I lusingati Augusti, Nè fur conversi in luce alta immortale ; Chè solo l'alme al vero Giove amiche Sede si fanno dell' eccelse stelle, E sacri sono ai lor celesti esempli Quei ch' or veggiamo simulacri e templi. Di cerchi, di teatri, e curie immense, E le terme, che il tempo ancor non spense, Fan dell' alme Romane illustre fede: Parea del Lazio la vetusta gente In mezzo allo splendor de' genj suoi Un popolo d' eroi. Ma, Reggie d' Asia, vendicaste alfine Come i principj son del Nilo ascosi ; Che non avresti, Egizia Donna, i tuoi Mandati a i Sette Colli, Nè fama avrebbe il tuo fatal convito : Romolo ancor conosceria sua prole, Ma pur non han le neghittose cure, Tanto al Tarpèo nemiche, Spento l' inclito seme Delle grand' alme antiche ; Sorgere in ogni etate Fuor da queste ruine Qualche spirto real sempre si scorse, Che la fama del Tebro alto soccorse. Oh! come il prisco onore erse e mantenne Co' suoi tanti trofei L'eccelsa Stirpe de' FARNESI invitti, Sempre d'ardire armata, E di battaglie amica! E quando resse il freno Alla Città sublime Per man de' sacri figli, Oltre l' Alpi fugò l' ire e i perigli, E trasse Italia dall' ingiurie ed onte Di fero Marte atroce, E le ripose il bel sereno in fronte. Di meraviglia piene allor fur l'ombre De' Latini Monarchi In sul tanto apparir teatri ed archi, E templi, e reggie, ed opre eccelse e grandi, Onde sostenne il regal sangue altero La maestà di Roma e dell' impero. Quasi Signor di tutte l'altre moli Alta regge la fronte il gran FARNESE, Chiaro per arte, e per illustri marmi, A te verremo, O gloríosa terra, Con le ghirlande d' onorati versi, E di letizia e riverenza gravi Ornerem le famose ombre degli Avi! ALESSANDRO GUIDI. CANZONE. A Monsignore ULISSE GOZZADINI, Arcivescovo di Gli Arcadi sul Colle Palatino. ILLUSTRE Colle, che d'ospízio e sede Fosti cortese al pellegrino Evandro, |