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No.... è sentenza data con calma. Del sesto di Por San Pietro comprendeva, per quanto sappiamo, tutti i Portinari meno quattordici, tutti i Giuochi, tranne due, Dante ed i figliuoli. 1 I quattordici Portinari e due Giuochi vengono eccettuati, perchè sodaverunt.

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<< Contra quos omnes et singulos...., processimus per <«< inquisitionem; quod loco et tempore in inquisitione con<< tentos tanquam ghibellinos et rebelles Communis et Popoli <<< Civitatis Florentie et Statutorum Partis Guelfe spreverunt << nostra banna et precepta, videlicet quod veniri et compa« rere deberent coram nobis et nostra curia ad satisdandum <<<et securitatem prestandam de eundo et stando ad confinia, << eis et cuilibet eorum deputanda per nos et nostram curiam, << et parendum nostris mandatis; omnia predicta in totum << protinus contemnentes et in contemtu habentes, etiam alia <«<et diversa maleficia commiserunt et perpetraverunt contra << bonum statum Communis Florentie et partis guelfe, prout « de omnibus predictis et aliis per eos commissis, inquisitione << contra eos per nos et nostram curiam formata plenius con<< tinetur ». Quindi legittimamente condennati come contumaci, erano sbanditi da Firenze e dal distretto, facendosi licenza ad ognuno di offenderli nello avere e nella persona; e, caso capitassero in forza del Comune di Firenze e del Vicario, dovevano esser pubblicamente decollati: tutto ciò, secondo gli statuti fiorentini, legalissimamente. << Salvo quod <<< si aliqui ex predictis confinatis satisdederunt infra tempus. << sententie late per nos contra eos vel quos ammisimus et << pronumptiavimus super defensione eorum, quod hoc banno.

l'estratto, perchè solo que' nomi importavano a chi 'l faceva fare. La data della sentenza è anche qui, naturalmente, il .vj. Novembre M.CCC.XV, e questa copia di copia fu fatta da un Gilius q. ser Guidonis de Empoli, che trascrive da altro esemplare tratto da un Michael fil. q. Ser Diotifece de Gangalandi da un libro di bandi del Comune, il .xjx. Novembre M.CCC.XXIV.

1 Dantem Adhegherii et filios. Si tratta di una copia di copia di copia; pure a noi sorprende di veder così stranamente storpiato un nome tanto illustre.... ora.

<< non teneantur et quod notarii camere possint et debeant ipsos << cancellare de dicto banno, absque pena et banno etc. » Dice il Fraticelli, molto ridicolosamente: «Che cosa aves<< sero fatto i figli di Dante, sel sapeva solo il vicario di Re << Roberto, il cavaliere Ranieri di Zaccaria d'Orvieto ». Sapevanselo pure Amerigo di Pietro da Bologna, notajo del vicario; ser Nicola da Bagnoregio, ser Pietro da Narni, ser Bandello da Gubbio e gli altri, che, secondo la sentenza porta, astavano quando venne profferita; nonchè tutto il consiglio generale del Comune, convocato appositamente. Noi, certo, l'ignoriamo, mancandoci l'istruzione, cui la sentenza si riferisce; ma possiamo facilmente immaginarlo: Dante, sospetto di mene contro la patria fu condannato pro eo quod non comparuit ad satis dandum de eundo ad confinia.

Se Dante fu schacciato da Firenze, stava dunque in Firenze. Il Villani nulla sa, nulla dice, della pretesa ambasceria dell' Allaghieri a Bonifazio VIII ed implicitamente l'esclude. Nè parla altrove mai d' un'ambasceria mandata allora dal Comune di Firenze a Bonifazio straordinariamente; e sì, che un tal fatto non avrebbe potuto ignorare od ommettere. Io la credo una pretta favola: ne mancano autorevoli testimonianze; Dante in un luogo n'esclude l'ipotesi; e l'idea di quella missione è assurda. Non esiste documento, che diretta od indirettamente vi si riferisca e la compruovi o possa farla arguire. Chi ne parla de' contemporanei? Il Pseudocompagni, enumerando i bianchi banditi, pone fra essi: << Dante Aldighieri, << che era ambasciadore a Roma ». Ma c'è più chi creda in coscienza all'autenticità della cronaca? Chi oserebbe sul serio allegarne l'autorità, inconfortata da testimonianze più certe? Per me, l'inciso dopo il nome storpio di Dante (e

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1 Il Fanfani, fra le pruove ex silentio dell' apocrifezza della Cronaca di Dino Compagni, annovera, ch'egli: << descrive largamente la guerra <«< dell'ottantanove e il fatto di Campaldino, ma tace che vi fosse Dante. » Che Dante fusse a Campaldino si argomenta da noi; ma nessun documento l'attesta, nessuna testimonianza sincrona ne fa fede e l'Allaghieri stesso non l'afferma mica, come la sua presenza all'uscita de' fanti pat

storpio secondo una sciocchezza, inventata dal Boccaccio,1 interpretando a capriccio un luogo del Paradiso) è nuova pruova della falsità di essa cronica, è pruova della sua posteriorità al Boccaccio: un contemporaneo, un priore del M.CCC.I non poteva errare su questo punto 2 e non avrebbe avuto motivo d'immaginare e registrare un' assurdità così per incidente e senza scopo. Che se, per un presupposto insulso, la Cronaca fosse autentica, quello inciso dovrebbe considerarsi come interpolato ed il nome di Dante storpio, allorquando prevaleva la falsa opinione d'una ambasceria di Dante a Bonifacio VIII nel MCCCI.3 Gli scrittori posteriori, che riportan questa fa

teggiati da Caprona. Ma sia pure stato a Campaldino; mi giova concederlo: o perchè doveva uno storico contemporaneo ricordar la cosa?

1 Cacciaguida dice a Dante: Mia donna venne a me di val di Pado E quindi il soprannome tuo si feo. Grammaticalmente e legittimamente il quindi dovrebbe riferisi al Val di Pado oppure al venire. Invece han voluto riferirlo alla moglie di Cacciaguida; ed essendovi in Ferrara un'illustre famiglia Aldighieri e potente, e somigliando il nome Aldighieri al nome Allaghieri, s'è voluto vedere in questo casato una corruzione del primo. Ma soprannome può significare cognome? Ma Cacciaguida non avea già indicata la derivazione del cognome di Dante esattamente dicendo... Quel da cui si dice | Tua cognazione.... || Mio figlio fu e tuọ bisavo fue?

2 Quest'argomento vale fino ad un certo punto! giacchè, purtroppo, la facoltà di errare è illimitata nell' uomo; e spesso, per irriflessione o lapsus calami, eccetera, vien fatto d'asserire ciò, che non è; e che poi, ripensandoci, e talora solo dopo che altri ce ne avverte, riconosciamo falso ed abbiamo sempre saputo esser falso! E questo valga come scusa anche a me di parecchi errori, spropositi, strafalcioni, marroni, equivoci e granchi!

3 L'Ammirato, ragionando del M.CCC.I disse: << Fu anche condan<< nato e bandito Dante Aldighieri per baratteria ed estorsioni; ond'è ne<<< cessario dire, o che sì virtuoso uomo fosse condannato a torto, o che << senza ragione metta altri nell'inferno per lo peccato, del quale era mac<< chiato >>. Lo Scarabelli curiosamente annota: <<< Taluno incolleri << contro l'Ammirato il Giovane, perchè posto avesse in dubbio una verità, [sic] qual'è l'innocenza morale di Dante e citò il passo del Villani.... Ammirato il giovane non dissimula cotal passo; ma si vedẹ, che il Vil<«<lani conosceva [sic] i motivi scritti della sentenza d'esilio [sic], promulgata tre o quattro volte a lunghi intervalli d'anni [sic], perocchè si << fa premura d'attestare che, senz'altra colpa, fu cacciato. Di vero, << nessuno ora è, che creda alle asserzioni della sentenza, fatta da' suoi <<<< nemici lui assente, poichè era a Roma in servizio della Repubblica [sic!];

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vola, non meritano; che altri si brighi di discuterne le affermazioni. Per renderle autorevoli, dovevan palesare, onde desumevan la notizia, confortarla di pruove. L'asserzione nuda, per aver peso, debb'essere d'un contemporaneo, fededegno et in grado di conoscer le cose: non ha valor di sorta, proce

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<«<e già Leonardo Aretino, storico imparziale, chiamò iniquo e perverso, << quell'atto; e dopo lui niuno di buon senno vide altro, che vile l'accusa <«<e vile la sentenza. Dante, eccitato a chieder la richiamata, respinse il «< consiglio, poiché non volea tornare là, dove si negava di restituirgli « l'onore.... e rabbiosi i suoi nimici gli fulminarono la quarta condanna e <«< il minacciavano d'arderlo vivo. Certi repubblicani d'oggidi han non sola<< mente praticato, ma insegnato positivamente colle stampe, che l'avver<«<sario politico si debba perseguitare colla calunnia nell'onore per toglier ogni credibilità alle sue parole nel pubblico; gente, come vedete, di prin« cipî da galera. » Giustissima ed onesta questa osservazione; ma, tornando a Dante, non solo lo Scarabelli mostra credere all' autenticità di certe pistolesse, che scioccamente gli si attribuiscono, ed alla sua apocrifa ambasceria a Roma, anzi ritenere, che una sola condanna fosse pronunziata più volte contro Dante; e che solo nell'ultima promulgazione si aggiungesse la minaccia del rogo! ritenere, che il Villani conoscesse le motivazioni della condanna e che queste motivazioni escludessero l'accusa di baratteria! cose, quali evidentemente e quali dimostrabilmente false. Nessuno ora crede, che Dante fosse colpevole, non perché si dimostri inno-cente, anzi perchè la fama di lui giganteggia per modo, che ci ripugna il crederlo macchiato di basse colpe: ma ahimè! pur troppo la natura umana è tale, che si può divina e santissimamente scrivere, vivendo bestiale ed impuramente. Molto può allegarsi in favore dell'innocenza dell'Allaghieri; ma, che non tutte le sentenze di Cante de'Gabrielli fossero ingiuste, lui stesso ce ne rende certi, laddove raffigura il suo compagno di sventura, messer Lapo Saltarelli, come antitesi perfetta di Cincinnato! Dice il Sismondi che << Dans cette sentence il est accusé d'avoir vendu la justice et << reçu de l'argent contre les lois; mais le même reproche était adressé << avec la même injustice à tous les chefs du parti vaincu ». Era ingiustizia anche per Lapo Saltarelli? «<< Cante de Gabrielli était un juge rẻ

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Applicava le

<< volutionnaire, qui vouloit trouver des coupables, et qui ne cherchoit pas << même une apparence de preuves pour les condamner ». leggi e la procedura in vigore, che a Dante stesso parevan buone, ma quando non gli si rivolgevan contro. << La sentence est remarquable par <«<le mélange de latin et d'Italien, dans lequel elle est conçue; il semble qu'on ait choisi a dessin le langage le plus barbare pour condamner le poète qui fondoit la littérature Italienne. » La sentenza è nello stesso linguaggio curiale, in cui si stendevano tutti gli atti pubblici del tempo e che non oserei dire peggiore de' latinetti di Dante.

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dendo da uomini d'altri secoli. Del resto, Dante medesimo testifica d'essersi truovo in Firenze, quando lo accusarono e chiamarono innanzi alla Podestà. Si ponderino bene i versi, che pone in bocca a Cacciaguida :

Qual si parti Ippolito da Atene
Per la spietata e perfida noverca,
Tal di Firenze partir ti conviene.

Ippolito, innocente dello incesto, attribuitogli dalla Fedra incestuosa, si partì da Atene, maledetto dal padre, che credette nell'accusa; e similmente, all' Allaghieri, incolpevole (come egli dice ed a noi giova credere) d'ogni baratteria, attribuitagli da' barattieri veri (secondo lui), e condannato da Cante de' Gabrielli, indotto in errore da falsi testimonî, convenne partir di Firenze. Ne parti? dunque c'era. La lionessa allor ben ragionò : | Di qui l'asino uscì? Dunque ventrò! Pretendono, che l'ambasceria fosse mandata per indurre il Papa a torre il mandato di paciere a Carlo. Ma Bonifazio glielo aveva commesso col compiacimento de' fiorentini, che proprio in que' giorni, votavano il denaro occorrente! Se avessero parlato di ciò, che ora chiameremmo una deputazione de' contrari alla venuta del Valois, manco male: ma un'ambasceria pubblica? È assurda! E Dante doveva esser persona ingrata a Roma per gli antecedenti del priorato e del consiglierato. E diffatti il buon canonico Gian Jacopo Dionisi, messo in sospetto dalle parole di Cacciaguida, ma volendo pur salvar l'ambasceria dell' Allaghieri al papa, scrive: << Poco dopo la risorsa de' Neri e tre mesi prima della con<< danna de' Bianchi, presentendo Dante la sua ruina, si parti << egli, per isdegno o per tema, dalla sua città....; a quella << guisa, che Ippolito per l'accusa della matrigna partissi, << quantunque innocente, d'Atene. A me par verisimile, ch'egli, << in tal caso, se n'andasse a Roma, come ambasciatore della «parte Bianca, per placar, se potesse, lo sdegno di Bonifazio; «<e che sia stato frutto della sua ambasceria la tornata in << Firenze del cardinal Matteo d'Acquasparta; poichè Dino « Compagni [uff!] ed altri Istorici [secoli dopo!] dicono,

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