Io porto alato il piede Su i gioghi di Marsiglia, E se l'orror celeste Delle sacre foreste In novi accenti ragionar consiglia, Su l'aeree pendici Tesseranno le Muse inni felici. Febo s'infiamma altrove, E fra le nubi e il gelo Su queste balze sì scolora e verna; Ben qui turbato Giove Velò le luci al cielo, E qui pose stagion di nembi eterna : Ma qual splender caverna Veggio alle nubi in cima ? O quanti raggi e fiori, Quanti sereni orrori ! Al bell' antro s' appressi anco mia rima, Chè su l'eterea mole È di men chiaro albergo ospite il Sole, Quivi forse soggiorna (Già miro i biondi crini) L'aurea Stella d' Amor, che al giorno è scorta? Sol di sè stessa adorna Co' bei lumi divini Apre Oriente, e i miei pensier conforta? Oh non per anco accorta Di vaneggiar mia mente! Quella che sul Giordano Stella d'amor profano Movea ne' cavalieri insania ardente, Or santa voglia intende, E de' guardi di Dio s'infiamma e splende. Or chi darà mai l'ali A i Palestini amanti Per volar su quest' Alpe al sacro albergo ? Non di fiammelle e strali Più mirerian sembianti, Nè più porpora ed or splender sul tergo. Sovra me stesso io m' ergo Di rintracciar non stanco Il consigliero arnese, E veggio solo appese Care insegne di pena al nobil fianco ; Nè agli occhj miei s' asconde La bella strage delle trecce bionde. Avventurosa chioma ! Non per l'aureo splendore, Onde tue fila intinse illustre vena, Nè perchè da te doma Alla corte d' Amore N' andò Gerusalem tratta in catena, Ma perchè nobil pena Squarciò le bende aurate, E a i procellosi raggi Fe dispietati oltraggi Che furo di bell' ira opre beate; Allora il crine e il velo Vaghi appariro, ed ebber lodi in cielo. Allor la destra e i lumi, Emuli tuoi versaro Prezioso licore, amabil pianto ; Ma i tuoi novi costumi A bel trionfo andaro, Che di sublime impresa ebbero il vanto. Qual fu l' aurato manto Che il santo avorio terse Delle piante divine? Certo fu solo il crine, Che fortunato sè medesmo offerse, E al grande ufizio corse Veloce sì che gli astri anco precorse. Ma seguendo la doglia A versar largo nembo, Delle lagrime belle a me fa speglio, E sì dolce m' invoglia, Che a questi monti in grembo Con l'alme Muse d'abitare io sceglio. Io qui canoro veglio Su le terga de' venti Commetterò parola, Ch' eternamente vola Tinta d' ambrosia alle rimote genti, E dirà in suo linguaggio; Mirabil opre di celeste raggio! |