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molte carte; e i miracoli dell' arte sua propria, li quali in ogni parte del mondo sparsi sono per l' universo, non che nel bel paese più al cielo diletto, ne fanno chiarissima fede, e faranno in perpetuo, vincendo le opere di lui i secoli correnti per le lor vie; e penso che, se a quelli far potesse oltraggio chi tutto sforma e dissolve e consuma, cesserebbe per divino volere il moto, s' egli è che nei parti miracolosi di quell' ingegno sovrumano tanta parte di se ne dimostri l'onnipossente valore. Nè credo che vada oggi per terra uom sì rozzo, sì duro, che, udendo parlare del Buonarroti, non gli torni a mente alcuna delle tante opere di lui, le quali ingombranó la terra; o vuoi quella sì famosa Pietà di marmo alla cui perfezione aggiunge a pena natura in carne umana e, nelle sue pinture; o il giovanetto David colla frombola in mano, lavoro di sì alto stile; oi due prigioni della sepoltura di Giulio II, che pongon l'occhio in discordia coll'udito; o quel Moisè, il cui volto tanto della incomprensibile divinità manifesta (1); o la cupola di san Pietro, e altri dei, lavori immensi di quella gran mole

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Abb

(1) Gio. Batista Zappi ricopiò nel seguente suo bellissimo sonetto quel vivo marmo:

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di maraviglia; o la volta della Sistina, ch' è stata, dice il Vasari, ed è veramente la lucerna dell' arte; o vuoi l'universale giudizio, che va sopra tutte le opere di pittura che ha il mondo; o la sagrestia nuova di Firenze con quelle statue ammirande, e la libreria di san Lorenzo; o l' inestimabile quadro della Leda; o l'Apollo di marmo che si cava del turcasso una freccia; o la conversione di san Paolo, e la crucifissione di san Pietro, nella Paolina; o l'ultima delle sue opere di scultura, quel gruppo di quattro statue, Cristo deposto dalla croce, opéra non affatto finita, ma pur divina; o il palazzo Farnese e il Campidoglio; o la miracolosa pianta della chiesa di san Giovanni, in Roma, la cui bellezza, all'autore stesso maravigliosa, pinselo a dire che, se conducessero a fine quel disegno, nè Greci, nè Romani mai a' tempi loro fatto avrebbero cosa tale; o infine quelle tante carte stupendis

Questi è Mosè; ben mel dimostra il folto

Onor del mento, e il doppio raggio in fronte ;
Questi è Mosè, quando scendea dal monte,
E gran parte del Nume avea nel volto.

Tal era allor che le sonanti e vaste
Acque ei sospese a se d' intorno, e tale
Quando il mar chiuse, e ne fe' tomba altrui.

E voi, sue turbe, un rio vitello alzaste?
Alzato aveste immago a questa eguale,

Ch' era men fallo l' adorar costui.

sime da lui disegnate, schizzi, cartoni, modelli, disegni, il cui numero vince ogni memoria.

Adunque, lasciando stare quello che, se nol sappia, puote ognuno agevolmente in mille lati da se medesimo imparare, e strignendomi a quello che parrà certo maraviglia inaudita, siccome vuol cosa che non fu più mai, dico che questo, come dal ferrarese Omero s'appella, più che mortal angel divino (il cui nascimento avvenne l'anno 174, il dì sesto d' aprile, e in Firenze, immortale e feconda madre d' eroi, patria dell' Alighieri, del Petrarca, e del Boccaccio, mentre reggeva quella repubblica il gran Lorenzo, di sempre graziosa e onorata memoria, promotore di quel divo ingegno, padre vero della patria, e larghissimo proteggitore dei nobili studj e delle arti) nel trascorrere il luminoso sentiero segnatogli dal suo alto destino, occorsegli di rivolgere l' ingegno ai poetici studj, e d'acquistarsi per quelli una quarta corona d' immortalità, tale per se sola, che sarebbe eterno il nome di lui, quando per altri tre titoli gloriosi non fosse.

Viveva, in quel beato secolo, in Italia, la virtuosissima e bellissima Vittoria Colonna, marchesana di Pescara, vera donna di virtù, la quale siccome coi nobili parti del suo poetico ingegno pareggiava la fama dei più celebrati alunni delle Muse d' allora, sì ancora d'ogni più raro dono che largir possa il cielo al gentil sesso, rara pietà, leggiadria, onestà, grazia singolare, gentilezza vera, nobili reggimenti, abito al

tero, ingegno e valore, ogni altra che fosse in Italia eccedeva; e le tante bellezze dell' anima armonizzavano così quelle dell' angelica persona : copiosissimi e lucentissimi i capelli, maestrevolmente cumulati e ravvolti sul bel capo, o in aurea pioggia su i candidissimi omeri mollemente sparsi, dolce giuoco e trastullo dell'aura innamorata; chiara, serena, e aperta la fronte, ove scritto pareva il contento e la tranquilla pace del cuore; piena di rose e di perle la bocca, di quell' ineffabile riso sfavillante, onde muove amore le ardentissime faville del gentile spirito animate; neri gli occhi, allegri, innamorati, divini, dove tutto accolto si mirava il paradiso.

Nacque questa maravigliosa donna cirea l'anno 1490 a Fabricio Colonna, gran contestabile del regno di Napoli, per Anna di Montefeltro, figlia di Federigo duca d'Urbino; e Marino, feudo della nobilissima famiglia di lei, udì prima i suoi vagiti; nè aveva ancora a pena lasciata la mammella, che venne destinata in isposa a Ferdinando Davalos, marchese di Pescara, d'una età con lei; e com ebbe il decimo settimo anno varcato, compiessi il reciproco voto col sacro nodo nuziale, più dolce, e più bello, e più giocondo del quale più non si vide, tanta era la concordia, sì perfetta l'armonia degli animi loro spiranti amore e maraviglia, e dolce invidia in chiunque vedevagli, o di loro udiva. Così riposata, così tranquilla fu la vita di lei, mentre che, involatole da troppo acerba e cruda

morte l'adorato e valoroso consorte, vide mutarsi quel bel sereno e la letizia in doloroso pianto e amarissime tenebre; nel quale stato di subita e dolorosa vedovanza, sperando trovare alcuna temperanza al dolore nei poetici studj, rifiutando i tanti altri nobili partiti offertile dai più illustri signori d'Italia, non meno innamorati delle virtù che delle bellezze di lei, ricoverò in dolce solitudine, dove niuna altra compagna avendo se non le Muse, compose quelle sacre rime, delle quali vide farsi in sua vita quattro edizioni, ritornate poscia più volte alla luce, e ancora con dotti comenti di Rinaldo Corsi, siccome mi scaltrisce il Tiraboschi; il quale ne fa sapere che fra gli altri vanti che danno a quella illustre poetessa, uno si è quello d' aver mostrato all' Italia come piegasi la volgare poesia agli argomenti sacri, dove insino a quella, siccome per ignoto e profondo pelago, avevano gli altri le ardite vele della navicella del loro ingegno male avventurosamente spiegate.

Discorrendo per tutto nel mondo la chiarissima fama dell' ingegno e gran sapere di Michelagnolo, e sì ancora delle sue grandi virtù, l' accolse per sì fatta maniera nell'anima quell'eroina, che innamoratasi di lui, cioè di quelle virtù che predicava di lui a una voce la gente, non solo udiva con diletto chi di lui ragionava, ma varie lettere gli scrisse di dolcissimo e castissimo affetto ripiene, quali erano i pensieri i quali di quel petto, torre d'alta sapienza, surgevano; e più volte per ve

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