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LE STORIE DI CESARE

NELLA LETTERATURA ITALIANA DEI PRIMI SECOLI.

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Ai poeti ed ai romanzieri francesi, che lungo il secolo dodicesimo e poi, sebbene con meno splendidi risultati, per tutto il secolo decimoterzo, elaborarono in così nuovo modo la « materia di Roma », una storia di Cesare doveva presentarsi naturalmente come un soggetto pieno d'attrattive. Il conquistatore delle Gallie, il vincitore di Pompeo e di Giuba, lo scrittore dei Commentari, s'era con un altro e ben più grande titolo assicurato un altissimo luogo nelle menti medievali: egli aveva fondato l'impero, anzi era stato, secondo la storia d'allora, il primo imperatore esso stesso (1). E poi c'era la Farsaglia, la quale, se col suo spirito repubblicano e così ostile a Cesare, si trovava

(1) Per le numerose leggende che nel medio evo correvano intorno a Cesare, si può vedere l'importante capitolo che vi si riferisce nel libro di A. GRAF, Roma nelle memorie e nell'imaginazione del medio evo, Torino, 1882, I, 252 sgg. (cfr. II, 578-79), e più specialmente, per l'errore storico che qui si accenna, pp. 248-49. Naturalmente agli esempi dal Graf indicati se ne potrebbero aggiungere molti altri. Sulle leggende medievali di Cesare fu anche annunziato un lavoro speciale del sig. Oreste Tommasini (vedi A. COEN, Di una leggenda relativa alla nascita e alla gioventù di Costantino Magno, nell'Arch. della Soc. rom, di st. patr., V, p. 38); però non ha ancora veduto la luce. Finalmente, sulla parte che ha Cesare nell'antica poesia francese, si vegga l'utile compilazione di R. DERNEDDE, Über die den altfranzösischen Dichtern bekannten epischen Stoffe aus dem Alterthum, Erlangen, 1887, pp. 145-8, e anche p. 58.

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in piena opposizione colle tendenze degli animi medievali, offriva però bene tutto l'ordito, su cui ritessere con non molte variazioni una tela nuova, colorita come richiedeva il gusto del tempo. Così della Farsaglia, più favorita in ciò che non l'Eneide stessa o la Tebaide, s'ebbero due rifacimenti affatto diversi, gli anonimi Fait des Romains e l'Hystore de Julius César di Jehan de Tuim; infine, benché non indipendente un terzo, il noto poema di Jacot de Forest. Nondimeno, se si confrontano le condizioni in cui si presentano i racconti riguardanti Cesare, con quelle che sono invece offerte dalle altre parti del ciclo classico, si rilevano delle differenze notevoli, che mettono i primi in uno stato per così dire d'inferiorità.

I racconti di Cesare anzitutto sono gli ultimi a sorgere. Mentre il poema di Alberico di Besançon su Alessandro va probabilmente posto sul principio del sec. XII e quelli di Troia e d' Enea, qualunque di essi sia il più antico, non possono spingersi molto addentro nella seconda metà e tutti infine rientrano nel medesimo secolo (1), la grande compilazione anonima che va sotto il titolo di Fait des Romains, può tutt'al più essere dei primi decenni del secolo successivo. In secondo luogo, mentre le altre parti del ciclo classico furono trattate in lunghi poemi, i quali solo più tardi furono volti in prosa, sia per cagione del gusto che s'andava mutando, sia per le esigenze delle compilazioni in cui si volevano far entrare,

(1) Non so bene per quali argomenti il PARIS, La littérature française au moyen áge, Parigi, 1888, p. 77, dica il Romanzo d'Enea composto senza dubbio dopo quello di Troia: tuttavia al Paris si può ben credere sulla parola. Egli poi mette il Romanzo di Troia verso il 1160, contro il JOLY, Benoit de Sainte-More et le Roman de Troie, I, 57, e d'accordo piuttosto colla conclusione (forse, riguardo l'argomento su cui si fondava, non perfettamente sicura) dello STOCK, Romanische Studien, III, 492. Per la data del Romanzo di Tebe (e per necessaria connessione, anche di Troia) veg. gasi infine il CONSTANS, La légende d'Oedipe etc., Parigi, 1880, pp. 279 sgg. Egli crede poterla fissare al penultimo quarto del secolo, poco dopo il 1150: non crede però probabile che sia opera di Benoît, mentre diversa opinione manifesta il PARIS, op. cit., p. 78. Posteriore a tutti questi di circa un secolo fu il poema di Jacot de Forest. Strano che il NYROP, Storia dell' epopea francese, trad. Gorra, Firenze, 1886, pp. 251-52, continui a dirlo, seguendo il Joly, anteriore al Romanzo di Tebe, mentre d'altra parte egli cita l'edizione del Settegast di Jehan de Tuim.

Cesare non fu sin dal principio oggetto che di narrazioni prosastiche, molto più fedeli agli originali latini, e quando infine Jacot de Forest anche a lui pensò di consacrare un poema, si ristrinse a versificare pedissequamente una di quelle narrazioni, senza del resto riuscir troppo a guadagnarsi il favore del pubblico (1).

Questi fatti si possono, almeno in parte, spiegare colla natura dei testi classici, che dovevano prendersi a fondamento d'una storia di Cesare. Il caso senza dubbio, per quanto si voglia restringerne l'efficacia, sarà entrato anche qui per non poco, e avrà contribuito a che Cesare non avesse la fortuna di trovare sin dal principio chi s'accingesse alla laboriosa impresa di versificar la Farsaglia. Tuttavia non è forse improbabile che anche ad uomini del medio evo, benché così poco intelligenti dell'antichità e così poco capaci di distinguere nettamente la finzione dalla storia, il ciclo di Cesare dovesse apparire assai più intimamente storico che non tutti gli altri, e che l'esistere accanto alla Farsaglia i Commentari e Svetonio, racconti prosastici e ben inadatti, sopratutto quest' ultimo, ad esser ridotti in versi, li rendesse quasi inconsciamente restii a farne oggetto d'una trattazione poetica. Lo spirito stesso poi, così anticesareo, della Farsaglia, poteva allontanare da essa i troveri, desiderosi di volgersi a qualcosa che meglio si confacesse con le loro tendenze e che richiedesse, per essere adattato alle condizioni ed ai gusti del tempo, meno profonde mutazioni. Infine, anche allargandosi fuori del ristretto cerchio dei troveri, quando si pensi all' immenso favore di cui nel medio evo godettero, l'Eneide da un lato, le favole del pseudo Callistene, di Darete e di Ditte dall'altro, non può far grande maraviglia che i romanzi d'Alessandro, di Troia e d' Enea precedessero quello di Cesare; giacché

(1) Non se ne conoscono che due manoscritti, uno della Biblioteca Nazionale di Parigi, che ha il numero 1457, ed un altro indicato dal MEYER, nella Romania, XV, 129, che appartiene alla biblioteca di Rouen e porta in essa la segnatura U. 12

Lucano, quantunque molto noto ancor esso, non raggiunse probabilmente mai la popolarità neppure di Stazio, non essendo come questi sostenuto da una pietosa leggenda, che narrasse la sua conversione al cristianesimo (1).

Veniamo dunque ad esaminare un po' da vicino queste storie di Cesare, per rilevare le caratteristiche di ciascuna di esse, e giungere così meglio preparati allo studio delle redazioni italiane. Noi non possiamo promettere di dir molte cose nuove: codeste composizioni furono già l'oggetto di speciali ricerche, e noi, che d'altra parte non abbiamo a nostra disposizione l'originale francese se non di una sola (2), dovremo contentarci ora di riassumere ora di completare e qua e là correggere i risultati ottenuti.

La più antica compilazione è nota sotto il titolo di Fait des Romains, ch'essa porta nel maggior numero dei manoscritti; doveva nell'intenzione dell' autore giungere fino a Domiziano, comprendendo così la storia di tutti i XII Cesari, ma rimase interrotta, non sappiamo perché, alla morte di Giulio (3). L'autore è ignoto: tuttavia parecchie allusioni, rilevate in essa dal Meyer, ed il fatto che si trova già adoperata nel Tesoro di Brunetto Latini, il compimento del quale non può essere posteriore al 1266, permettono di concludere con sicurezza, ch' egli dovette nascere verso il fine del sec. XII o sul principio del XIII. Se non altrettanto sicuro, è però molto verosimile ch'egli vivesse a Parigi e quivi mettesse insieme la sua laboriosa compilazione (4).

(1) Sulla conoscenza che aveva di Lucano il medio evo, vedi GRAF, op. cit., II, pp. 315-318, su quella che aveva di Stazio ibid., pp. 318-321 e CONSTANS, op. cit., pp. 192 sgg.

(2) Cioè dell' Hystore de Julius Cesar di Jean de Tuim. Certo utilissimi ci furono pure i lunghi estratti del Gellrich nel libro che citeremo più innanzi, ma per lo scopo che ci proponiamo nell'Introduzione non potevano bastare. Piuttosto abbiamo adoperato per i Fait des Romains le traduzioni italiane, di cui quella contenuta nel Riccard. 2418 è, come si sa e come diremo, fedelissima.

(3) Romania, loc. cit., p. 23.

(4) Ibid., p. 23 sgg., cfr. p. 7. Sulla probabilità ch'egli fosse di Orléans, vedi qui la nota a p. 353.

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Il titolo completo dell'opera è in molti manoscritti: Li fait des Romains, compilé ensemble de Saluste, de Suétone et de Lucain, dopo il quale se ne troya un secondo: Cis premiers livres est de Juille Cesar (1). Le fonti dell'A. sono realmente quelle da lui indicate: solo egli ne omise qualcuna, sopratutto i Commentari di Cesare, colle loro varie continuazioni, e la sua propria fantasia, riscaldata dalla lettura delle chansons de geste, che lo conduce a numerose alterazioni ed aggiunte di stile epico (2).

Il prologo è una traduzione un po' libera dei primi capitoli della Catilinaria di Sallustio, e ad esso tengono dietro, a mo' d'introduzione, alcune brevi notizie intorno alle cariche e alle magistrature romane, questa fra le altre, che dopo il tentativo di Tarquinio di riacquistare il regno, i Romani elessero a capi della città tre dittatori, i quali duravano in carica cinque anni (3).

Così preparato il suo pubblico, l'autore comincia, traducendo Svetonio, a narrare della nascita e dei primi anni di Cesare; inserisce, traendolo da Sallustio, tutto il racconto della congiura di Catilina, fino alla morte di questo sul campo di battaglia; ritorna a Svetonio, per narrare il principio dell'amicizia fra Cesare e Pompeo, e infine, dopo un capitoletto attinto a Giuseppe Flavio, che riguarda la spedizione di Pompeo contro Tigrane e contro i Giudei (4), prende a descrivere le guerre e la conquista delle Gallie, seguendo molto da vicino i Commentari. Qui, dopo qualche altro passo tratto da Svetonio e qualche verso di Lucano, finisce la prima parte dell'opera, la quale, almeno nei manoscritti italiani, porta il titolo di Sallustio ed è divisa in due libri (5).

(1) Romania, loc. cit., p. 2. Solo più di rado s'incontra, come titolo unico, Le livre de César.

(2) Ibid., p. 9 sgg.

(3) Come si vede, essa è fondata sopra una falsa nozione di ciò che fosse il triumvirato di Cesare, Crasso e Pompeo.

(4) Romania, loc. cit., p. 7 e nota 4, dove si danno anche le rubriche di questa parte.

(5) Veramente solo al primo si addirebbe questo titolo. Vedi í Fatti di Cesar e editi dal BANCHI, dei quali in seguito ci occuperemo a lungo.

Studi di Alologia romanza, IV.

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