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predica. E gli altri di ripicco a scongiurarlo di non accrescer loro le noje delle già troppe inutili digressioni udite, e di non isprecar il suo zelo con indocili ascoltatori. Ma allorchè il piissimo Prelato fu asceso all'ambone, dall'argomento in discussione scivolò ben tosto in un'ascetica parenesi, di che i colleghi già posti sull'avviso, incominciarono ad uscire in qualche sorriso sommesso, e quindi l'ilarità propagatasi gradatamente per tutta l'aula conciliare, fe' sorgere un generale ma scherzevole bisbiglio, e gli eminentissimi Presidi, sebbene pieni d'alta stima pel disserente, non poterono a meno di richiamarlo all'argomento, in ossequio al regolamento prestabilito, col tocco del campanello. Ma egli, infervorato nella sua lettura, e per la distanza dal seggio de' Presidenti, e pei festevoli rumori degli altri prelati, non udì nè il primo, nè un secondo richiamo; sicchè fu d'uopo che un confratello salisse dietro di lui per avvisarlo di ottemperare al precetto presidenziale. Fu quella una piccola mezz'ora di giocondità tutta fraterna ed amorevole, che esilarò i Padri attediati da una delle frequenti lunghe e poco proficue sedute; ma nei fogli indettati dalla malignità e dal livore essa fu cangiata in una scena delle più virulente e scandalose: si dipinse l'oratore come pertinacemente resistente all'autorità dei Presidenti; i vescovi contro di lui coi pugni alzati e minacciosi; l'aula intiera rimbombante di furibonde grida e di urli, col più strano, maligno e calunnioso travisamento di un incidente semplicissimo e affatto innocente. E noto che qualche nemico e perfido relatore non era lungi dai fianchi di taluno fra i Padri medesimi del Concilio.

In tanto imperversare di una stampa invereconda e menzognera contro l'opera più santa che il grande Pontefice Pio aveva intrapresa a salute di tutta la cristianità, sentivasi essere di ben grande necessità che, ad illuminare i fuorviati in buona fede, e a prevenire ogni scandalo ulteriore nei deboli, si potesse contrapporle una storia del Concilio genuina e completa, autenticata da irrefragabili documenti, che facesse risplendere innanzi ad ogni occhio non volontariamente acciecato le rettissime intenzioni che al Concilio Vaticano diedero origine, i sapientissimi preparativi che lo precedettero, il retto ordine e lo scrupoloso rispetto alla libertà de' Padri, che lo tutelarono fino alla sua forzata interruzione; tanto più che

Conc. ecum.

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durante lo stesso Concilio, la legge del secreto imposta ai suoi membri, impediva che le calunnie contro di esso diffuse ricevessero una diretta e particolareggiata confutazione. Quando infatti tali calunnie pertinacemente continuate e portate agli estremi, principalmente nei due libelli: Ce qui se passe au Concile, e La dernière heure du Concile, resero indispensabile per parte dell'assemblea medesima una qualche dichiarazione, questa non potè assumere che la forma generica di una solenne protesta dei Presidenti del Concilio, approvata e controfirmata da tutti i Padri in generale Congregazione (16 luglio 1870). Ma anche a tale urgente bisogno provvide la sapientissima sollecitudine di Pio IX, che a tutto pensava e a tutto giungeva. Un rispettabilissime canonico della Metropolitana fiorentina, ora suo degnissimo Arcivescovo, l'ecc.mo e rev.mo mons. Eugenio Cecconi, si era di fresco fatto un bel nome cogli Studii sul Concilio ecumenico di Firenze, da lui messi in luce appena innanzi all'apertura del Concilio Vaticano. Indi a poco Pio IX lo chiama a Roma, e gli affida il quanto onorevole altrettanto dilicato incarico di redigere la storia genuina di questo Concilio medesimo, e mette a sua disposizione tutti quanti gli autentici documenti che ad esso si riferiscono. Noi potemmo di già gustare i primi frutti de' nuovi suoi accurati e pazientissimi studii, ai quali il dottissimo Prelato tuttora attende, mercè la pubblicazione di un magnifico volume, dall'inesausta munificenza del grande Pio mandato in dono a tutti i vescovi e membri del Concilio Vaticano, volume che tratta appunto degli antecedenti di questo (1), e che riscosse meritamente gli encomii della stampa cattolica e il plauso dei buoni. E fu sapientissimo consiglio il non aver atteso la continuazione e la conclusione del Concilio per iniziare siffatta pubblicazione; poichè pel solo volume finora divulgato, ogni torto giudizio sui fini per cui esso fu convocato, ogni mala prevenzione sui supposti raggiri che gli diedero origine, ogni

(1) Storia del Concilio ecumenico Vaticano, scritta sui documenti originali da EUGENIO CECCONI, canonico della Metropolitana fiorentina, Dottore in Teologia. Parte I. Antecedenti del Concilio. Vol. I. Roma, tipografia Vaticana, 1872. In 8.° grande, di pag. LII, 356, ed altre 232 di documenti.

irriverente querela contro le disposizioni previamente emanate dalla Santa Sede e contro il preordinamento delle materie da trattarsi, dovette dissiparsi e svanire come nebbia innanzi a sole estivo di mezzogiorno, nè più poterono rimanere in alcun torto giudizio, se non quelli che gli occhi vollero chiudere al fulgore del vero. Ora, giacchè per l'accennata relazione che i Concilii stessi hanno colla loro storia, sotto diversi aspetti è conveniente che alla divisata Esposizione delle due dogmatiche Costituzioni emanate nel suo primo periodo dal Concilio ecumenico Vaticano, si premettano le notizie più importanti relative alla sua celebrazione, non sarà discaro, e sarà certamente proficuo ad ogni lettore, che dietro la scorta del summenzionato volume io incominci dal far loro conoscere come sorse e prese forza l'idea di un nuovo Concilio ecumenico, e i molti e sapientissimi divisamenti che dall'alta mente del Santo Padre e de' suoi degni cooperatori furono preordinati al buon successo del medesimo; non omettendo di accennare all'occasione come ne restino radicalmente sventate tutte quante le imputazioni, che l'ignoranza e la malevolenza trassero anticipatamente in campo contro la venerazione ad esso dovuta e contro la sua piena autorità.

Non si ebbe rossore di dire e ripetere, l'idea del Concilio non essere stata che un progetto de' Gesuiti, d'accordo col partito più oscurantista; un bagliore da quelli fatto brillar per sorpresa agli occhi del santo Pontefice solo per accrescere il dispotismo papale, e dominar più ampiamente all'ombra di questo. Ma ecco che ben altrimenti c'insegna la nostra autentica storia. Alla prima pagina del racconto noi leggiamo che il 6 dicembre 1864, adunatasi in Vaticano innanzi al Santo Padre la Congregazione de' Riti, dopo le preghiere d'aprimento egli fece allontanare gli ufficiali di essa, cosa affatto insolita, e rimase solo per poco tempo coi cardinali che la componevano; indi richiamò gli assenti, e passò a trattar degli oggetti ad essa Congregazione pertinenti. Grande fu la curiosità degli esclusi; molte le loro congetture; ma nessuno colse nel segno. Solo quando fu tolto ai componenti la Congregazione il divieto di parlarne si potè sapere, che il grande Pontefice avea espresso a quei membri del sacro Collegio, da lungo tempo stargli in mente il pensiero di provvedere mediante un Concilio

ecumenico agli straordinarii bisogni della Chiesa; epperò studiassero essi, ciascuno da sè, questo disegno, e poi separatamente gli comunicassero in iscritto ciò che nel Signore giudicherebbero espediente in proposito, frattanto tenendo il tutto sotto rigoroso secreto.

I Concilii non appartengono all'organismo vitale della Chiesa, e gli stessi Concilii ecumenici non sono mai di una necessità assoluta per la di lei sussistenza. Però la Chiesa medesima ha stabilito a certi fissi intervalli i Concilii minori, quali mezzi efficacissimi a sanar le sue parziali ferite, a preservar da infezione le diverse sue parti, a ihfonder loro succo e vigore; e nei cimenti più funesti alla Chiesa universale, fu costante sollecitudine de' supremi Pastori di cercarvi i più efficaci provvedimenti in quelle solennissime adunanze che valessero a rappresentare l'intiero corpo episcopale. Ma tra l'uno e l'altro de' Concilii generali già celebrati non era mai passato tanto spazio di tempo, quanto era trascorso dal Tridentino, ultimo dei medesimi, fino al presente. Forse i gravissimi ostacoli contro cui si dovette lottare per adunarlo, le lunghe interruzioni che gli fu forza subire, e gli intestini dissidii che più d'una volta il turbarono, contribuirono ad alienar dal pensiero di ritentarne le prove di più anche le quasi continue guerre che desolarono or l'una or l'altra parte del mondo cattolico, rendevano impossibile il riunirsi dei vescovi di tutti i dominii ad un comune convegno; e inoltre per l'ampiezza delle materie che il Concilio di Trento aveva abbracciato, sembrava quasi che più non restasse e nel dogma e nella disciplina altro oggetto meritevole di provocare tutte le difficoltà, i dispendii, i disagi ed i pericoli della convocazione d'un Concilio universale: sicchè era in non pochi l'opinione che il Tridentino fosse stato destinato dalla divina Provvidenza a chiudere la serie di quegli imponenti convegni. Ma pur troppo anche dopo la celebrazione. del Tridentino nuove e gravissime calamità sopraggiunsero a travagliare la Chiesa; le sue angustie vennero di mano in mano crescendo; i suoi dolori si fecero sempre più vivi. La pace di Vestfaglia, che in Germania mise ad un livello il cattolicismo colle confessioni protestanti, vi affievoli a poco a poco nelle cattoliche popolazioni la vivacità della fede, e vi schiuse un largo varco alla religiosa indifferenza; poi il febronianismo, figlio

dell'ereticale dottrina della supremazia religiosa de' principi bandita dal protestantismo, vi strinse anche la Chiesa cattolica in obbrobriose catene. In Francia, il regalismo, il giansenismo, l'im moralità, discesa dal trono fino agli ultimi gradini della scala sociale, predisposero la proclamazione dei famosi principii dell'ot tantanove, e la tremenda rivoluzione che avvolse nella medesima rovina il trono e l'altare, e sommerse ogni ordine sociale in un mare di sangue. La Spagna, il Portogallo, la stessa Italia, paesi già eminentemente cattolici, risentirono essi pure il contraccolpo degli errori circa la fede, e delle false teorie sui rapporti politico-religiosi che dal secolo decimosettimo in avanti invasero la Francia e la Germania rimasta cattolica, e sperimentarono pure i tristi effetti della gelosia dei principi contro la benefica autorità della Chiesa. Fu per un momento il forte braccio del primo Bonaparte lo strumento delle vendette di Dio sui popoli e sui re; ma per dare poi egli stesso i più tristi esempi di dispotismo sulla Chiesa, e di fellonia contro l'augusto di lei Capo. In seguito la ristaurazione non ristaurò in Francia, nè i veri principii ripristinatori dell'ordine, nè l'universalità della fede e delle pratiche religiose; finchè dovette cedere essa stessa al re cittadino ed al governo che non si confessa, inauguratori di una legislazione ancor più aliena dalle massime cristiane; e data da quell'epoca in Francia anche la nascita di quel partito cattolico-liberale che, idolatra di una sconfinata libertà, pretende vincere con questa sola ogni opposizione alla verità ed alla giustizia, e per condur queste al trionfo, le dà in balia dei loro più accaniti nemici. In quel torno, anche i regni di Spagna e Portogallo, già aperti a tutte le influenze protestanti d'Inghilterra nelle antecedenti guerre napoleoniche, furono travolti nei vortici rivoluzionarii; e fatti mancipii delle sette più ostili alla Chiesa cattolica ed alla fede cristiana, subirono la distruzione degli ordini religiosi, lo spoglio del clero, e una sempre più progressiva scristianizzazione delle leggi e d'ogni politico ordinamento. In tale frattempo, nella stessa Germania, ai mali già inveterati, altri nuovi si aggiungevano. Molte provincie cattoliche, pei trattati di Vienna degli anni 1814 e 1815 passate a dominii protestanti, malgrado gli accordi stipulati colla Santa Sede, ebbero a subire perniciosissime leggi e vessazioni, e pel favore accordato dai dominanti ai matrimonii misti, con divieto di quelle cautele che dalla Chiesa cattolica.

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