ALESSANDRO GUIDI. CANZONE. A CRISTINA, Regina di Svezia. S' 10 chiedessi agli Dei Chi mai tra' figli loro Per me dovesse in Elicona ornarsi, Certo che del bell' oro, C'hanno i regni d' Euterpe, andrian cosparsi Repente, alta REINA, i tuoi trofei. Io lo splendor degl' inni a te dovrei Recare innanzi, non mortal mercede, Cui per cose onorar celesti e nove Febo solo concede. Allora Europa ammireria tue prove, E insieme sfavillar sovra il tuo crine Alte gemme divine. Ma poichè il bel pensiero, E la fervida voglia Che s'ha delle tue lodi, appare in cielo ; E poichè mai non spoglia Illustre Musa il generoso zelo, E il buon desir di celebrare il vero ; Diletto a i sommi Dei porgere io spero L'arte movendo de' canori studj, E formando per te corone e fregi Su le Tebane incudi. Io prendo in cura i tuoi gran fatti egregi, E verrà che il tuo nome altero or vada Tu vedrai nascer fiume Intorno a i lauri tuoi d'acque celesti; Lascian per te il costume Di passar sovra i Cigni i dì funesti, E riede in Cirra la stagion beata. Or quinci lieti sovra l' arpa aurata Per te s'ornan trofei, s'innalzan gridi, Che stan de' prischi eroi l'ombre famose Su gli onor tuoi pensose. Del grande Augusto suole, E del buon Mecenate, Sovente ragionare il bel Permesso; Ma in questa dura etate Tuo favor rimembrando, Apollo istesso Per te sparger dovria lampi e parole: Chè andrian le Muse lagrimose e sole, Senza onor di ghirlande e d'auree cetre, E muti si starian gl' inni canori Nelle Febee faretre, Senza te, che Parnaso ami ed onori; Sicchè deggiono i Cigni a te far dono E tu la mente e i modi Sommi di Febo intendi, E il caldo immaginar de' sacri ingegni E tanto in alto ascendi, Che la grande armonìa d' udir sol degni, I chiari spirti d' onorar tu godi, Perchè comprendi lor celesti note, Ed a chi tue virtuti or non son note? S' additi anco alle Muse il pregio e l'arte D'illuminar le carte. Quindi l'Aonie Dive Di te, degli onor tuoi, Non han ne' lor pensieri idol più degno; Chè de' novelli eroi Non vai col volgo, e tu sormonti il segno Se mia penna di te ragiona e scrive, Ha tal luce e valor, che non s' estima Fra noi cosa mortale ; E tanto poggia all' alte nubi in cima, Che l'aquila superba invida geme, Nè di seguirla ha speme. |