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II. La presenza dei malvagi nel mondo, e la loro mistione tra i buoni coi varii attriti e colle varie vicende, che ne conseguono, come costituisce uno dei maggiori incomodi della vita. pratica, così formò sempre uno dei maggiori rovelli della speculativa, per chi si volle mettere a cercarne le cagioni e gli effetti. Certo parrebbe che gli uomini ne starebbero assai meglio, senza l'intrusione di quell' elemento ostile; e ad ogni modo non si vede a prima giunta, come l'ordinatore dell' universo morale, se un ordinatore ha pure avuto quest'universo, abbia potuto introdurvi, e possa lasciarvi crescere e abbarbicarvisi e dilatarvisi quella generazione malaugurata di tristi, la quale di tante calamità e di tanti dolori si fa origine; di tal che non istà per lei, che ogni cosa non ne vada in ruina. La quale difficoltà parve essersi fatta più grave dopo lo stabilimento del Cristianesimo, per effetto del quale la virtù dei buoni essendo divenuta tanto più perfetta, più ampia e più cospicua, essi pareva avessero qualche diritto di vedersi sparire, od almeno diradare dal fianco una compagnia cotanto invisa, e per tanti titoli così molesta. E pure collo stabilimento del Cristianesimo i malvagi, massime nel principio, raddoppiarono di vigore, e pel contrapposto diventarono forse più feroci e certamente più scandalosi. Or come mai ciò può aver luogo sotto il governo di un Dio santissimo, dal quale, tanto solo che il volesse, si potrebbero spazzare con un soffio tutti i malvagi e tutte le malvagità dalla terra, che ne resterebbe purificata come un limpido aere dopo sereno aquilone? Perchè mai egli, onnipotente ed odiatore dei malvagi, non li schianta tutti, e mandandoli tutti alla malora, non lascia i giusti suoi figli vivere in pace tranquillamente?

A queste domande, e ad altre somiglianti, che si potrebbero muovere in siffatto soggetto, risponde la parabola delle zizzanie, la quale Gesù propose in questi termini: «È assomigliato il « regno dei cieli (vuol dire avviene del regno dei cieli come 3) ad << un uomo, che seminò buon seme nel suo campo. Ma mentre << tutti dormivano, venne un nemico di lui, e soprasseminò ziz<<zanie in mezzo al grano, ed andò via. Ora essendo cresciuta « l'erba, ed avendo recato il frutto, allora apparvero ancora <<le zizzanie. Ed accostandosi i servi a quel padrefamiglia, << gli dissero Signore, or non seminasti tu nel tuo campo<< buon seme? Onde ha dunque queste zizzanie? Ed egli disse

<<< loro: Uomo nemico ciò fece. Ed i servi gli dissero: Vuoi ne << andiamo a sterparla? Ed egli a loro: No, non forse sterpando « le zizzanie, sbarbichiate con esse anche il grano. Lasciate <«< che le une e l'altro crescano fino alla mèsse; e nel tempo della mèsse dirò ai mietitori: Raccogliete prima le zizzanie « e legatele in fasci per essere bruciate: il grano poi ripone<< telo nel mio granaio. »

Vuolsi qui notare in primo luogo, che nelle parabole, ed in generale in tutte le similitudini, che si recano a significare qualche cosa, non si può pretendere, che tutte le parti di quelle rispondano a capello alle condizioni della cosa significata. Molte aggiunte e molte particolarità s'introducono nella similitudine a semplice ornato o compimento della favola, come i maestri dell'arte chiamano la somiglianza inventata, senza che abbiano alcuna rispondenza col soggetto per quello figurato. Così sarebbe puerile l'andar cercando che cosa si significhi quì dal sonno del padrefamiglia, dai servi e dal loro discorso con lui; ma il concetto generale, che i malvagi non furono nel mondo introdotti da Dio, sì vi vennero soprasseminati dal maligno, e che si lasciano commisti ai buoni fino alla mèsse, che sarà il tempo del grande discernimento; quel concetto, dico, è espresso con maravigliosa evidenza dalla parabola. Qui il Figliuolo dell'uomo ci è rappresentato qual verissimo Iddio, siccome quegli, che seminò, cioè creò il genere umano sopra la terra; e vel seminò non pur buono, ma santo per la giustizia originale, onde dotollo. La malvagità vi fu soprasseminata dal demonio colla suggestione del primo peccato, malaugurata radice di tutti gli altri; i quali vi furono lasciati germinare per dimostramento della divina giustizia, ch'è il fine accennato nella parabola; ma si potrebbe aggiungere quest' altra ragione; che cioè i malvagi sono nel mondo una tale zizzania, che giova mirabilmente al rigoglioso prosperare del buon grano. Le zizzanie poi dette dagli Ebrei † (zonin) sono il loglio, il lolium temulentum dei botanici, del quale gli antichi credevano che mangiato pregiudicasse notevolmente alla vista. È poi chiaro, che trovandosi le radici del loglio implicate con quelle del frumento, sarebbe stato impossibile sterpare il primo, senza sbarbicare insieme anche il secondo.

Ma noi non abbiamo bisogno di specolare da noi l'inter

pretazione della parabola, essendosi degnato il N. Signore di darlaci piena altrettanto, che quella del seme variamente sparso. << Come, entrati che furono nella casa dopo di avere licenziate le turbe, i discepoli si trovarono soli con lui, gli si strinsero attorno (accesserunt ad eum), e gli dissero: Spiegaci la parabola delle zizzanie nel campo: » Edissere nobis parabolam zizaniorum agri. Quell' edissere esprime molto bene il greco φράσον; mercecchè il φράζειν, ben diverso dal λέγειν e dal λάλειν, vale propriamente spiegare, esporre, dichiarare; tanto che pei Greci la pass è quello, che i Latini dicono stilus. Il Signore fè tosto paga quella preghiera, esponendo in ciascuna sua parte la parabola; e noi ascoltandola dalle divine sue labbra, facciamo di ponderar bene, come, in questi pochi semplicissimi tratti, ci è rivelato niente meno, che il modo, onde verranno irrevocabilmente fermati gli eterni nostri destini.

Gesù pertanto disse: « Colui, che semina il buon seme, è « (questo è vale significa, rappresenta, e così appresso) il Fi<< gliuolo dell' uomo; il campo poi è il mondo; il buon seme << sono (qui ridonda un hi) i figliuoli del regno (e vuol dire i giu

sti, gli eletti, gli eredi del paradiso); le zizzanie poi sono i figli << del maligno (il nequam è genitivo: Tou Tovnрo). Il nemico << che le seminò è il diavolo, e la messe è la consumazione del << secolo (cioè a dire la fine del mondo); i mietitori poi sono << gli angeli. Siccome dunque si raccolgono le zizzanie e si « bruciano nel fuoco, così sarà nella consumazione del se<colo. Il Figliuolo dell' uomo manderà i suoi angeli, i quali << raccoglieranno dal regno di lui tutti gli scandali (per una << consueta figura così chiama gli scandalosi ), e coloro che << fanno l' iniquità; e li cacceranno nel camino del fuoco: ivi << sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti rifulgeranno << come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi da ascol<< tare, ascolti 1o. » Qui, come vedete, ci sarebbe a fare altro che una sola predica, ed oh quanto profittevole ! quanto spaventosa pei malvagi! quanto consolante pei buoni! Ma io non fo prediche; fo Lezioni esegetiche e morali; ed in questo tratto non vi è quasi luogo all' esegesi: tanto esso è chiaro; e la grande morale, che vi è, non ha, per la sua medesima evidenza, alcun bisogno di essere dichiarata, l'ha grandissimo di essere meditata da noi ". Deh! cari! chi potrebb' essere indifferente innanzi a codesta for

midabile alternativa, la quale nel novissimo giorno dovrà per ciascuno di noi venire definita, ed irrevocabilmente definita? Dio immortale! Essere o loglio, o frumento! O venire gettato nella fornace del fuoco in pianto e stridore di denti, ovvero rifulgere come il sole nel regno di un padre! Ora chi altro, salvo solo un insensato, un pazzo potrebbe dirsi indifferente tra questi due così diversi estremi? E pure di questi insensati, di questi pazzi è pieno il mondo! Se ve ne siano ancora in questo tempio, io non so; ma ciascun di voi dee saperlo almeno di sè medesimo.

III. L'ammaestramento per via di parabole ebbe, tra gli altri, questo vantaggio, che per esso potè Gesù, intorno ai futuri destini della Chiesa, che egli era venuto a fondare nel mondo, prenunziare di lei, senza recare troppa meraviglia, alcune grandezze, le quali allora sariano parute affatto impossibili ed incredibili, e che dai mal disposti, che erano attorno a lui quasi tutti, lo avrebbero fatto tenere a dirittura per un forsennato. Proponendo tali cose come nascoste sotto l'involucro di quelle semplici similitudini, avveniva che i presenti poco per lo più ne capissero, meno vi badassero; e di fatto non si legge, che alcuno. mai ne pigliasse scandalo o gliene movesse rimprovero: e pure furono i suoi nemici così desti, così perspicaci a cercargliene, onde che fosse, cagione! Pare dunque che quei predicimenti passassero poco meno che inosservati allora, appunto perchè proposti sotto l'invoglio delle parabole; ed intanto quando se ne vide appresso l'avveramento alla lettera, tutti poterono avere nuovo argomento della divinità di lui, che il futuro non prevedeva già, ma vedeva, come le cose presenti si veggono. Di questo genere sono la parabola del granello di senapa riferita da Matteo e Marco, e l'altra del seme che germina da sè, rapportata dal solo Marco. Chi avesse visto per quel tempo l'esilissima e spregevole cosa, che era quel pugno di pescatori idioti attorno ad un nuovo profeta, inviso a quanto vi era di più addottrinato e di più potente nella nazione, non potea presagirne nulla che valesse. Che se, oltre a ciò, avesse saputo, che quel profeta sarebbe stato con morte violenta cacciato via dal mondo, avrebbe dovuto pensare, che quando pure ei fosse riuscito, nel brevissimo corso della sua vita operosa, a stabilire qualche cosa, tutto sarebbe ruinato e finito al suo mancare, prima di aver dato all'opera sua,

non che altro, i primi avviamenti. Ora avvenne egli forse così? Guardate il mondo invaso in piccolo tempo ed ora coperto dal Cristianesimo, ed avrete la risposta. Questa stupenda virtù d'incremento, od aumentativa, come dei viventi gli antichi la dissero, fu simboleggiata dal Signore nella parabola del granello di senapa; e la circostanza, che quegl'incrementi si sarebbero avuti anche nell'assenza di chi avealo seminato, ci fu espressa, secondo che a me pare, dall'altra, che dissi del seme da sè. Dopo que- · ste dichiarazioni, io non debbo, che riferirlevi, col frapporvi qualche piccolo schiarimento, perchè voi di entrambe intendiate la significazione e la portata.

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Gesù pertanto propose loro (alle turbe ed ai discepoli) « un'altra parabola, dicendo: A qual cosa assomiglieremo noi << il regno dei cieli? o a quale immagine (cui parabolae è nel << testo; ma vale qui appunto immagine o figura) lo paragone<< remo? Il regno dei cieli è somigliante ad un granello di se<< napa, il quale un uomo prese e seminò nel suo campo. Quello << è il più piccolo di quanti semi sono in terra (intendi di quelli, << che si adoperano nell' uso comune della vita); ma quando sia << seminato, e cresca, e si alzi, è il maggiore di tutti gli erbaggi, «<e diviene albero, e fa grandi rami; tanto che gli uccelli del << cielo possono venire ad abitare (xxτaszηvov 13 non è far nido, « ma semplicemente ricoverare, riposare) sotto i suoi rami. » A questa parabola nè il Signore aggiunse, nè gli Apostoli domandarono l'avτалódov o spiegazione che voglia dirsi, forse perchè, così in generale, era per sè abbastanza chiara. Ma noi per fermo non ne abbiamo nessun bisogno; noi che sappiamo, il seme terreno del Cristianesimo essere stato veramente il menomo di quanti mai se ne ponessero in terra per qualsiasi altra istituzione; ed ora vediamo coi nostri occhi quel seme cresciuto in albero, e di così smisurata ampiezza, che sotto i suoi rami si è ricoverata forse la maggiore, e senza forse la miglior parte del genere umano; lo vediamo così tenacemente, così profondamente abbarbicato nella terra, che questo regno dei cieli ha seppellito quanti regni della terra gli si trovavano e gli sursero accanto, e ne seppellirà, non ne dubitate, parecchi altri, fino all' ultimo dell' Anticristo. Qui gl' Interpreti sogliono notare, che la senapa nella Palestina assorge ad altezza e si dilata in ampiezza di rami ignota nei nostri climi; e certo Rabbi Simeon lasciò memo

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