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unendosi il più strettamente possibile coi loro pastori, partecipino alla vita della Chiesa e spieghino in un'azione comune ed unanime tutta la pienezza dell'azione cristiana. Quando in un'analoga situazione l'antica Chiesa vinse un tempo il mondo pagano, quell'unanimità era completa, il legame che univa la comunità era si stretto, si fermo, che nell'elezione del Vescovo si ascoltava la voce del popolo.

Certamente il ristabilimento, introdotto dal tempo, di questa istituzione è probabilmente rimandato per un avvenire più lontano, e dipenderà da amichevole intelligenza fra Chiesa e Stato. Ma d'ora innanzi una partecipazione più generale e regolarmente organizzata dei laici alla vita cristiana e sociale della parrocchia ci sembra desiderabilissima; perchè esistono appena oggidi rapporti viventi e regolari, ad un tempo cristiani e sociali, fra la totalità della parrocchia come tale ed il suo pastore, il curato. Soltanto nel tempio di Dio od agli atti del culto il curato si trova in presenza della comunità intera; le opere di carità cristiana sono abbandonate agli Ordini religiosi, a particolari, a Società libere, di cui molte persone non vogliono far parte sia per indifferenza, sia per un timore che non è assolutamente illegittimo. La parrocchia non ha quasi in nessun luogo un organo, perchè i Consigli di Chiesa (Kirchenvorstaende) dei nostri giorni sono limitati ad un terreno molto ristretto, é non sono nemmeno l'ombra d'una vera rappresentanza. E nondimeno la amministrazione della ricchezza ecclesiastica non è il tutto; vi è anche la cura dei poveri, degli ammalati, degli infelici di ogni sorta, l'educazione cristiana della gioventù, l'autorizzazione di stabilimenti per Ordini religiosi facendo capitale sui mezzi dei fedeli, o volendo esercitare un'influenza nel seno del Comune: vi è la partecipazione alle missioni ed agli affari generali della Chiesa. Tutto ciò dovrebbe, per essere fedeli all'idea cristiana, essere lo scopo dell'intiero Comune unito col suo pastore con istituzioni conformi al nostro tempo e aventi riguardo a quegli interessi.

Noi non intendiamo limitare la carità libera degli individui, i gloriosi servizi e lo spirito di sacrifizio degli Ordini religiosi, né l'azione pastorale de'ministri di Dio; noi vi pensiamo tanto meno, che un'organizzazione religiosa, come noi l'abbiamo definita, non avrebbe alcun potere esecutivo. Ma speriamo fermamente che una simile organizzazione attirerebbe a sẻ la grande quantità dei laici, che renderebbe possibile un'unione soddisfacente ed una direzione ben combinata di tutte le forze, che la Chiesa potrebbe combattere con miglior esito i mali sociali del tempo presente, che realizzerebbe più sicuramente l'influenza del Clero sul popolo, che riuscirebbe meglio ad informare di principii cristiani la vita privata de'particolari, che essa reagirebbe più efficacemente contro l'indifferenza religiosa, che arresterebbe più facilmente le tendenze esclusive, che getterebbe cosi più prontamente un ponte sull'abisso che s'ingran

disce di giorno in giorno fra i sedicenti buoni cattolici od i cattolici comuni.

Venerabilissimo Signore,

non

Il desiderio ardente che anima il Santo Padre, tutto il venerabile Episcopato, ogni cattolico fedele, e specialmente noi Cattolici tedeschi, il desiderio di vedere le confessioni prote stanti che sono separate da noi riconciliarsi colla Chiesa, ha alcuna probabilità di realizzarsi, se da parte nostra non facciamo qualche cosa di decisivo per allontanare il timore e la diffidenza de' nostri fratelli, per vincere pregiudizii, per risvegliare la confidenza. Ora, quanti loro pregiudizii non scomparirebbero immantinente, se vedessero rivivere ed agire presso di noi que'grandi organi della Chiesa, rifiorire in mezzo a noi una vera vita parrocchiale, adempiendo i doveri sociali del Cristianesimo; se non potessero più essere tentati ad avere il diffidente timore di vedere i fedeli utilizzati da una gerarchia ambiziosa, e gli spiriti violentemente diretti od inclinati da essa verso false vie. Ciò che un tempo avrebbe probabilmente impedito lo scisma di nascere, sarebbe ancora oggidi il mezzo il più efficace per farlo cessare. Ora si disperò della gerarchia, perché fu accusata di aver cagionato la decadenza della vita cristiana, e questa disperazione, esplicabile ne' tempi in cui si è manifestata, ma attestante poca fede, fece nascere dottrine che dovevano rendere la gerarchia superflua. La vecchia Chiesa cristiana, la vecchia vita comunale, ecco ciò che si voleva ristabilire; non vi si riuscì, perchè si avea rigettato l'autorità sacerdotale, sulla quale soltanto si può costruire una comunità cristiana; ma noi che abbiamo conservato queste ferme colonne, noi potremo facilmente, su quelle fondamenta rimaste intatte, aggiungere le pietre sovrapposte ed accumulate; noi possiamo costruire il tempio sublime, di cui le grandi porte aperte lascieranno passare lietamente, se Dio vuole nella sua misericordia, i fratelli che

ritorneranno.

Finalmente un'altra questione di qualche importanza, che noi vorremmo sottomettere a Vostra Eccellenza ed a tutto l'Episcopato convocato al Concilio Ecumenico, riguarda l'istituzione dell' Index librorum prohibitorum.

Noi sappiamo essere sacro dovere delle Autorità ecclesiastiche il vegliare sulla purità della dottrina, indicare gli errori e correggerli, ricondurre i traviati nella via diritta. Ma la procedura adottata nei secoli passati per adempiere a questo dovere, la registratura in un pubblico catalogo degli scritti contenenti idee erronee, equivoche od immorali, e la proibizione di leggere quei libri senza autorizzazione speciale de superiori ecclesiastici, tal maniera di procedere non ci sembra nè appropriata allo scopo che si propone, nè conforme allo spirito ed alla dignità della Chiesa, ne salutare allo sviluppo delle scienze.

Questo sistema non adempie al suo scopo, perchè è mate

rialmente impossibile di registrare tutti gli scritti che contengono proposizioni erronee e pericolose; dipende dunque sovente dal caso, sovente da una denunzia, che un libro sia o no registrato. Finalmente non sono le stesse dottrine erronee e pericolose che si dinota, ma i libri, di cui la lettura é proibita, e gli autori di quei libri. Ora la proibizione di leggere somiglianti scritti non può, in molti casi, esser presa in considerazione dalla maggioranza de' Cattolici istruiti; ed in generale, come Vostra Eccellenza lo sa molto bene, questa proibizione non è punto considerata. Tal sistema non è punto conforme alla dignità ed allo spirito della Chiesa, poiché sovente autori cattolici e credenti, che s'ingannarono colle migliori intenzioni, o la colpa de'quali consiste nel dire cose che dispiacquero, si trovano, posti colla iscrizione del loro nome, a lato ad autori di opere veramente infami, notificate come pericolose, e per sempre diffamate, mentre che la scienza e la Chiesa dovrebbero ai primi piuttosto riconoscenza per i servizii importanti. Finalmente questo sistema non è salutare, pel progresso delle scienze, perchè il timore di attirarsi quella pena diffamatoria con qualche falso passo, o qualche sbaglio involontario, forse anche in conseguenza dell'ossequio spontaneo d'un avversario, sta pendente come un peso di piombo sull'investigazioni di sapienti cattolici. Noi dunque esprimiamo il voto che piaccia al futuro Concilio di sopprimere l'Index librorum prohibitorum. È diritto dell'Autorità ecclesiastica di metterci in guardia, per mezzo de' nostri pastori, contro dottrine erronee e libri immorali quando e tutte le volte che essa lo crede necessario; ma la persona che s'inganna involontariamente ha il diritto di attendere dalla carità cristiana de' suoi superiori che si tenga conto del suo nome e della sua riputazione, finché essa persona sia pronta, umilmente credente, a rinunziare all'errore, e specialmente quando un pericolo estremo per la salute delle anime non esige la denunzia pubblica di colui che insegna false dottrine.

Tali sono, Venerabilissimo Signore, le convinzioni ed i voti che la nostra coscienza ci ha spinti ad esprimere innanzi a voi. Essi meritano, ci sembra, d'essere ascoltati tanto bene quanto tutti gli altri che sono ispirati da un fedele attacco alla nostra Santa Chiesa, con sincere apprensioni pel suo bene, e che si sono formati colla riflessione di lunghi anni. Noi abbiam preso la determinazione di metterci pubblicamente avanti per il sentimento del dovere, vivamente risvegliato in noi dall'antipatia generale, con cui si accolsero nei circoli cattolici le dottrine qui sopra indicate della Civiltà, e dalla timidità deplorabile che fa esitare tante persone, le quali dovrebbero agire diversamente e parlare altamente con coraggio. Il triste scisma del sedicesimo secolo anch'egli fu preceduto immediatamente da un Concilio Ecumenico, che non esercitò alcuna influenza favorevole sullo sviluppo delle cose. Se oggidi le popolazioni cristiane debbono realmente essere riguadagnate alla Chiesa dal Concilio, bisogna che

in faccia a pretersioni esclusive e decisive la Chiesa insegnante e governante si a istruita comp stamente dello stato deg : spiriti con profices ont chiare e nette, è che possa cost far ragione ai ver bisogni del tempo. Per co noi ci sentiamo obbligati a coope rare a quest'ozzetto secondo le nostre forze, noi che siamo risoluti, da fii federi della Chiesa, e di vivere è di morire coll'aiuto di D.o ne una colla Chiesa, e colla Santa Sede di Roma, ed in una obbedienza fig.ale verso Vostra Eccellenza, nostro Vescovo.

Dalla Rivista Universale, ottobre 1869, fasc. 84, vol. X.)

Documento XVI.

Il Conte Carlo di Montalembert ai Cattolici di Coblenza.

Due volte, da alcune settimane, mi sono avvicinato alla tomba, senza potervi trovare quella libertà, presso la quale io sospiro, e che il buon Dio mi fa aspettare cosi lungamente. Ciononostante la fine dei miei mali non può tardare; e sin d'ora mi sembra ch'io possa giudicare delle cose e delle persone di quaggiu con un disinteresse ed una indipendenza, che sono solamente privilegio della morte. In mezzo a questa rovina del corpo la mia anima mi sembra abbia conservato un certo vigore, e perciò con intima e profonda gioia il mio cuore ed il mio spirito si rifugiano sulle rive del Reno, dove si sono sviluppate le mie prime impressioni di studente, ed ove io ritrovo oggi le sole consolazioni che mi sia dato di incontrare nella sfera d'un pubblicista politico e religioso. Queste consolazioni, a voi, Signore, io le debbo ed ai vostri amici, al vostro eccellente giornale Kolnische Blatter, al dotto e coraggioso Foglio Teologico di Bonn, ma soprattutto all'ammirabile indirizzo di alcuni laici di Coblenza al Vescovo di Treveri, del quale indirizzo voi avete fatto pubblico il testo ed aveste la bontà di mandarmene una copia. Io non saprei dirvi quanto sia stato commosso e consolato da questa gloriosa azione della coscienza e della ragione dei Cattolici « d'altri tempi. » Parmi vedere risplendere un lampo in mezzo alle tenebre, e sentire finalmente un accento virile e cristiano in mezzo alle declamazioni ed alle adulazioni disgustanti, dalle quali siamo assordati. Tutto mi vi è parso da approvarsi tanto nella forma che nella sostanza. Io ne avrei volentieri sottoscritto ogni parola. Permettetemi d'aggiungere che mi sento un po' umiliato all'idea che voi, Allemanni del Reno, avete avuto questa volta l'iniziativa di una dimostrazione che spettava tanto bene agli antecedenti dei Cattolici francesi, come alle convinzioni che nella prima metà del

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secolo XIX ci hanno valso l'onore di inaugurare la difesa della libertà religiosa sul continente ...

(Dalla Rivista Universale, ottobre 1869, fasc. 84, vol. X.)

Documento XVII.

Il nuovo Regolamento del Concilio e la sua importanza teologica.

1

Il nuovo Regolamento imposto al Concilio dai cinque Legati cardinalizi è affatto diverso da quanto fu praticato nei Concilii precedenti, e per di più esercita una decisiva influenza sull'ulteriore andamento di quest' Assemblea e sui molti decreti che dalla stessa verranno emanati. Esso merita quindi il più attento esame. Per orientarsi nella storia, basterà l'accennar brevemente che durante il primo millenio per i Concilii Ecumenici della Chiesa antica non si aveva un Regolamento determinato. Solo per i Concilii provinciali romani e spagnuoli esisteva un cerimoniale liturgico. Tutto veniva proposto ad Assemblea completa; ogni Vescovo poteva fare le proposizioni che voleva, e tanto i presidenti laici mandati dagli Imperatori, quanto quelli spirituali, mantenevano l'ordine e dirigevano in modo semplice le discussioni. I grandi Concilii di Costanza e di Basilea si fecero un Regolamento proprio, poichè in essi furono introdotte la divisione e votazione per nazionalità. A Trento simili disposizioni furono di bel nuovo abbandonate, ma i Legati che presiedevano, si posero per ciò che riguardava il Regolamento d'accordo coi Vescovi, il cardinale De Monte lo fece votare e tutti l'approvarono. 2 Da nessuna parte vi fu opposizione. Cosi dunque l'odierna Sinodo romana è nella storia ecclesiastica la prima, nella quale ai Padri radunati sia stato prescritto, senza essere stati consultati, il modo di procedere nei loro lavori.

Il primo Regolamento risultò nella pratica di impaccio cosi grande, che diverse frazioni dell'Episcopato diressero al Papa ripetute domande onde ottenere che venisse mutato e concessa libertà d'azione. Inutilmente; ma due mesi e mezzo dopo 1 cinque Legati stessi s'avvidero che, affinchè il Concilio non rimanesse interrotto, era cosa necessaria ed urgente il cambiarlo e migliorarlo. Ma in questo nuovo Regolamento non si tenne alcun conto delle petizioni dei Vescovi.

Due cose, sopra tutte le altre, si devono in esso notare.

In primo luogo, che tutta l'autorità e l'influenza sull'andamento del Concilio è riposta nelle mani dei Legati presidenziali e delle Deputazioni, in modo tale, che il Concilio stesso, di

1 Messo in iscritto dal Pseudoisidoro e stampato dal Mansi, Concil Coll,, I, 10. 2 Le Plat, Monumenta, III, 418: Dicant Patres, utrum hic modus procedendi eis placeat. "E si votò su questa formula.

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