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sati secoli della Chiesa qui si conservavano! Da essi avrem potuto senza meno molto ritrarre che or son costretto a tacere, e mi veggo obbligato di andar rintracciando testimonianze Dio sa con quanta industria, e quanti stenti dissotterrandole dalla polvere, e dall' obblìo : dapoichè qui non esiste alcun' Archivio nè Civile, nè Ecclesiastico, da cui potersi desumere con chiarezza le notizie de' veri fatti; e tutti i manoscritti, i protocolli de' Notaj, ed ogn'altra specie di scrittura per le tante incursioni de'nemici, pe' varii incendii, e dispersioni han subito un misero fine. Quanto sia ciò vero può dedursi semplicemente da quel che io stesso coi proprii occhi ho osservato ne' protocolli di No. tar Tommaso Mangrella di questa Città; ove ne esiston molti bruttamente sordidi, e logori; e per memoria dell' avvenuto vi si legge così notato non meravigliare se vedi ciò quando vennero qui i Francesi fecero un tanto disastro, cioè nel dì 13 del mese di Novembre 1654.

A tuttocciò si aggiunga quel che oltremodo è a compiangersi, che per la ignoranza de' tempi si deplorano infrante le diverse iscrizioni nei marmi espresse, dalle quali si avrebber potuto raccogliere le notizie dei varii avvenimenti, eď or si veggono miseramente ridotte in pezzi, e frammischiate nelle fabbriche, e nelle macerie. In tanta oscurità adunque io sarò sommamente circospetto nelle mie asserzioni; onde non si possa in me riprendere ciocchè ad altri, non per invidia ma a stretto rigor di critica, suole indossarsi tutto rivocherò a rigido esame; e quanto non potrò ad evidenza comprovare il lascerò all' altrui giudizio: in quanto può ado

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perarsi il raziocinio, non farò uso di chimere, ma di solidità allorchè non potrò asserir con certezza, specialmente ove manca la chiara verità de'fatti, e le cose rimangono avvolte in soverchia oscurità, proporrò il verisimile; quantunque, come si vedrà in progresso, ciò di ra

ro avvenga.

Per seguire intanto l'ordine stabilito, e prefissomi, convien sulle prime, ricercare della fondazione di Stabia. E qui è appunto, ove non può nulla decidersi nè del tempo, nè della persona, nè da qual popolo abbia tratta la sua origine. Volgendosi l'occhio a' tempi eroici, e favolosi, dove vien essa da alcuni fissata, il tutto è incombro di oscurità per siffatta maniera, che quanti han creduto di averne mostrata ad evidenza la origine, si sono grandemente ingannati. Altri più recenti Autori, ed essi nè tampoco bene avveduti, ne stabiliscono la fondazione assai prima di Roma, e credono provarlo con la testimonianza di Giovanni Pierio Valeriano (1), il quale sull'autorità di Plutarco (2), parlando di Romolo così si esprime: >> Romo» lo, non già educato fra' Pastori, come crede » il volgo, ma nella celebre Città di Stabia >> istituito completamente nelle lettere, e nelle » arti liberali, come ci attesta Plutarco, ed eru>> dito nelle scienze, apertosi l'adito, con felici auspicii, a quella felicità, cui pervenne; regolati i suoi affari, e stabilitosi il Regno, per» fezionò in pochi giorni quanto avea ideato » cioè divise i Senatori in dieci decurie, la Cit

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כל

́(1) Pierio Valeriano de' Geroglifici lib. 39 p. 417. (2) Plutarco nella vita di Romolo.

» tà in trenta Curie ec. ec. » questi, dicea, che così opinano, si trovano aver'enormemente errato, non avendo avvertito, che nella edizione di Pierio v'è corso un grave errore per la oscitanza de' tipografi, i quali invece della parola Gabiis, misero Stabiis. Plutarco infatti nel luogo citato da Pierio, dice, che Romolo venne istruito non già in Stabia, ma in Gabio. E che questa Città di Gabio fosse stata celebre all'epoca di Romolo, l'attestano Tito Livio, e quanti altri Scrittori parlano del vecchio Lazio: Essa era posta nella via di Palestrina, alla mettà dalla parte occidentale di Roma, ove è al presente il Campo Gabio, fra Colonna, e'l monte Porzio; quantunque vi siano altri Autori, i quali dicono, che Gabio abbia esistito, ove al presente si veggono i ruderi del Castello di S. Giuliano, alla sinistra della detta strada, che da Roma porta a Palestrina.

Non pochi altri sostengono, che Stabia fosse stata edificata da Ercole Egizio, più antico di Romolo; il quale siccome fabbricò l'altra Città, che dal suo nome fu detta Ercolano, così diede il principio a Stabia. E ciò lo rilevano dalla pietra di Ercole, donde per l'attestazione di tutti gli antichi incomincia il territorio Stabiano; e sembra inferirsi pure da Plinio il giovine, come si dirà in seguito. Ma in affare cotanto dubbio che mai potrebbe affermarsi di certo? tanto maggiormente, che come farò osservare, quello scoglio, detta pietra di Ercole non dal fondatore, bensì dal Nume, cui era intitolato, riportò la sua denominazione essendovi ivi stabilito un tempio ad onore di Erco-, le. Ciocchè solamente può affermarsi con sicu

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rezza si è, che la origine di questa Città dee fissarsi indubitatamente ad un' epoca oltremodo antica e rimota, quantunque non se ne possa stabilire con certezza il tempo. E questo si desume chiaramente dal testimonio di Cajo Plinio il vecchio, il quale, come è noto, fiorì a' tempi di Tito, e Vespasiano, cioè l'an. di C. 75. II lodato scrittore apertamente sostiene, al tempo di L. Cornelio Silla, essere stata questa Città fra altre magnifica, e celebre, vale a dire nell'an. di Roma 665, e prima dell' era volgare 88 (dopochè cioè venne occupata da C. Papio, secondo scrisse Appiano Alessandrino (1) ) e nella guerra sociale, resistendo ostinatamente al detto L. Silla, venne alla fine espugnata, e distrutta disgrazia, che subiróno parimenti non poche altre Città del nostro Regno, e di Italia, come è chiaro dalla Storia Romana. Ecco le parole di Plinio (2). » Nell' agro Campano fuvvi » la Città di Stabia fino a'Consoli Gn. Pompeo, » e L. Carbone (meglio L. Catone), e nel

giorno precedente alle Calende di Maggio L. » Silla nella guerra sociale l'espugnò, e la ri» dusse in cenere: dopo di che fu divisa in » Ville. » Questo solo a me sembra essere sufficiente per mostrare l'antichità, e magnificenza di Stabia, senza brigarci di quant' altro si potrebbe addurre in conferma.

Dalle cose già dette deriva regolarmente la incertezza de' popoli, da' quali questa Città ven

(1) Appiano Alessandr. lib. 1. della guerra civile ec. C. Papio occupò Stabia, Linterno, e Šalerno etc. (2) Plinio Istoria natural. lib. III. c. 5. Vedi pure Filippo Briet all' an. del M. 3964, ed altri.

ne edificata; e tantoppiù se voglia attendersi il
vario sentimento de' Storici, Messa quindi da bau-
da l' opinion di celoro, che ne fecero autore
Ercole Egizio, o altro che sia quell' Ercole, cui,
come ho accennato, vedevasi intitolato il tem-
pio su dello scoglio, che gli diede il nome; vi
son parecchi (1), che dicono essere stata que-
sta Città fabbricata da'Pelasgi; i quali dal fiu-
me Sarno, intorno a cui abitavano, furon detti
Serasti que' propriamente ricordati da Virgi-
lio (2), che fondarono Nocera, de' Pagani. Essi
sostengono, che questi
che questi popoli edificarono Noce-
ra, ed altre circonvicine Città, fra le quali Sta-
bia. E secondo tale opinione, giusta il compu-
to di Diodoro Siciliano (3), da tal' epoca fino
a' tempi di Polibio, e di Plinio vi passano cir-
ca anni 220. Altri ne fanno autori gli Osci, e
i Pelasgi amplificatori; e di tal sentimento è
il chiarissimo Partenio Niccola Giannattasio, che
meritamente vien detto il Virgilio Napoletano :
Ecco le sue parole (4)

Et Pompejanum, felicia littora Baccho,
Osci, quae quondam, et veteres tenuere Pelasgi,
Apparent, et rura: vago quae flumine Sarnus
Irrigat, et viridi praetexit arundine ripas,
Et veteres Stabiae, et crebris juga condita Sylvis;
Questi Osci, abitatori di Teano Sidico, furon

(1) Camillo Pellegrin. della Campagna Fel. discors. III. p. 547. Così dice pure Servio ne' Comment. a Virgil. e Conone lib. dell' Italia. Vedi Sanfelice, ed altri. (2) Virgilio lib VII. dell'Eneid. Sarrastes populos etc. (3) Diodoro Siculo lib. XIX.

(4) P. Giannattas. lib. V. Pompejanum Torre An

nunciala.

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