Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Leva all' Eterno un candido
Pensier d'offerta, e muori:
Nel suol che dee la tenera
Tua spoglia ricoprir,
Altre infelici dormono,

Che il duol consunse; orbate
Spose dal brando, e vergini
Indarno fidanzate;

Madri che i nati videro
Trafitti impallidir.
Te dalla rea progenie
Degli oppressor discesa,
Cui fu prodezza il numero,
Cui fu ragion l'offesa,

E dritto il sangue, e gloria
Il non aver pietà,

Te collocò la provida

[blocks in formation]
[blocks in formation]

V. 89-96. Le infelici sono le donne italiane, morte anch'esse di dolore per i mariti, i fidanzati ed i figli, uccisi dagli stranieri Longobardi; i quali subito dopo son detti rea progenie degli oppressori, perchè stanziavano già da duecent'anni in Italia, e la generazione di essi che l'aveva conquistata era estinta da un pezzo. Si sentono liberamente imitati in alcuni di questi versi quelli in cui Virgilio descrive le varie ombre accalcate su la riva d'Acheronte: Matres atque viri, defunctaque corpora vita - Magnanimûm heroum; pueri innuptæque puellæ - Impositique rogis juvenes ante ora parentum (En., VI, 306-308).

V. 103, 104. Sentimento cristiano; per cui si reputa meritevole del premio eterno chi patisce nel mondo. Gli oppressi sono, già s'intende, gli Italiani; ai quali Ermengarda è associata così per la sventura come per il luogo dove sta.

V. 107. Incolpate. Incolpevoli, Innocenti. Non è participio, ma aggettivo, usato poeticamente come Ferrato, Odorato, ec. per Ferreo, Odoroso. V. 109-114. La tua faccia si ricomponga in pace, com' era allorchè improvida [non prevedendo un tale rovescio di cose], pingea [rappresentava in sè a chi la riguardasse] lievi pensieri virginei, essendo ancor giovinetta, prima di andare a marito.

Dalle squarciate nuvole

Si svolge il sol cadente,

E, dietro il monte, imporpora
Il trepido occidente:

Al pio colono augurio

Di più sereno dì.

115

120

[Atto quarto, sc. I.]

TOMMASO GROSSI.

I. In Bellano, terra posta su la riva sinistra del lago di Como, sorge un monumento con questa epigrafe:

IL TUO NOME

È GLORIA DELL'ITALIA

O TENERO E PODEROSO POETA
CUI SEMPRE ISPIRÒ

IL CUORE.

2

Le parole sono di Alessandro Manzoni,' e il monumento è dedicato a Tommaso Grossi, che, nato in quella terra il 24 gennajo 1791, morì a Milano il 10 decembre del 1853. Ancor fanciulletto era passato a Treviglio presso uno zio, parroco, dal quale fu mantenuto agli studî; ond' egli dipoi, già maturo d'anni, manifestò solennemente al venerato vecchio la propria riconoscenza per le cure paterne, dedicandogli il suo maggiore poema. Studio sotto gli oblati nel seminario di Lecco, donde fuggì, perchè non voleva farsi prete, e ripreso vi stette fino a mezzo il 1804; poi sotto un povero maestro a Rezzonico sul lago di Como, quindi a Milano nel Ginnasio di Brera, infine all' Università di Pavia, dove nel 1810 si laureò dottore in legge. Posto il suo domicilio a Milano, strinse da prima amicizia con l'insigne poeta vernacolo Carlo Porta, e fu sempre uno degli assidui alla conversazione di Alessandro Manzoni, amico dei frequentatori di quella,

V. 114-120. Il poeta paragona la ricomposta pace nel volto di Ermengarda dopo le lotte interne descritte più addietro, al sereno colore irradiato nella parte occidentale del cielo dal sole che sul tramonto esce fuor delle nubi. Trepido. Tremolante, per il fulgore e la mobilità della luce del sole sovr' esso diffusa.

1

Epistolario di Alessandro Manzoni. Milano, 1882-83; vol. II, pag. 65. 2 Ecco la dedica: All' amatissimo suo zio Tommaso Grossi - uno dei parrochi di Treviglio l'autore riconoscente delle cure paterne tore delle virtù pastorali di lui - dedica questi canti.

-evenera.

e segnatamente del Torti, del Rossari e di Cesare Cantù, al Manzoni stesso poi intimo e come fratello; ond' ebbe in casa di lui per propria abitazione due stanze, e vi stette una quindicina d'anni.' Dalla stampa del poema I Lombardi alla prima crociata, mercè numerosa associazione procuratagli dai molti amici, avendo ricavato (caso in Italia raro e piuttosto singolare) trentamila lire, potè mettersi in buone condizioni, e comperò una villetta a Treviglio. Stanco poi e nauseato dagli assalti di una critica villana, che non desisteva, specialmente nei giornali, dal lacerarlo per quel suo poema, ritrattosi dalla letteratura o, a dir meglio, da ogni importante lavoro d'arte, nel maggio 1838 presi gli esami pel notariato, a cui già da parecchio tempo attendeva come alunno presso un altro, aperse ufficio di notajo per suo conto e nel tempo stesso, ammogliatosi, una casa propria. Coi larghi guadagni, che faceva, per le molte amicizie e per la sua onoratezza, potè condurre agiatamente il resto della vita, fortunato altresì come marito e padre. Nei moti del 1848, dopo le cinque giornate, accettò dal Governo provvisorio la direzione dei Ginnasî, e rogò insieme con un altro notajo l'unione della Lombardia col Piemonte, facendosi però nominar prima a tale ufficio con un decreto, il quale, ristabilita dipoi nel Lombardo-Veneto la dominazione dell' Austria, valse a salvarlo. E così potè, senza molestie, viver nella quiete domestica fino alla morte.

II. Ricco delle virtù più gentili le esercitò modestamente con gli amici e nella famiglia; ebbe coltura non vasta, ma buona e rettamente ordinata. Nel principio della carriera letteraria aveva atteso a scriver poesie in dialetto milanese, e ne diede un primo saggio, studente a Pavia scrivendo una satira contro un suo professore; poi continuò, vieppiù attrattovi dall' esempio di Carlo Porta, col quale lavorò in comune qualche componimento; come, per esempio, le Nozze Verri-Borromeo, satira contro il classicismo, in vernacolo, e Giovanni Maria Visconti, duca di Milano, comitragedia, in lingua italiana, salvochè uno dei personaggi, uomo del volgo, qui parla il dialetto. Ma il giovane seguace non trascorse mai, nè allora, nè dopo, in quelle lubricità, ove sdrucciola sì facilmente la poesia vernacola, e dove il vecchio poeta, un po' gaudente e scettico, spesso e vo

Vedi il cap. XI dei Promessi Sposi.

In questo vol., a pag. 131.

lentieri guazzava. Il componimento in dialetto, per cui il giovane Grossi acquistò primamente nominanza a Milano, fu una satira intitolata la Prineide (sogn) (1815), in cui egli, fingendo di vedere in visione il già malcapitato ministro delle finanze del regno italico, interrogato su le condizioni politiche d'allora, fa a lui una fosca pittura del malvagio governo austriaco restaurato poc' anzi, senza risparmiare frizzi all' imperatore stesso; per il che, essendosi la polizia austriaca messa in cerca, e molestando chiunque fosse noto come verseggiatore in dialetto, l'onesto giovane francamente se ne professo autore al generale Saurau, e com un pajo di giorni di carcere se la passò liscia. Degli altri suoi componimenti in dialetto basti ricordare qui i principali, che sono tre: La pioggia d'oro, La Fuggitiva, In morte di Carlo Porta; stampati i primi due nel 1816, e il terzo nel 1821, subito dopo la morte dell' amico, al quale rese un nobile tributo d'affetto con que' mestissimi versi e con la raccolta e pubblicazione delle sue Poesie corredata pure di cenni biografici. Il primo e l'ultimo di questi tre componimenti erano scritti in sesta rima, e in ottava il secondo, che il poeta stesso recò quindi in italiano; ma gl' intendenti del dialetto affermano che nella traduzione si può solo comprenderne l'intreccio, non l'ineffabile mestizia delle frasi originali. E nell' intreccio v'è, senza dubbio, dell'inverisimile e dello strano, in quanto che si finge che una giovane seguisse come paggio un suo fratello alla spedizione napoleonica contro la Russia per aver agio di accompagnare l'amante che militava anch'egli nella grande armata; ma è patetica sovranamente la situazione drammatica della figlia, che tornata in famiglia narra i terribili casi alla madre, è patetico il racconto stesso, e tale più che mai doveva riuscire in que' giorni, quando la memoria ed il lutto della recente impresa leggendaria ingombravano ancora le menti; onde l'autore ne guadagnò in Milano gran nominanza popolarità. Il Porta nelle sue poesie vernacole, belle sovranamente, scherzava, si divertiva e volea divertire; il Grossi commoveva, chè quello a cui lo

>

La più completa edizione delle Opere poetiche di Tommaso Grossi è quella di Paolo Carrara. Milano 1877, un vol. di pagg. 292 in 8° con illustrazioni. Vi sono anche le poesie in dialetto e alcune inedite; ma vi manca il Cantico patriottico del 1848!

* CESARE CANTÙ, Alcuni Italiani contemporanei. Milano, 1868, vol. I, pag. 270.

portava prepotentemente il suo ingegno era un poetare tutto diverso, il racconto passionato dei mesti affetti della vita privata e della famiglia. Nacque allora quel nuovo genere di novella poetica, a cui quasi contemporaneamente in Italia diedero essere e forma il giovane lombardo e il toscano Bartolommeo Sestini, questi con La Pia de' Tolomei, quegli con La Fuggitiva e poi con l'Ildegonda (1820), alla quale fece quindi susseguire I Lombardi alla prima crociata (1826), ed Ulrico e Lida (1837); tutti in ottava rima. A siffatti lavori poetici si era preparato con forti studi su i classici italiani, e specialmente su l'Orlando Furioso, di cui si rese familiare la mirabile struttura dell'ottava a vestire una poesia assai diversa per concetti e per sentimenti.

III. Gli argomenti delle tre novelle, posteriori alla Fuggitiva, sono tolti dalle storie e cronache milanesi del medio evo con più speciale riguardo al paese natío e ai luoghi circonvicini meglio noti all'autore. Nell' Ildegonda egli immagina che al tempo della lega lombarda contro Federico II una giovinetta milanese, figlia del guelfo Rolando Gualderano, quando il padre aveva già concordato per essa un matrimonio con un gentiluomo di Roma, s'innamori di un giovane milanese, Rizzardo, di parte ghibellina; per il che, aspreggiata dal padre e dal fratello, è rinchiusa in un monastero; soggiace ivi alle sevizie dell' abbadessa, ed impazza; tornata in sè, muore infine religiosamente. L'azione dopo i principî, per tutte le quattro parti della novella si svolge entro il monastero, con intreccio di casi strani talvolta e troppo artificiali, e con un soverchio di svenimenti, visioni e deliri. Le condizioni e i costumi di quell'età vi sono appena accennati sul principio, onde il fatto potrebbe senza inconvenienti collocarsi in un'altra; ma l'attraente figura d'Ildegonda, le belle situazioni e contrasti d'affetti, fra i quali sorge da ultimo e impera il religioso, il patetico sempre dominante, la novità stessa del genere, diedero fin dalla prima pubblicazione singolar pregio a questo lavoro e grande celebrità all' autore.' Meglio rappresen

'Dell' Ildegonda così scriveva il Manzoni, in data 17 ottobre 1820 a Claudio Fauriel: J'espère que vous trouverez dans ce petit poème plusieurs de ces caractères importants, qui font la vraie poésie, et qui sont fort rares chez les poètes, et particulièrement en Italie, où les habitudes, les règles, toutes les idées tendent depuis longtemps à éloigner la poésie du naturel, et à n'en faire qu'un langage de convention. E segue notando che l'ingegno dell'autore, per la sua giovinezza, n'a pas encore pu

MESTICA.

II.

16

« ÖncekiDevam »