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e 'l deduce ancora dal tripode di bronzo rinve nuto nel territorio di Giacomo Certa; essendo stato il tripode emblema, e distintivo di Ercole; ma di tutto questo si può vedere il giudizio, che ne danno i dotti.

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L'altro cospicuo tempio, che si vedea in Stabia, fu quello, ove al presente si dice Fano, ed era a Diana dedicato nel quale luogo è attualmente edificato il Convento di S. Francesco di Paola, e la Chiesa di S. Maria a Pozzano la di cui Storia venne seritta dal P. Serafino Ruggieri, dello stesso Ordine. In questo luogo, il più eminente della Città, fu rinvenuto un grande altare di marmo; ove era scolpita una testa di Cervo, inghirlandata d'una vaga corona, adorna di varii frutti, e grappoli di uva per dinotare la Dea, eui era stato il tempio innalzato. Questo altare anche di presente si osserva nell' atrio di detta Chiesa; ed è situato per base alla Croce del Redentore, che fugò i Demonii, infranse gl' Idoli, e tutta sovvertì interamente la superstizione de' Gentili. Se alcuno poi volesse per poco mettere in dubbio la genuinità di tale tempio, può ricordarsi della fa vola de'Poeti, da cui è chiaro, che questa figlia di Giove, e di Latona per vaghezza della verginità si sottrasse al consorzio degli uomini per allontanare da se ogni incentivo di libidine, contenta di scarso numero di compagne, si dedicò esclusivamente ad abitar nelle selve, e vivere unicamente applicata alla caccia. Per la qual cosa gli antichi dipintori Idolatri la mostrarono vestita di un'abito quasi virile, ornata del coturno ed armata di arco e di faretra e per esprimere la persona; e la profession

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di Diana, le assegnarono per distintivo la Cerva. Ma di ciò posson consultarsi coloro, che diffusamente trattano delle favole, e della genealogia de' Dei.

Il terzo tempio, ed a questo di Diana vicino, che vedevasi in detta Città era sacro a Giano, nel luogo al presente appellato Fajano: nomenclatura derivata appunto dalle parole Fanlani o sia Fanum-lani, del che può vedersi presso Grutero, ed altri. Ma siccome di questo tempio niun vestigio ne rimanea, e 'l e'l Îuogo, ove trovavasi edificato, era fondo appartenente alla mia Mensa Vescovile, mi determinai perciò di praticarvi delle ricerche, ed ecco quanto mi venne fatto di discovrire. In prima è a riflettersi il luogo, ove fu fabbricato, cioè nella parte superiore della collina, che sovrasta il Porto: adattatissimo a dinotare il patrocinio, che a questo Nume concedevano i Gentili, ed affinchè i naviganti, giungendo sani, e salvi alla patria, avessero potuto comodamente salutarlo; ed ivi portandosi, tributargli i sacrificii di riconoscenza. Egualmente siccome a lui si attribuiva, di aver piantato per la prima volta le vigne, o almeno amplificate, per cui era delto Vitifero, quindi in quel sito eragli stato il tempio edificato (1). Ivi dunque eseguito lo

(1) È opinion di molti, che Giano sia lo stesso, che Noè dipinto con doppio volto, perchè vide il primo Mondo, e 'l secondo dopo il diluvio; ed anche dalla voce Siriaca lan, dinotante il vino, perchè si dice, che egli venisse il primo in Italia, e vi piantasse le vigne, per cui fu detta Enotria, giusta il sentimento di Strabone lib. III. della Geografia, e di Pausania negli Arcadici. E re osservabile, che nelle monete impresse in memoria di

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Scavo rinvenni il pavimento del tempio com posto a quadretti di color bianchi, e neri alternativamente disposti a strisce; del quale una porzione ne conservai per memoria. Rinvenni parimenti moltissime porzioni di colonne di soda fabbrica unita di mattoni, e cemento ricoverta di bianchissimo intonico, e così duro, che a colpi replicati di adunco ferro appena a grandi stenti si potea infrangere. Le mura del tempio esistevano in alcune parti di palmi quattro, ed altrove di meno, elevate dalle fondamenta, e di fortissima fabbrica, rivestita di un' intonaco dipinto di così vivi colori, che sorprendevano, e d'un fiorame sì gajo, che dispiacque sommamentę, di non averne potuto staccare delle por zioni intere, per conservarsi. V'eran fra l'altro delle fascette di larghezza once quattro, nelle quali vi si osservava un lavorìo delicatissimo di varii ornamenti di color rosso, e celeste; e di tanto intanto v'eran ritratti de'volti umani, elegantissimamente dipinti. Nella parte destra del tempio, che guardava tramontana, vi era l'Espiatorio, composto di piperno, con le sue urnette, e condotti: i tubi di piombo erano fabbri

Giano da una parte si vede la sua effigie con doppio volto, e dall' altra una nave, come riferisce Macrobio lib. I. de'Saturnali c. 9. e prima di lui l'aveano osservalo Ateneo, e Plutarco del che fa menzione Ovidio me'Fasti lib. I. Sed cur navalis in aere Altera signata est, altera forma biceps?

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Causa ratis superest: Tuscum rate venit in amnem.
Ante per errato falcifer orbe Deus.

E forse quella nave indica l'arca Noetica: vedi Arnobio lib. 15 contra i Gentili, Lattanzio lib. I. c. 13 della falsa Religione, Daniele Uezio Dimostrazione Evang. Chipping, Valchio, ed altri.

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cati nella parte esteriore de' muri, per immettere l'acqua nell' Espiatorio non meno, che nella cisterna, sistente nella parte sinistra del tempio; che osservai parimente rivestita dello stesso intonaco; ma per le rovine del tempio del tutto fracassata. Questi tubi di piombo erano al pari di tutte le opere de' Romani, formati per l'eternità; mentre ciascuno, lungo palmi cinque, ed once tre, pesava libbre quarantadue, e si vedevano fra essi uniti con dello stagno, e ferro. Ma di essi appena ben pochi ne potei ritrovare, essendo stati gli altri derubati precedentemente con le rimanenti rarità, che doveano esservi. In essi vi si leggeva impresso, a caratteri rilevati nella fusione del piombo, il nome di colui, che eresse da' fondamenti il tempio, cioè Publii Sabidii Pollionis Praefecti Urbis. E quantunque da' cataloghi, e da' fasti de' Prefetti di Roma non apparisca in quale epoca abbia vissuto quel Publio Sabidio, o Sabidio Pollione; avendo pure consultati parecchi Romani, e Napoletani, i quali ingenuamente mi han confessato esser loro ignoto tal nome; ciò non pertanto, se dee darsi luogo alle congetture, e ad un prudente opinare, può fondatamente assegnarsene il tempo assai prima di L. Silla, che distrusse questa Città: essendo pur noto, che i Prefetti di Roma, ancor fuori di badavano agli edificii, che doveansi innalzare. Rinvenni ancora un'urna di marmo sovrapposta su di duplice base, destinata a decorticare le vittime, estrarne gl'intestini, farvi le osservazioni, e poi sacrificarli alla Divinità (1).

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(1) Di ciò può vedersi Virgilio nell' Encide lib. IV.

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Ritrovai pur' anche una caldaja pe' Sacrificj, o pure per cuocervi la carne delle vittime; che conservai con gelosia, di unità a tutto il rimanente di sopra indicato; e non pochi vasi di creta di color bianco, di varie forme, e figure, che esistevano in fondo alla cisterna. Ritrovai benanche due imposte di bronzo di una porticina della Cameretta situata vicino al tempio, ove, come potei congetturare, dimorava il Custode del medesimo, o pure vi si conservaváno le cose necessarie a' sacrificii, cioè i turi boli, i profumieri, li tripodi, ed altre cose simili. Ma niente di ciò mi venne fatto di ritrovare, essendo stato il tutto antecedentemente involato; siccome de' preziosi ornamenti della porta grande del tempio benanche di bronzo che come riseppi posteriormente, furono a vilissimo prezzo venduti. Lo stesso è a dirsi delle statue di marmo, e di metallo, e di quanto mai v'esistea di prezioso, che scoverto da' rapitori, venne alienato miseramente.

Il quarto tempio, che si vedea in questa Città, era sacro a Cerere ; del quale fa chiara testimonianza il monumento di marmo rinvenuto nel fondo di Giacomo Certa, rimesso, come dissi, a Capaccio e da lui impresso; ove si fa menzione della Sacerdotessa Lassa. Che presso de' Greci, e' Latini fosse costume di far disimpegnare anche alle femine i sacri ministeri ne' tempii, è noto a tutti. A tacer delle Vesta

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Festo lib. I. del significato delle parole, ed altri; Tucidite lib. VI. dell'Istor. Antonio Mureto lib. XIV. delle varie Lezion. Errico Chipping delle Antichità Romane lib. I. Cap. II., ed altri

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