o dal mar Indo al Mauro.
Tolto m'hai, Morte, il mio doppio tesauro,
Che mi fea viver lieto, e gire altero;
E ristorar no può terra, nè impero,
Nè gemma oriental, nè forza d'auro.
Ma se consentimento è di destino;

Che poss'io più, se no aver l'alma trista,
Umidi gli occhi sempre, e'l viso chino?
O nostra vita, ch'è sì bella in vista,
Com' perde agevolmente in un mattino
Quel, che 'n molt'anni a gran pena s'acquista!

CONSIDERAZIONI DEL TASSONI.

Questo sonetto fa credere che il cardinale Giovanni Colonna e Laura morissero in uno stesso tempo amendue di quella si memorevole pestilenza che l'anno 1348 si sparse per tutta Europa.

COM' PERDE AGEVOLMENTE IN UN MATTINO. Se non si legge perdi, in vece di perde, è da dire che le due voci nostra vita sien primo caso, e non quinto, e nominate esclamando, e che l'ordine sia tale: Oh come perde agevolmente in un mattino la nostra vita, ch'è sì bella!

QUEL, CHE 'N MOLT'ANNI A GRAN PENA S'ACQUISTA. Cioè tanto valore e tanta virtù, per acquistar la quale tant'anni si fatica e si pena.

DEL MURATORI.

Non saprei assegnargli sito se non tra i mediocri. A me non finisce di piacere quel facean ombra, perchè proprio è ben de' lauri il farla, ma non così delle colonne. Fa poco viaggio fino all'ultimo terzetto, in cui poscia ravviso un'esclamazione che viene a tempo, e una riflessione propria di quel caso. Mira se ti piacesse più la lettura del codice antico della biblioteca estense, dove in vece di Com' perde è scritto Ch'uom perde.

D'ALTRI AUTORI.

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Il

CHE FACEAN OMBRA AL MIO STANCO PENSERO. pensare di si care e onorate persone eragli dolce conforto all'affannata mente. Ma si biasima dal Castelvetro, e gli fa bordone il Muratori, quell'attribuire il far ombra alla colonna, il che parmi una soverchia rigidezza, tanto più che il figurato senso fa perfetto l'accordo. BIAGIOLI.

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CHE MI FEA VIVER LIETO. — - Riguarda Laura. CASTELVETRO. E GIRE ALTERO. Riguardo il Colonnese. CASTELVETRO. O NOSTRA VITA, CH'E SÌ BELLA IN VISTA ec. Crediamo che questa esclamazione possa reggersi da sè sola, per quello che diremo indi a poco. EDIT.

COM PERDE ec. Se il com' par duro al Muratori, a noj par goffissima la correzione ch' uom. Vegga il lettore, che se ne sta tra la goffaggine e la durezza, a qual torni conto appigliarsi. Passiamo ad altro. Dicemmo che l'esclamazione del verso antecedente possa reggersi da sè sola, e ciò perchè crediamo che il perde assuma qui qualità di neutro passivo, soppresso il sì. E a chi sembrasse troppo arrogante questa nostra opinione, che protestiamo non esser più che opinione, se ne rada per la comune ch'è la più facile e corta. EDIT.

CANZONE II.

Se Amore non sa, nè può ridonarle la vita, ei non teme
più di cader ne' lacci di lui.

Amor,

STANZA I.

se vuo', ch'i' torni al giogo antico,
Come par, che tu mostri; un'altra prova
Maravigliosa e nova,

Per domar me, convienti vincer pria:
Il mio amato tesoro in terra trova,

Che m'è nascosto, ond' io son sì mendico;
El cor saggio pudico,

Ove suol albergar la vita mia :

E s'egli è ver, che tua potenza sia
Nel ciel si grande, come si ragiona,
E nell'abisso; (perchè qui fra noi
Quel, che tu vali e puoi,

Credo, che 'l senta ogni gentil persona
Ritogli a Morte quel, ch'ella n'ha tolto;
E ripon le tue insegne nel bel volto.

CONSIDERAZIONI DEL TASSONI.

AMOR, SE VUO', CH'I' TORNI AL GIOGO ANTIGO. Anzi più tosto a giogo nuovo, poichè l'antico era rotto. Ma poi che Morte è stata si superba, - Che spezzò 'l nodo, dice più avanti.

PER DOMAR ME, CONVIENTI VINCER PRIA: ec. Come domare, se già era stato ventun anno sotto il giogo? Di', che per lo scioglimento rinferocito si finge.

1

E S'EGLI È VER, CHE TUA POTENZIA SIA ec. È concetto di Pietro Ramondo Poderoto, poeta provenzale, che cominciò una sua canzone su questo tenore: Amor, se'l tuo poter è tale, – Si come ogn'uom ragiona.

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E NELL'ABISSO; (PERCHÈ QUI FRA NOI ec. Che importava che Amore per risuscitar Laura avesse poter nell'abisso, se dice nel fine di questa medesima canzone: Quella, che fu mia Donna, al Cielo è gita? Forse risguarda al corpo, che era in luoghi sotterranei? Della potenza d'Amore leggonsi versi del secondo Orfeo, che suonano in nostra lingua: La tua potenza sola Del ciel, del mar, dell'aria e della terra, Di quanti

spirti pasce la gran madre, - Verde fiorita Dea, di quanti serra Il cieco Inferno, e 'l gran padre Oceano, Signoreggiando tien lo scettro in mano.

DEL MURATORI.

Tentando Amore di far innamorare di nuovo il Poeta per altra donna, questi gli fa sapere non essere ciò possibile, perchè non è a lui possibile il risuscitare Laura, e rinovar tutte le bellezze con esso lei mancate. Volge adunque poeticamente il suo ragionamento ad Amore, e gli parla con affetto molto quieto, e con istile dimesso, piano, ma però nel suo genere spiritoso, e pieno di belle amplificazioni poetiche. Nella presente stanza dopo i primi quattro versi, che vengono bene, se talun dicesse di non essere soddisfatto appieno dei due seguenti, cioè Il mio amato tesoro ec., io avrei qualche tentazione di non dargli subitamente il torto. Assaissimo bensì mi piaccion quegli altri, E s'egli è ver ec., sino al fine della stanza. Questo ricordo ad Amore dei suoi vanti, e la parentesi col sentimento chiuso in essa, e l'ultimo verso, hanno bella grazia, e eonducono egregiamente la tela del discorso. Chiama il Poeta nel primo verso antico il giogo, perchè era durato un pezzo, e perchè, anche cambiando oggetto amoroso, il giogo, cioè la suggezione ad Amore, veniva sempre ad essere lo stesso di prima.

D'ALTRI AUTORI.

E RIPON LE TUE INSEGNE NEL BEL VOLTO. Vuol dir le bellezze, le grazie, gli allettamenti che già erano nel volto di Lau ra. LEOPARDI.

STANZA II.

Riponi entro 'l bel viso il vivo lume,
Ch'era mia scorta; e la soave fiamma,
Ch' ancor, lasso, m'infiamma

Essendo spenta: or che fea dunque ardendo?
E' non si vide mai cervo, nè damma
Con tal desio cercar fonte, nè. fiume,
Qual io il dolce costume,

Ond' ho già molto amaro,

e più n'attendo: Se ben me stesso, e mia vaghezza intendo: Che mi fa vaneggiar sol del pensero,

E gir in parte, ove la strada manca;

E con la mente stanca

Cosa seguir, che mai giugner non spero.
Or al tuo richiamar venir non degno;
Che signoria non hai fuor del tuo regno.

CONSIDERAZIONI DEL TASSONI.

QUAL IO IL DOLCE' COSTUME.

Chiama dolce costume le dolci maniere della donna amata. E la dolce paura, e 'l bel costume, disse altrove: O di', che chiama dolce costume l'abito preso di vagheggiar Laura.

CHE MI FA VANEGGIAR SOL DEL PENSERO. Pazzia sarebbe stata se con altro vaneggiato egli avesse. E nota vaneggiar del per vaneggiar col.

E GIR IN PARTE, OVE LA STRADA MANCA. Seguitando il pensiero, che vaneggiava, si riduceva in parte, ove mancava la strada, perchè mancava soggetto al suo amore, essendo morta Laura, e fondava in aria i castelli suoi.

CON TAL DESIO CERCAR FONTE, NE FIUME, - QUAL IO IL DOLCE COSTUME. Questo luogo io lo passai senza considerare

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