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li, di quelle addette al culto di Cerere l'afferma Dionigi d' Alicarnasso (1), il quale riferisce, che gli Arcadi, edificato il tempio di Cerere sul Monte Palatino, vi destinarono delle donne di rito Greco, affinchè vi esercitassero il divin culto.

Da ultimo il quinto, e'l più celebre tempio, che si ebbero i Stabiesi, era dedicato a Giove Stigio, o sia Plutone, e tuttavia in gran parte esiste in quel luogo, ove si dice Grotta di S. Biase perchè quell'infame spelonca consecrata al Nume infernale, dagli antichi Cristiani venne convertita al culto divino in onore di quel S. Vescovo, e Martire, e vi si è celebrata` la sacra liturgia fino all' an. 1695, tempo in cui dalla f. m. del Vescovo Stabiano D. Annibale di Pietro Paolo fu interdetta; e nella Chiesa Cattedrale venne trasferita la statua, e la cerimonia con la fiera, che vi si celebra annualmente. Una tale spelonca, secondo il costume dei Gentili, di tributare a' Dei infernali i templi alla radice de' Monti, fu incavata al piè d'una rupe, su della quale si eleva un'alto colle; ed ivi a venerare il loro Dio vi discendevano gl'ingannati idolatri quasi carpone per un declivio, che prendea l'accesso da una piccola porta dalla parte meridionale del tempio; e così prostrati, e trascinandosi quasi per terra vi si introducevano; e consultato l'Oracolo, e ricevutene le risposte, per altra via sotterranea, ed altra non sacra porta ne uscivano. Di queste porte, e di queste vie, io stesso ne ho fatto attentamente l'osservazione; e 'l tutto fedelmente cor

(1) Dionigi d'Alicarnass. Lib 1.

risponde a quanto ci descrive Antonio Vandale (1), allorchè impressa al vivo ci diè l' imagine dell' Oracolo di Trofonio, del quale parla Pausania (2). Esistono tuttavia queste porte, e queste strade; e quella, per la quale uscivano gli adoratori mette al luogo, ove si dice Ponte di S. Marco; e tal porta profana, quantunque si fosse più volte chiusa a fabbrica, è sta ta sempre riaperta dagli avidi ricercatori, i quali nell' interno della spelonca, e nelle vie vihan ritrovato varii pezzi, e lamine di oro, di argento, pietre preziose, e specialmente vasi, ed altri ornamenti di rame, proprii di coloro, che si portavano ad onorar Plutone. E da questi oracoli, e da queste risposte, che ascoltate nel tempio da coloro, che ne uscivano per la porta non sacra, vi è rimasto al luogo il nome di Carmiano; poichè esse universalmente si rendevano in verso.

Siffatta nomenclatura di Carmiano rimasta al luogo ha dato motivo ad alcuni, sebbene non rettamente d'inferire, che quel tempio, non già a Plutone, bensì ad Apollo fosse dedicato (3); mentre di questi soltanto era proprio, dare gli oracoli, e le risposte in verso. Dissi, che ciò venne non rettamente inferito; dapoichè quantunque sia troppo vero, che gli oracoli di Apollo si rendevano in verso; e perciò molti templi gli erano stati innalzati, fra' quali il più celebre fu quello di Delfo, detto perciò Pitio, perchè

(1) Antonio Vandale Lib. degli Oracoli p. 195. (2) Pausania Ne' Boetici.

(3) P. Serafino Ruggieri nell' Istoria di S. Maria a Pozzano.

rendeva i suoi oracoli, e le sue risposte in cleganti versi; a niuno però è ignoto, che in questo tempio istesso si rispondeva alcune volte in prosa. L'attesta chiaramente Cicerone (1), dicendo, che al tempo di Pirro avea già Apollo intramessa la sua consuetudine di far de' versi; e lo stesso riferisce Plutarco (2) tanto dell' età sua che delle precedenti. Egualmente è noto, che ne' tempi di altre Divinità era solito ascoltarsi in verso gli oracoli, e le risposte. Del tempio di Cibele il riferisce Apuleio (3); Lampridio (4) dice lo stesso di quello della Fortuna di Palestrina; e Plutarco lo afferma non solo del tempio di Ercole nella Focide, ma di altri ancora (5). Elio Sparziano (6) c'indica, essere per queste risposte in verso celebre il tempio di Giove Niceforo; e Dion Cassio asserisce, che Belo, venerato qual Dio nel tempio di Apamea in Siria, in verso rese i suoi oracoli a Severo, a Caracalla, a Macrino (7); e così in fine trovasi riferito da altri Autori, che troppo lungo sarebbe il riportarli nominatamente. Si aggiunga poi per la verità, che l'indicato tempio Stabia110 non ad Apollo, bensì a Plutone era dedicato, mentre non mai ad Apollo si son fabbricati de' tempii in luoghi sotterranei, ma solamente a Giove Stigio, e ad altri Dei infernali; quindi

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1) M. Tullio Cicerone Lib. II. De divination.

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2) Plutarcó nel lib. Perchè non si diano gli oracoli

in verso.

(3) Apulejo. Metamorfosi Lib. XI.

(4) Lampridio nella vita d' Alessandro. (5) Plutarco nel luogo citato.

(6) Elio Sparziano nella vita di Adriano. (7) Dione Cassio nella vita di Cesare,

Properzio (1) appella Plutone Dio della Regia oscura; e universalmente de' Dei infernali canta Tibullo (2).

Parcite pallentes umbras quicunque tenetis
Duraque sortiti tertia regna Dei

In fine tutto il fin quì detto si conferma dalle cose preziose rinvenute in detto tempio, essendo pur noto, che Giove Stigio si denominava potente in ricchezze; le quali vengono giudicate con sano avviso incitamento al male, come s'inferisce dalla iscrizione, che riporta Grutero (3) di Nerva Trajano, e da ciò, che ne dice lo stesso Tibullo (4).

Dives in ignava luridus orcus aqua.

La magnificenza di questa Città si deduce rettamente da altre moltissime sue prerogative, di cui parlerò in seguito: non voglio però tacere, che quantunque di presente sia più ristretta di quello era un tempo, per lo smembramento di alcune parti, che anticamente le appartenevano; nondimeno alla speciosità de' tempii Idolatri veggonsi sostituite magnifiche Chiese, Conventi di Regolari, Monasteri di sacre Vergini Chiese Parrocchiali, e segnatamente una insigne Cattedrale. V' ha pure un numeroso Clero se colare, e regolare; e niente può dirsi inferiore attualmente, che è in seno alla luce Evange

(1) Properzio. Lib. IV. Elegia 12. 2) Tibullo. Lib. IV. Elegia 5.

Grutero nel vol. delle Iscrizioni p. 21 n. VIII. (4) Tibullo. Lib. III. Elegia 3. Vedi Festo del significato delle parole p. 302. Chipping nel luogo citato ; molti altri.

e

lica, a ciò, che gloriavasi allora, immersa nelle tenebre della gentilità. Niente meno se allora vantava un bel Porto, edificato con grande spesa dall' architetto Difilo in quattro anni, per ordine del Senato Stabiano; anche di presente gode di un Porto (1) ancora più ampio, e sicuro detto il Molo, ove comodamente approdano tutto giorno infiniti bastimenti tanto esteri. che nazionali: le quali cose niuno può recare in dubbio, essendo ben note a tutti.

Fra le principali prerogative di questa Città. sono ad ammirarsi specialmente la temperatura del suo Clima, la salubrità dell' aere, l'abbondanza e l'eccellenza delle sue acque, la fecondità delle terre, la fertilità delle selve, e dei boschi, l'amenità del mare, la dilettevole diversità de' monti, e delle valli, di cui ragio

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(1) Distrutto quasi all' intutto l'antico Porto, pensò la Città di Castellamare nelle più rimole sue epoche di farsene un' altro, nello stesso luogo, ove era sito il pri mo ; e coll' ingente spesa di circa ducati sessantamila vi riuscì: così aprì l'adito ad un' esteso commercio di ogui genere di merci; e diede comodo, e sicurezza a' naviganti si nazionali, che esteri; i quali ne hanno usato mai sempre fino al 1785, tempo in cui l' immortale FERDINANDO I. di gloriosa ricordanza, avendo determinato di stabilire in questa Città un Ripartimento della sua Real Marina, come eseguì, vi fe costruire un magnifico Cantiere; e per la sicurezza di esso fece edificare sul Molo un Forte, che di presente vi esiste. Nè di ciò contento, fra'beneficii, di cui ha ricolmata la Città di Castellamare in ogni tempo, assunse a se l'opera del prolungamento, e nettamento del Porto: locchè si esegue costantemente dalla Real Marina; essendosi così reso più ampio, e più sicuro; e capace di accogliervi non solo qualunque bastimento ma le stesse navi da guerra. Not. del trad

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