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ed indeterminate divergenze d'opinione si erano concrelate in una vera opposizione, se non affatto unanime, se non ancora ben disciplinata, certo però più grave che nessuno avesse osato sperare. Ma quel che le dava maggior peso e ne costituiva tutta l'importanza, era la sua composizione, della quale or noteremo i principali elementi.

18. Stava primo nell' opposizione l'episcopato tedesco quasi unanime, condotto da personaggi come l'arcivescovo di Vienna, il cardinale Schwarzemberg e monsignor Hefele vescovo di Rottenburg, uomo di vasto sapere e di profonde cognizioni in materia ecclesiastica. L'episcopato tedesco è uno dei meglio composti per dottrina e per condizione sociale, ed essendo il più unito aveva raccolto in un'azione uniforme e comune anche quei membri che sembravano a questa meno disposti, come l'arcivescovo di Magonza anch'esso illustre per dottrina, l'arcivescovo di Colonia ed altri. Esso ha pur dimostrato il più gran vigore e la maggior disposizione alle discussioni. L'arcivescovo di Vienna mostrò in una delle ultime discussioni una tal vivacità, e trasse la presidenza in così grande imbarazzo, che gli fu accagionata dal pubblico la sostituzione del De Angelis al De Luca nella direzione del dibattimer.to; sostituzione avvenuta dopo quella tempestosa adunanza, ma che forse fu semplice effetto dell' ordinamento della liturgia gerarchica. Dei cinque presidenti il più anziano conduce le discussioni: colla morte del cardinal Reisach avvenuta ultimamente, il cardinal De Luca venne nelle condizioni volute per adempire quell' uffizio: con la nuova nomina del car

dinal De Angelis, per la stessa ragione che questo era il più antico cardinale, il De Luca alla sua volta gli cedette il loco. Lo Schwarzemberg era portato fra i primi dalla chiarezza dei natali, dalla franchezza dei modi e dalla fermezza del linguaggio. Quasi tutti gli altri potrebbero citarsi ad uno ad uno per qualche titolo ed essere particolarmente notati. L'episcopato di Ungheria e della Croazia, guidato dal Primate d'Ungheria, dal vescovo di Bosnia e Sirmio, e da quel di Colocza, faceva gruppo col tedesco; ed ha dato i migliori oratori si per la sostanza come per la forma. Il vescovo di Bosnia e Sirmio, monsignor Strossmayer, era tenuto universalmente come il più splendido oratore, il miglior latinista e il personaggio dominante. L'arcivescovo di Colocza, monsignor Haynald, è in fama di vasta dottrina e di sentimenti assai liberali, e, secondo quel che si narra, sarebbe quegli che con un suo discorso avrebbe deciso la sorte finale del poco avventurato schema. Un terzo circa dell' episcopato francese, seguendo con varie gradazioni le orme dell' arcivescovo di Parigi, del vescovo d'Orléans e del Maret, l'autore del libro Del Concilio generale e della pace religiosa; l'episcopato americano quasi tutto, e circa venti vescovi italiani componevano con i primi e con altre piccole frazioni o persone, con lievi differenze, il totale dell'opposizione, che per il grado di coltura dei suoi membri, per gl' illustri personaggi, dei quali si onorava, per le popolazioni che rappresentava, compensava in parte quanto le mancava per il numero.

19. Fra gl' Italiani si parlò per un momento in quei giorni di monsignor Tizzani, vescovo di Nisibi

in partibus, pel discorso sopra accennato. Vecchio e cieco, per la facilità della locuzione e per la vivacità dell' argomentare fece una certa impressione sull'Assemblea. Nelle successive discussioni anche altri si mostrarono oratori, fra i quali il vescovo di Casale, quelli di Biella e di Salerno; ma tuttociò con poco costrutto, perchè degl' Italiani per le ragioni già indicate pochi e timidamente si univano all'opposizione, mentre non erano nè universalmente nè molto attivamente nell' altro campo. È perciò assai difficile dare un giusto giudizio sopra le disposizioni dell' episcopato italiano. Da quel che apparisce, esso, abbondando generalmente piuttosto nel senso romano, non sarebbe neppure stato universalmente un istromento cieco nelle mani del così detto partito cattolico, perchè in molte questioni un certo spirito di moderazione sembrava aver guadagnato adagio adagio terreno fra loro.

20. L'effetto del voto di sfiducia manifestato col rinvio del primo schema, e del disinganno provato per la sessione pubblica del 6 gennaio, fu l'accresciuto rigore del Regolamento. In una delle prime congregazioni che seguirono, i presidenti ammonirono i Padri sulla lunghezza delle orazioni, e sopra l' inutile ripetizione di cose che fossero già state dette da altri: di più gli ammonirono severamente sopra la conservazione del segreto, aggiungendo alla semplice ingiunzione già inculcata nel Regolamento, come dovessero giudicarsi rei gravis culpa, cioè di peccato mortale coloro che lo avessero infranto. L'ultima ammonizione produsse vario effetto secondo le varie opinioni. Coloro che credevano essere il Concilio un'Assemblea sovrana, la

quale non dipende che da se stessa, si dimandavano chi potesse infliggere ai Padri una tal sanzione, e stimavano che, se il segreto poteva essere un giusto mutuo obbligo di convenienza, non potesse divenire un vincolo di coscienza fino al segno di far rei di grave colpa i Padri che l'infrangessero. Giova però aggiungere che non ostante queste opinioni il segreto del Concilio, particolarmente nel principio, per esserne partecipi più di mille persone fu abbastanza conservato, e quel che ne traspirava era più per le piccole indiscrezioni di molti che per la rivelazione di un solo.

21. Così pure fu proibito ai vescovi di stampare le loro orazioni anche semplicemente ad uso dei loro colleghi; com' erasi già proibito al Diario di Roma di pubblicare perfino i nomi degli oratori, secondo che si era lasciato fare per le prime congregazioni. Veramente pareva che i regolatori del Concilio avessero preso a cura di giustificare le apprensioni nate fin dal primo apparire del Regolamento, e che avevano già fomentato il malcontento, che cioè quello sarebbe adoperato fino alle sue estreme conseguenze a danno dell'opposizione, contro la quale si sarebbe usata ogni sorta di violenza morale: lo che doveva naturalmente produrre e produsse conseguenze affatto contrarie alla intenzione.

22. Lo schema rinviato alla Commissione per la fede fu dato a studiare di nuovo, e se è vero che nella Commissione destinata a quest' ufficio figurassero coloro che l'avevano composto, fra i quali il Padre Franzelin, le modificazioni non potevano sperarsi tali da contentare quelli che l'avevano combattuto.

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III.

Primi moti per l'infallibilità. Altri schemi.

1. Intanto gl' Infallibilisti continuavano l'opera loro fuor delle trattazioni conciliari. Un indirizzo venne portato attorno dall' arcivescovo di Westminster, e dai padri della Civiltà Cattolica, accompagnato da una lettera diretta ai vescovi per chiedere al Concilio la proclamazione dell'infallibilità personale del Papa in materia di fede e di costume.

2. Si aveva un bel fare e un bel dire di altre materie, questo era il punto dominante delle cose, la questione del Concilio Vaticano: tutto il resto cedeva il loco, o si agglomerava intorno a quello. Ognuno a suo modo, e secondo il suo concetto e i suoi desiderii, sentiva che li stava il to be or not to be.

3. La lettera era firmata da diciotto vescovi di varii paesi; d'Italiani ve n' era appena o nessuno. L'indirizzo portava in testa la firma dell' arcivescovo di Westminster, e dicevasi anche quella dell'arcivescovo di Baltimora, uno dei pochi americani infallibilisti.

4. L'indirizzo con molta destrezza veniva diretto alla Commissione destinata ad accogliere le proposte de' vescovi, ossia era la prima proposta vescovile di grave importanza che si presentava a quella per ottenere la facoltà di essere ammessa alla discussione. Era tutto quel che gl' Infallibilisti avevano potuto effettuare del programma annunziato dalla Civiltà Cattolica, secondo il quale l' infallibilità avrebbe dovuto procla

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