miti sul parapetto, e stette alcun tempo in silenzio guardando. Il sole cadente, mezzo ascoso fra le più alte cime d'un bosco lontano, tingea la vasta uniforme pianura frapposta d'una luce squallida, inerte, non rotta da altro che da rade inamabili ombre d'un qualche salcio che sorgeva qua e là per l' uliginoso terreno. L'aria greve e morta era piena d'uno sterminato, nojoso gracidar di rane: dai pantani, dai lagumi, dai canneti, dai paludacci che occupavano tutta quella campagna, quanto era grande, si alzava frattanto un nebbione grigio, che, stendendo a poco a poco un velo sugli oggetti vicini, offuscava più sempre di mano in mano quelli che si venivano scostando, e toglieva affatto la vista dei più lontani. Alcuni raggi di sole attraversa vano da prima a fatica quel freddo e crasso nuvolone; ma si venivano ad ogni poco smorzando e ritraendo indietro, a somiglianza degli sguardi d' un agonizzante; finchè soverchiando i vapori, e cadendo il sole, ogni luce fu spenta, e parve il chiudersi degli occhi dell' uomo nella morte. Un tramonto tanto diverso da quelli così splendidi, così sfoggiati, che l'infelice era solita contemplare dalle sue montagne, richiamò dolorosamente fra quelle il cuore di lei, che togliendosi dal verone, tornò al tavolino, su cui ardeva d'un lume rossastro e nebuloso la lucerna stata accesa da Lauretta1 un momento prima: e si abbandonò sulla seggiola, e sclamò: Oh Signore! il mio tormento è troppo! - Stettero per un istante ambedue in silenzio; poscia la buona ancella andò al terrazzino per chiuderne le imposte; quand' ecco si sente il suono d'un liuto; Lauretta riman sospesa con una mano sul battente; la padrona si mette un dito sulla bocca, tende l'orecchio, e sta in ascolto. Quell'aria malinconica non le è nuova; si leva in piedi rinfrancata, move i passi leggera leggera, viene al veroncello, sporgendo il capo per poter coglier meglio ogni nota, poi dice sotto voce a Lauretta: - È il preludio della Rondinella: ma sta', che incomincia la canzone. - In fatti si sentì una Voce un po' velata dalla distanza, che accordandosi alla flebile melodía delle corde intonò questo lamento: Rondinella pellegrina Che ti posi in sul verone, La fida e affettuosa cameriera di Bice. MESTICA. - II. 17 Ricantando ogni mattina Che vuoi dirmi in tua favella, Dal tuo sposo abbandonata, Piangi, piangi in tua favella, Tu alle penne almen t'affidi, Rïaprendo gli occhi al pianto, Troverai su questo suolo: [Capitolo XXVI.] [DALLA NOVELLA] ILDEGONDA. [1820.] Morte d'Ildegonda.* Poi le dice: Ecco affrettasi il momento Quel raggio in me che tanto amasti in terra, Toccherai sola; tanto imploro, o cara; - Non pianger, proseguia la rassegnata, In tanto mare, senza alcun conforto, Che il mio Rizzardo, il mio Rizzardo è morto? E in così dir, l'amica accarezzando, Le asciuga gli occhi e bacia in fronte spesso; E: Mel concedi quel che ti domando? Lo farai? dunque lo prometti adesso? e proseguia : * Ildegonda, languendo, malata a morte, sul suo letticciuolo, parla a Idelbene la sola amica sua fra tutte le suore. - Vedi, in questo volume, biografia del Grossi, pag. 241. V. 8. Indolente. Fatto insensibile al dolore; ma è senso strano da quello che tal voce ha nell'uso comune letterario e popolare. Mi vestirai di quella veste bianca 35 Il Crocifisso nella destra mano, E di quel nastro annodami le chiome Su che intrecciato il mio sta col tuo nome. 40 Se fuor verrò portata dal convento, Siccome prego e supplico che sia, Delle infelici che non han mai pianto, La tua presenza e esulteran quest' ossa. Il commosso ministro sulla pia De' morenti le preci proferendo, 45 50 55 60 Le fu risposto esser la notte ancora, 65 Ma che indugiar però più lungamente Non puote ad apparir nel ciel l'aurora, Tale di riveder la luce allora Surse desio nel cor della morente, 70 Che fe' schiuder le imposte, e fu veduta Guardar gran tempo il ciel cupida e muta. Si scosse finalmente, e vista accesa Starle la face benedetta accanto, Le preghiere ascoltando della Chiesa E la campana funerale intesa, Che di squillar non desisteva intanto, Ecco l'istante che da lungo agogno. Ma un affanno improvviso qui l'oppresse, - Oh me contenta! questo non è un sogno, [Parte quarta.] [DAL POEMA] I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA. [1821-1826.] Giselda nel serraglio di Antiochia. Ove più bella la minor collina Che d'Antiochia sorge entro le mura, Tra il verde si confondon delle piante; V. 81. Da lungo. Vedi nota 30 a pag. 223 di questo volume. V. 89-96. In questa ottava si sente una libera imitazione felice del Petrarca nelle terzine dei Trionfi su la morte di Laura. |