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Genova mia, se con ciglio asciutto

Giro lo sguardo al Tempo, ed il trascorso

I

Io fui in sull'alto e in sul beato monte
In nobil sangue vita umile e queta

331

341

Io vidi in terra angelici costumi

Io vorrei pur drizzar queste mie piume

Io son quel Lauro, e quella amata fronde
In lieto e pien di riverenza aspetto
Italia, Italia! O tu cui diè la sorte

Io chiedo al ciel; chi contra Dio l' indegno
Io chiesi al Tempo; ed a chi sorse il grande
Io no, non credo che 'l morir sia danno
lo vidi un dì che 'n luminosa vesta
In parte ove non fia ch' uom lieto passi

L

L'Aura serena che fra verdi fronde
L'ultimo, lasso, de' miei giorni allegri

La gola, e il sonno, e l' oziose piume
La bella terra ove mi aggiunse Amore
Lascia l' isola tua tanto diletta

Lieta e chiusa contrada! ov' io m' involo
Lungi da quel che piace al vulgo insano
Leggiadra Rosa le cui pure foglie

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M

Mentre l'aura amorosa e'l mio bel lume
Mentre ch' Amor con dilettoso inganno
Mentre da' vaghi e giovenil pensieri
Mentre omai stanco in sul confine io siedo

PAG.

181

187

211

304

N

Non d'atra e tempestosa onda marina
Non mai più bella luce, o più bel Sole
Nel bel Sol che dagli occhj vostri move
Non ti nasconder più, Spirto divino
Nell' assedio crudel che l' empia sorte
Non è si vaga alla stagion novella
Non di porfido tomba eletto e duro
Nobil figlia d' Apollo amata e cara

Negli anni acerbi tuoi purpurea rosa

Non così bianco mai nel verde prato
Nume non v'è, dicea fra sè lo stolto

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Or che'l ciel, e la terra, e'l vento tace
Ombrosa selva, che 'l mio duolo ascolti
O bella violetta! tu sei nata
O sonno placidissimo! ormai vieni
Odorifera erbetta, e vaghi fiori
Occhj miei belli! mentre ch'io vi miro
O messaggi del cor sospiri ardenti

O figlio della notte oscura e ombrosa

O dolce selva solitaria amica

O Sonno, o della queta umida ombrosa

O del silenzio figlio e della notte

O Zefiretto! che movendo vai

O di selve e ninfe e d' odorate

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P

Pien d'un vago pensier che mi disvia
Più dolce sonno o placida quiete
Padre eterno del ciel! se, tua mercede
Pon, Febo, mano alla tua nobil arte
Parte dell' alma mia, caro Consorte
Poi chè per mia ventura a veder torno
Penna infelice, e mal gradito ingegno
Per far serti ad Alnano io veggio in pronte
Placida auretta, ch' or tra fiore e fiore

Q

Quel cerchio d'oro che due treccie bionde
Questa leggiadra e pura mia colomba
Quanto più m' allontano dal mio bene
Quando già stanco il mio dolce pensiero
Quella che all' umil suon di Sorga nacque
Quella che co' begli occhj par che invoglie
Quell' arboscel che 'n le solinghe rive
Quando nasceste, Amor? quando la terra
Qui giace il Molza: a sì gran nome sorga
Quest' ombra che giammai non vide il Sole
Quanto Amor possa in giovenil pensiero
Questo cor, questa mente, e questo petto
Questa scolpita in oro amica fede
Quella cetra gentil che 'n sulla riva

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Qualor l' età, che sì veloce arriva

264

Queste fiorite e dilettose sponde

267

Qui d' onde porta il Sil tributo al mare
Queste nell' età mia più fresca ordite
Questa sì bella nobil donna, e degna
Questa, che scossa di sue regie fronde
Queste, che noi miriam mole superba

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Qui nacque Arcadia, in questo colle, in questo
Questa che scende in bianca nube e pura
Questa nata pur or qui presso al polo

Questo fiume real che le bell' onde

R

Ripensando al soave onesto sguardo
Ricche piante di fresche ombrose fronde
Rotto dall' onde umane ignudo e lasso

S

Soleano i miei pensier soavemente
Spento ha dagli occhj miei l' altero lume
Sia dunque benedetto il primo inganno
Sacro, leggiadro, altero, e puro fiume
Spesso mi torna a mente, anzi giammai
Sovra del mio mortal leggiera e sola

Son questi que' begli occhj in cui mirando
Sogno, che dolcemente m' hai furato

S' io 'l dissi mai che l' onorata fronde

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Sacri, superbi, avventurosi e cari

228

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Solingo augello che ne' dolci accenti
Strane rupi, aspri monti, alti tremanti
Se d' Amor queste son reti e legami
Sdegno, debil guerrier, campione audace
Servi d' Amor se fia che mai leggiate
Scioglie Eurilla dal lido: io corro, e stolto
Saggio chi disse che cantori egregi

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Scrivi, mi dice un valoroso sdegno

PAG.

Sorge con l'armi d'un leggiadro sdegno

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338

Sovra splendido trono d' adamante

Sommo Sol, che a quell' altro errante in cielo
Se da te appresi Amore e non altronde
Semplice abitator di balze Alpine

T

Talor mi prega dolcemente Amore
Tempestose, sonanti, e torbid' onde
Tu, pur col fin per me solo infelice
Tu, che 'n forma di Dea vera Sirena
Teco varcar non temerei, Ferrante
Tu, che dal freddo clima e dell' adusto

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V

Va, testimon della mia debil vita

Vien tosto, o cara Donna! eccoti i fiori
Valle chiusa, alti colli, e piagge apriche
Verde prato amoroso, erbe felici

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