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Guittone n. 173-98 (meno i sonetti 183-85 intrusi nella serie per errore) (1). È una specie di ars amandi,

un vero poemetto in 24 sonetti.

n. 54-85. È una storia d'amore che si svolge in

gran parte anche per via di dialogo (vedi indietro. pag. 116).

Chiaro Davanzati. D'Anc. n.' 576-77 (2) e 583-90. Questi dieci sonetti formano un solo componimento che

per la natura sua i Provenzali avrebbero chiamato Plazer (cfr. Capo IV, capit. II, § 4).

Guido Cavalcanti (?). Trattato della maniera di servire D'ANC. n. 935-95. Come indietro avvertimmo (pag. 116) anche qui il dialogo tiene una gran parte.

Folgore da S. Gemignano. I sonetti de' mesi, con un sonetto d'introduzione e uno di chiusa (NAVONE pag. 3-31).

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I sonetti della settimana, con un sonetto di introduzione (NAVONE pag. 32-44).

Armamento di un giovane cavaliero. Sono 5 sonetti, un frammento di una corona più lunga (NAVONE pag. 45-49).

Cene de la Chitarra d'Arezzo. Parodia dei sonetti de' mesi, con un sonetto d'introduzione (NAVONE pag. 61-83). Antonio Pucci. L'arte del dire in rima, 12 sonetti (Miscellanea Caix-Canello pag. 293-303.

Forse è del Pucci anche l'Esposizione del decalogo in 12 sonetti pubbl. dal D'ANCONA nel Serto d'olezzanti fiori pag. 205 e sgg.

Fazio degli Uberti. I sette sonetti sui sette peccati mortali. RENIER, Fazio degli Uberti, sonetti I-VII.

Domenico Cavalca. Corona di 42 sonetti nella Raccolta di rime antiche toscane Palermo 1817, III, 161 e sgg.

(1) Ciò fu già notato dal GASPARY, La scuola poetica siciliana, trad. it. pag. 134.n (2) Dopo il sonetto n.0 577 furono posti erroneamente dallo scrittore del codice cinque sonetti (n. 578-82) che fanno parte di un contrasto dello stesso Chiaro Davanzati e si rileggono al loro giusto luogo più avanti nel codice (n.1 730-34).

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Petrarca. P. I, son. XXVI-XXVIII. Diversi fenomeni celesti cagionati dalla partenza o dal ritorno di Laura.

Questi tre sonetti sono sulle medesime rime, soltanto è da notare che nei quadernari del secondo è invertito l'ordine delle rime del primo.

Francesco Vannozzo. Corona di otto sonetti diretta in nome
di varie città d'Italia a Gian Galeazzo conte di Virtù.
Fu pubblicata da A. Sagredo nell' Arch. stor. ital.,
nuova serie, tomo XV, pag. 142-61. Nel codice
Padovano da cui è tolta (c. 68 e sgg.) è scritto
in testa al primo sonetto Cantilena Franc[isci]
V[anotii] pro comite Virtutum (1).

Franco Sacchetti. Della Pace e della Guerra, sonetti 12 (GI-
GLI, Sermoni e Lettere pag. 224 e sgg.)

Andrea Carelli. Il Trivio e il Quadrivio. (Corona di sette
sonetti pubblicati da C. GUASTI nella Miscellanea
Pratese fasc. 9).

Mino di Vanni Dietaiuve d'Arezzo. Compendio in venticinque sonetti dell' Inferno di Dante (L. FRATI, Miscellanea dantesca).

Adespota. Cinq Sonnets italiens tirés du ms. Riccardien 2756 e pubblicati da A. THOMAS nel Giorn. di fil. rom. III, 1072.

«

Cinque sonetti antichi pubblicati dal MUSSAFIA nei Sitzungsberichte dell' Accademia di Vienna (Classe filosofico-storica, vol. LXXVI, pag. 379-88). Come notò l'editore, soltanto i sonetti II-V sono fra seloro strettamente collegati e formano una narrazione guita.

Corona di otto « Sonetti composti per

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il quale essendo nella Sala del Re Ruberto di Napoli vide dipinti questi famosi huomini e lui fe a

(1) L'unità del soggetto si vede espressa in questi tre ultimi versi dell'ultimo

sonetto:

Dunque correte insieme, o sparse rime,

e gite predicando in ogni via

che Italia ride, e che è giunto il Messia.

ciaschuno il suo sonetto come qui apresso » (cod. Laur-red. 151 c. 102b-d).

Adespota. Corona di otto sonetti sulla Fortuna. Comincial «Io son fortuna che Imperadori » e leggesi più o meno compiuta in parecchi codici (Magliabechiani CI. VII, 1010, 1254, Laur. S. Annunziata 122). Corona di tutti i Santi. Sonetti 29. Cod. Laur. red. 151 c. 98-100".

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Il Fiore, poema in 232 sonetti pubblicato dal CASTETS (1). Come è noto, è una riduzione del Roman de la Rose.

Qui il sonetto corrisponde in certo modo alla stanza epica.

Recherò come esempi la corona del Petrarca, che è tutta sulle stesse rime, e quella ben nota di Folgore da S. Gemignano diretta « a la brigata nobile e cortese ».

Petrarca PARTE I, son. XXVI-XXVIII.

I

Quando dal proprio sito si rimove

l'arbor ch'amò già Febo in corpo umano,
sospira e suda a l'opera Vulcano

per rinfrescar l'aspre saette a Giove:

il quale or tona, or nevica ed or piove,
senza onorar più Cesare che Giano;
la terra piagne, e 'l Sol ci sta lontano
che la sua cara amica vede altrove.

Allor riprende ardir Saturno e Marte,

crudeli stelle; ed Orïone armato

spezza a' tristi nocchier governi e sarte.

(1) Veramente questo poema non si potrebbe dire di autore anonimo. L'autore nomina sé stesso più volte nel poema chiamandosi Ser Durante, ma questo probabilmente è un pseudonimo.

Eolo a Nettuno ed a Giunon, turbato,

fa sentire ed a noi, come si parte

il bel viso dagli angeli aspettato.

II

Ma poi che 'l dolce riso umile e piano più non asconde sue bellezze nove, le braccia a la fucina indarno move l'antiquissimo fabbro siciliano:

ch'a Giove tolte son l'arme di mano temprate in Mongibello a tutte prove; e sua sorella par che si rinnove nel bel guardo d'Apollo a mano a mano.

Del lito occidental si muove un fiato che fa securo il navigar senz' arte

e desta i fior tra l'erbe in ciascun prato.

Stelle noiose fuggon d'ogni parte
disperse dal bel viso innamorato
per cui lacrime molte son già sparte.

III

Il figliuol di Latona avea già nove volte guardato dal baleon sovrano per quella ch'alcun tempo mosse in vano i suoi sospiri, ed or gli altrui commove.

Poi che cercando stanco non seppe ove s'albergasse, da presso o di lontano; mostrossi a noi qual uom di doglia insano, che molto amata cosa non ritrove.

E così tristo standosi in disparte,
tornar non vide il viso che laudato
sarà, s'io vivo, in più di mille carte.

E pietà lui medesmo avea cangiato,
sì che i begli occhi lagrimavan parte:
però l'aere ritenne il primo stato.

Folgore da S. Gemignano ediz. NAVONE, pag. 3 e sgg.

SONETTI DE' MESI.

I

A la brigata nobile e cortese
en tutte quelle parte dove sono
con allegrezza stando sempre dono
cani, uccelli e danari per spese,

ronzin portanti, quagle a volo prese,
bracchi levar, correr veltri a-bbandono;
in questo regno Nicolò incorono,
perch' egli è 'l fior della città sanese,

Tingoccio e Min di Tingo et Anchaiano,
Bartolo e Mugavero e Fainotto,
che paiono figloli del re Priano;

prodi cortesi più che Lancilotto,
se bisognasse con le lance in mano
fariano torneamenti a Camellotto.

II

DI GENNAJO.

I' doto voi nel mese de gennaio
corte con fochi di salette accese,
camere, letta ed ogni bello arnese,
lenzuol de seta e copertoi di vaio,

tregèa, confetti e mescere arazaio
vestiti di doasio e di rascese,
e 'n questo modo star a le defese,
mova scirocco, garbino e rovaio.

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