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carattere di originalità, che, sia pure in grado diverso per i singoli componimenti e in generale per i due periodi, essa luminosamente possiede. Le imitazioni vi son di sicuro (e qual poeta nostro non le ha?); ma da questo a dire che la forma delle poesie leopardiane parte è greca, parte è latina ci corre. Il fatto è che le imitazioni dei Latini che spesseggiano e son più visibili nelle poesie del primo periodo, nè però in tutte, se diminuiscono nelle poesie del secondo, non ne spariscono già totalmente. Ma nel secondo periodo, diminuendo le imitazioni suddette, se ne accresce un'altra, che nel primo appariva poco o nulla, e la quale detrae anche meno all originalità del poeta; l'imitazione del Petrarca, nelle cui Rime il Leopardi s'intrinsecò maggiormente verso il 1826 e 1827, quando ne scriveva l' Interpretazione pel tipografo Stella; imitazione così fina però e sottile, che, per sorprenderla sempre, bisognerebbe aver quelle cosi familiari come le aveva lui; imitazione tanto più singolare, in quanto che per la contenenza il poeta moderno non solo si mantiene sempre originale, ma si va sempre più dilungando dall'altro fino a riuscire nel punto opposto, raccogliendosi l'uno, senza rinunziar però all'amore, nella significazione poetica del concetto della Divinità, l'altro nella distruzione d'ogni ideale erotico e religioso; quegli con la Canzone alla Vergine e coi Trionfi, questi con la Ginestra e i Paralipomeni. E qui vien pure in acconcio notare che dopo il Petrarca il poeta italiano che abbia parlato d'amore con novità e in modo da far piacere di nuovo la lirica su quel soggetto così sciupato dai petrarchisti di tutti i tempi che cadevano nell'imitazione servile non solo delle parole, ma delle cose, è massimamente il Leopardi, inteso a rappresentar situazioni reali e ideali insieme, sempre sue proprie, e a colorarle con le tinte di quella malinconia profonda e di quel dolore intimo, che pervade così le sue liriche d'amore, come le altre tutte.

XI. - Fra le differenze notabili dei due periodi lirici leopardiani ve n'è anche un' altra, fin qui, per quanto io so, non considerata; dico la differenza risultante dalla metrica. La metrica leopardiana vorrebbe un lungo ragionamento; ma qui ei è forza star contenti ad un cenno. Nel primo periodo il poeta cominciò con la terzina, il più incatenato di tutti i metri, venne poi alla canzone libera; libera, dico, rispetto alla petrarchesca, non assolutamente; poichè in ciascuno dei canti costituiti di

MESTICA. IL

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endecasillabi e settenarî, benchè le due specie di versi e le consonanze o rìme vi siano variamente alternate, le strofe hanno un numero di versi costantemente eguale, eccettochè nel Passero solitario, che, sebbene cominciato nel 1819, appartiene pel rifinimento al secondo periodo, e non fu stampato prima del 1836. Nei canti del secondo periodo, ove si eccettui il Risorgimento, formato a identiche strofe, non sempre felicissime, di settenarî, ogni vincolo di formale strofa e di regolari consonanze è spezzato; le strofe, o, meglio, parti di ogni componimento, variano l'una dall'altra non solo per l'intreccio delle rime e l'alternamento dei settenarî e degli endecasillabi, ma per il numero dei versi, formanti ora più brevi gruppi or più lunghi, non secondo una misura estrinseca e perciò spesso impacciatrice, ma secondo gli svolgimenti del pensiero poetico nel soggetto. E v'è anche un'altra particolarità, che apparisce in tutti i principali canti, composti di endecasillabi e settenarî, da quello in poi di un Pastore errante, la rima interna o rimalmezzo, usata nella lirica italiana antica e anche dal Petrarca, ma con questa differenza, che il lirico trecentista, adoperando la rima interna, la faceva cader sempre per entro a ogni strofa sul medesimo verso, laddove il poeta moderno la fa cadere a libertà dove naturalmente gli viene o la crede opportuna. Con la rima interna, usata parcamente e a larghi intervalli, l'armonia del canto leopardiano acquista per nota nuova una maggiore varietà e risalto. Il verso sciolto, comune alle poesie del primo periodo e del secondo, fu recato in questo a perfezione ben più squisita, e basta a provarlo il superbissimo canto delle Ricordanze. Ma il Leopardi nel dare alla lirica le riposte bellezze del verso sciolto non fece che continuare l'esempio del Foscolo, svolgendolo in tòni diversi senza superarlo; fu primo bensì a scioglier la canzone da ogni estrinseco formalismo di metri. Queste mutazioni segnano nella moderna lirica una novità e un progresso, non avvertiti abbastanza. Il Leopardi dopo avere stampato i varî componimenti poetici co' nomi diversi di elegie, canzoni, idilli, epistole, li raccolse tutti nell'edizione fiorentina del 1831 sotto il titolo unico di Canti, per mostrare la sua avversione a tanti spartimenti minuti e alcuni convenzionali, e per rappresentare felicemente il

Canti di Giacomo Leopardi. Edizione corretta, e notabilmente accresciuta. Firenze, nella Stamperia Piatti 1836.

* Canti del conte Giacomo Leopardi. Firenze, presso G. Piatti, 1831.

carattere più intrinseco della sua lirica, e con esso la melodia ed armonia dei versi e dei metri.

XII. La lirica leopardiana si distingue per uno stile dove l'originalità vince ben presto le imitazioni, sensibili più che altro in parecchi dei primi canti, e se certe locuzioni e costrutti gli dánno talvolta oscurità e durezza, generalmente però vi rifulge la castigata e luminosa forma poetica schiettamente italiana, ed il sentimento profondo temperato con la vivezza dell'immaginazione, ma sempre dominante, come è proprio di una lirica vera. Ed ha un altro carattere fors' anche più insigne, risultante dal sentimento e dalla rappresentazione della natura, onde s'imprime nella poesia leopardiana una vastità di concezioni e una novità di stile, che spiccatamente lo differenziano da tutti i poeti italiani moderni; solo potrebbe paragonarsi, anche in tale rispetto, al Petrarca, per quanto può consentirlo la diversità della loro filosofia, del dolore che animava l'uno e l'altro, e dei tempi, dal secolo decimoquarto al decimonono profondamente mutati. È poi singolare nel Leopardi la varietà. immensa degli aspetti che gli presentò la natura, come si rileva scorrendo i suoi canti e mettendo a paragone, per citarne due sole, la gentile poesia idillica del Passero solitario con la vasta e terribile della Ginestra. Nè però la sua lirica è men bella anche quando sgorga unicamente dal profondo dell' anima che ha fatto deserto intorno a sè, senza relazione con la natura estrinseca, come per esempio nei canti Il Pensiero dominante e Amore e Morte, o quando, rapito in sublime estasi, fuori della terra, inneggia nell' immensità dell' universo, tra l'armonia delle sfere, alla misteriosa sua Donna. La parte che nella poesia leopardiana hanno il vero storico e il verismo, non grande al certo, ma pur di qualche momento, si è cominciata a comprendere dopochè con accurate ricerche si sono posti in chiaro molti punti attinenti alla sua vita, alle sue azioni, alla famiglia, ai luoghi di sua dimora, alle persone da esso amate, ai soggetti delle sué poesie. Per tali ricerche, delle quali alcuni, per giudizî preconcetti, non sanno o non vogliono valutare l'importanza rispetto all' arte, se è stato distrutto un Leopardi fantastico, è venuto fuori il Leopardi vero, e molte delle sue poesie, messe nel loro lume, hanno acquistato e per ulteriori indagini acquisteranno un pregio nuovo, prima inesplorato, di una rappresentazione della natura, che ne fa più amabile e vitale il soggettivismo e l'idea

lità dominanti.1 Chi mai aveva pensato di trarre tanta ricchezza d'ispirazione, tanta novità di poesia dal passero solitario, da un colle, dalla sera del dì di festa, dalla quiete dopo la tempesta, dal sabato del villaggio, da un bassorilievo, da un ritratto, dal tramonto della luna, dal fiore del deserto? E che potenza d'ingegno lirico e d'arte non è questa, per cui il poeta, soggiogando e trasformando la storia e le cose, si trasmuta ora in Bruto minore, ora in Saffo, ora in Consalvo, ora nel Pastore errante dell' Asia, or financo nel Passero solitario? Nè però, in mezzo a tanta varietà d'immagini e forme, cangia mai sè stesso.

XIII. Al genio per la lirica era congiunto nel Leopardi anche il genio per la satira, del quale appariscono i segni, prima di tutto negli stessi lavori poetici della fanciullezza, come il travestimento dell'Arte poetica d'Orazio e La Dimenticanza, quindi nella traduzione della Batracomiomachia, nei cinque Sonetti in persona di ser Pecora fiorentino (1817), posteriormente nella traduzione della Satira contro le donne (1823); e anche in molte delle sue Prose. Fra i canti approvati possono rassegnarsi a questo genere l'Epistola a Carlo Pepoli (1826), e meglio ancora la Palinodia a Gino Capponi (1833), soprattutto poi il poema eroicomico, intitolato Paralipomeni della Batracomiomachia, perchè in esso il poeta (rinnovando una denominazione che è nella Bibbia e nei poemi di Germano Valente e di Quinto Calabro, a continuazione del Libro dei Re, dell' Eneide e dell' Iliade) finge con felicissimo trovato di continuar quelle guerre omeriche, trasportandone l'azione nel secolo decimonono fra il 1815 e il 1821, a rappresentarvi gl' Italiani da una parte e i loro oppressori dall'altra in contesa, gli uni per ottenere la libertà nazionale e gli altri per impedirla. La materia però del poema non è tutta in questa contesa, altrimenti vi sarebbe davvero ragione di affermare che gli ultimi tre canti sono superflui; ma è ben più vasta. Perocchè essa si agita in mezzo a una società che ha certe istituzioni civili e religiose, cultura e scienza; e tutte queste cose il Leopardi rappresenta poeticamente, mostrando, conforme alla sua dottrina del pessimismo, niuna fiducia nel progresso umano e poca nelle istituzioni del governo libero, non per sè stesse, ma

Ne discorsi io per cenni nello scritto Il Verismo nella Poesia di Giacomo Leopardi (Nuova Antologia, 1° luglio 1880).

come furono allora applicate, e togliendo ad ogni istituzione religiosa il suo fondamento, che è la credenza in un'altra vita, con varie è spesso peregrine invenzioni, e con digressioni sopra le condizioni sociali e scientifiche dei tempi, lunghe troppo talvolta, ma generalmente sostenute e avvivate dal tòno ironico e beffardo. Le peregrine invenzioni, il felice temperamento del reale e dell'ideale, la significazione di tante idee nuove, le descrizioni svariatissime e stupende di cose vere e fantastiche, lo stile elegante, e, salvo rare durezze ed oscurità, lucido sempre e pieghevolissimo nell'ottava, costituiscono i principali pregi estetici di questo poema eroicomico, che è sostanzialmente satirico, politico e filosofico insieme. Esso per lo spirito moderno può riputarsi, non ostante le grandi diversità, in qualche modo una continuazione di quello degli Animali Parlanti, ma lo supera incomparabilmente come lavoro d'arte; se cede poi alla Secchia rapita nell' organismo e nel brio, le va innanzi per la universalità della satira, che si estende a tutta la vita umana nei rispetti politici, sociali, scientifici e religiosi, e anche per la forma poetica più squisita e più luminosa. Questo però fra tutti gli scritti leopardiani fu sinora il meno compreso; e una delle precipue cagioni è la difficoltà delle allusioni politiche, già notata, quarant'anni sono, con tutta ingenuità dal Sainte-Beuve,' e perdurante anc'oggi. Appianate che siano queste difficoltà col raffigurare su la immaginata scena i luoghi, i fatti e i personaggi del tempo; per esempio, gl'Italiani, e più specialmente i Napoletani, nei Topi, gli Austriaci nei Granchi, i Preti nelle Ranocchie, Gioacchino Murat in Rubatocchi, Luigi Filippo di Francia (trasformato bizzarramente in re costituzionale di Napoli) in Rodipane, Francesco imperatore d'Austria in Senzacapo re dei Granchi, il principe di Metternich (che dal 1815 in poi diresse per tanti anni la politica reazionaria delle grandi potenze continentali) nel barone Camminatorto, il generale Michele Carascosa in Leccafondi, il generale Federico Bianchi (che nel maggio del 1815 vinse la battaglia di Tolentino) in Brancaforte,

Il general di quei marmorei lanzi
Gente nemica al camminare innanzi;

1 Portraits contemporains, Paris, Calmann Lévy, 1879. Tome quatrième,

pag. 120.

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