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E gli Arcadi pastor per man prendete !

Voi di Natura illuminar potete

La fosca e dubbia luce:

Se voi non foste in nostra guardia deste,

Nostra mente faria sempre viaggio

In su le vie funeste,

Ed Arcadia vedreste

Piena solo dell' opre orrende antiche ;

Or voi splendete al viver nostro amiche, Chè, se indugiasse il Fato

A recarne i felici imperj vostri,

Governo avrian di noi furori e mostri.

ALESSANDRO GUIDI.

CANZONE.

Al Signor Duca di Sora D. GREGORIO BUONCOMPAGNI,
Principe di Piombino.

I Giuochi Olimpici in Arcadia.

Su l'Olimpico corso oggi non arde

Infra la bella polve

Il famoso sudor d' Argo e Micene;

Nè l' equestre Cirene

Ver le palme Nemee s' infiamma, e scote

Le sue fervide rote;

Non chiede oggi Jerone

Su le rive d' Alfèo

Al Tebano Cantor lampi e corone ;

Ma bene Arcadia vede

Per leggiadre contese, e giochi illustri, Con chiome incolte e sotto pelli irsute Uscir dalle capanne alta virtute.

Scendon talor giù dalle soglie eterne A far chiara la terra i Genj egregj, Che verso i tetti di pastori e regi Egualmente spiegar sogliono l' ali.

Non son cari agli Dei solo gli Atridi;

Ama Giove il valor dovunque ei sorge,

E di sua man lo scorge:

E così vide il Tebro i Curj suoi,

Che abbandonando il solco

Si mischiàr fra gli eroi,

E in lor mirò Quirino

Il primo aspetto dell' onor Latino.

Era dolce a vedersi

Su per gli Elèi sentieri

Rettor felici di quadrighe alate

Fare il vento anelar presso i destrieri,
E le mete fregiar d' orme beate;

Nè men dolce a vedersi i forti Atleti
Bagnar di bel sudor le prove ardite,
E volgere il desio caldo e feroce
D' Elide e Pisa a i gloriosi rami, •
E destar fra i trofei musica voce:

Ma pur su l'Istmo era sì nobil arte
Rigida figlia del furor di Marte.

O della saggia Arcadia illustre gente,

Son le vostre contese

In bella fiamma accese,

Nè l'orror di battaglia è a voi presente :

Sonvi le bionde Grazie, e le sonanti
Figlie celesti, e v'è Cillenio, e Febo,

E v'è Pallade ancor, Pallade inerme.

Godon le Deità tranquille e liete

Delle placide gare,

E di veder ne' vostri chiari ingegni

L'illustre immago de' bei raggi loro,
E sovra i regni alzarsi il sacro alloro.
Se il buon Cigno di Dirce
Tornasse a respirar l'amabil giorno,
Quante per vostro onore auree saette

Ei vibrerebbe a questo colle intorno!

Nelle dure palestre

Più non andrian suoi carmi

Infra l'orror dell' armi;

E tutte verseria l' acque

Il Tebano Ippocrene

immortali

Qui dove, in grado alle Pierie Dive,

Per voi su queste cime un fonte apersi, Che nove sparge ed ammirabil onde,

E al roco Volgo i suoi principj asconde.

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