ALESSANDRO GUIDI. CANZONE. Al Signor Cardinale PIETRO OTTOBONI, Vicecancelliere di Santa Chiesa. Costumi degli Arcadi. NASCE da nostra mente Un felice desio, Che a natura conforma il viver nostro ; Non anelar si sente Entro i tetti reali, E non cerca di bisso ornarsi e d'ostro; Solo talor si è mostro Pallido innanzi a Giove, Qualora ei vide infra baleni e lampi Star sospese le nubi Sovra gli Arcadi campi ; E per la chiara ed onorata fronde Che Febo altrui comparte, Ferve il nostro pensier su la bell' arte, Ed alle Muse in buon voler risponde: E queste son le cure Che ne' nostri tugurj abitar ponno, Non quelle che de' Re turbano il sonno. Oh se una eterna legge Fatta s'avesse il Lazio Dell' innocente suo primo costume! Certo che l' Oceano Seguito non avria sì lungo spazio L'altere voglie del Romuleo fiume; Nè già da' sette Colli avrian le piume Vólte l' Aquile invitte, e il Mondo intero Già non avrian veduto Posarsi all'ombra del Romano Impero. Ma non avrian nè meno Tante crudeli cittadine spade Per le belle contrade Squarciato dell' Italia il manto e il seno ; E non avrebbe alfine L'ampio splendor della Città di Marte Da' lidi aspri e rimoti Chiamata sul Tarpèo l'ira de' Goti. Da mano tinta di fraterno sangue Scritte non son le nostre leggi, e il Cielo Non mai le guarda con turbata luce; E ben sanno gli Dei Che Natura ne regge, E che Innocenza i lieti dì ne adduce. Nè nostra mente alcun desio produce Che sua ragion si faccia Fastidire talor l' altrui confine, O rapir le Sabine, Nè militare incendio altrui minaccia ; Tesse corone e fregi Sovente d'aurei versi Intorno a i nobil pregi Di nostre Ninfe, e fa di gloria gravi Fiorir dinanzi a Giove inni soavi. Non di possente rege, Nè d' altero senato Unqua apparver fra noi scettro e bipenne, Nè, qual leon, di maestate armato Chiaro Pastor fra noi Unqua la bella Arcadia in man si tenne : Sol di saggio custode altri sostenne L'amabil nome, e i mansueti ufficj. Così le nostre selve Piene son di costumi almi e felici; E se nostra virtute Venisse in pregio alle città famose, Quanti superbi fortunati eroi Vedriano i lor splendori Occuparsi da' poveri Pastori! Oh, quanto sembreria vil pondo l' oro Delle corone! e quanto Vano il romor de' chiari nomi egregj, Se dentro il petto loro Si prendesser vaghezza Di nostre cure i sommi duci e i regi ! Alta quiete allora Velerebbe le luci al lor sospetto, Nè, a latrare in lor mente, orrido sogno |