BERNARDO TASSO. SIAN della greggia tua, vago Pastore, L'erbette e i fior della mia verde riva ; L'ombre sian tue di gelso e dell' oliva Che fanno al tuo bel colle eterno onore ; Ma non turbar il fresco e dolce umore Di questa fonte mia lucente e viva, Qui solo beve Apollo, e le Sorelle, Tu, se non sei Pastore rozzo e vile, BERNARDO TASSO. GIA intorno al marmo che 'l gran Carlo asconde, Arsi avean mille cari Arabi odori Le genti dell' Europa, e quel di fiori Di Già Fèbo, adorne le sue chiome bionde sempre verdi e trionfali allori, Cantava le sue glorie e i tanti onori Ch' alto grido di lui sparge e diffonde; L'Eternitate all' improvviso apparve, E nel sasso scolpì: Qui Colui giace, Cui l' un mondo domar sì poco parve, Che vinse l'altro, e d'ambi altrui fe dono; Augurate a quest' ossa eterna pace! BERNARDO TASSO. QUEST' ombra che giammai non vide il Sole, Qualor a mezzo il ciel mira ogni cosa, Dai folti rami d'un mirteto ascosa, Col letto pien di calta e di viole; Dov' un garrulo rio si lagna e duole L'arena più ch' una purpurea rosa Un povero Pastor, ch'altro non ave, Se col tuo sonno e tranquillo e soave Gli chiuderai quest' occhj egri e dolenti, Che non veggon mai cose allegre e liete. BERNARDO TASSO. APRICHE piagge, ombrosi colli ameni, Tutti d'amore e di dolcezze piene; Beate voi, ch' ognor fatti sereni Da quelle luci a null' altre seconde, Il ciel avaro de' maggior miei beni. Quanto v' invidio così lieta sorte! Che con voi parte i suoi dolci pensieri Voi del tesor, che 'n lei Natura accoglie, Ricchi e felici, ve ne gite alteri, Ed io mendico pur chieggo la morte. BERNARDO TASSO. SACRO arboscel! che'l glorioso nome Degno non men che sia 'l pregiato alloro Troppo agli omeri miei son gravi some Della mia lima, ond' io mi discoloro, Che vorrei pur lodarti, e non so come. Ben prego il Sol che, se nebbia t'ammanta, Scopre in te i raggi, e sì ti privilegi Ch' ogn' altro invidj il tuo stato gentile. E poi che darti più famosi pregi Non può questo mio incolto e basso stile, Almen t'inchino come cosa santa. |