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sul 1287 1), ma Beatrice che gli manda in soccorso Virgilio, da cui prende lo bello stile che gli ha fatto onore.

Tra questa seconda fase e la terza, §§. 22-35, dall' anno cioè ventiduesimo al trentesimo, la Musa di Dante si trattenne dicendo rime ora storiche ora allegoriche, secondo le diverse circostanze. La morte del padre di Beatrice, poi la morte di Beatrice stessa non potevano non istrappare per alcun tempo a Dante lagrime vere e dettargli rime di dolore sentito e reale, senza però farne dimenticare il simbolo, il quale d'ora in poi diveniva tanto più opportuno, chè la sua donna non apparteneva più a creature terrestri.

Della terza fase, §§. 36-40, sebbene nella V. N. ci si lasci conoscere assai poco e quasi niente più che la lotta tra gli amori della donna gentile e di Beatrice, del simbolo cioè della Filosofia e di quello della Teologia; pure poichè Dante nel Convito illustrò questa fase, noi possiamo dire che la Musa di Dante negli anni dal 1294 al 1300, e specialmente nei due prossimi alla prima di queste date, dovette essere attivissima, per ciò che quasi tutte le rime filosofiche e morali che di Dante ci rimangono, appartengono a questo periodo.

Nei tre penultimi paragrafi della Vita Nuova abbiamo veduto il ritorno della Musa di Dante alla seconda fase, cioè alla Beatrice simbolica, e nell' ultimo la risoluzione di celebrarla con un Poema.

Da tutto ciò si vede che il libro della V. N. non è una storia degli anni giovanili di Dante, come fu detto da alcuno; e quindi, sebbene presso Petrarca, Boccaccio e Dante stesso si trovino le parole vita nuova nel senso di età giovanile, di prima età; non è per questo a dirsi che queste parole nel titolo di quel libro abbiano lo stesso valore, e sieno da prendersi nella piena estensione del loro significato comune; mentre e da quelle parole, di già riportate: in una parte del libro della mia memoria si trova un rubrica, la quale dice: incipit Vita Nova; e dall' intendimento espresso di voler assemprare in esso libro quelle delle sue poesie che potessero farne conoscere la sentenzia di tutte intendimento che gl' impedì il trattar di proposito in questo libro della morte di Beatrice 2) e finalmente dal contenuto stesso del libro si vede apertamente che

1) Nel testamento di Folco rogato ne' 15 genn. 1287, leggesi: „Item d. Bici filiae suae et uxori D. Simeonis de Bardis, reliquit lib. 50." Pelli.

2) „Ed avvegnachè forse piacerebbe al presente trattare alquanto della sua partita da noi, non è mio intendimento di trattarne qui per tre ragioni: la prima si è che ciò non è del presente proposito, se volemo guardare nel proemio che precede questo libello.. ecc." V. N. §. 29.

la Vita Nuova non contiene la storia dell' adolescenza e della prima gioventù di Dante; ma soltanto la storia e il carattere della sua Musa, inspirata da amore nella sua adolescenza. Nelle rime dettate in sino all' epoca, in cui s'accinse a scrivere la Vita Nuova, due erano stati i suggetti intorno ai quali quelle rime si aggruppavano, Beatrice e Filosofia, e due erano le forme interne di quelle poesie, la storica e l'allegorica. Dante fece nella V. N. il racconto delle circostanze che accompagnarono alcune di quelle poesie dell' uno e dell' altro suggetto, dell' uno e dell' altro genere, osservando nel racconto il linguaggio a ciascun genere conveniente: e delle poesie per Beatrice Portinari raccontò apertamente, finchè la sua beatitudine era nel saluto di lei; quando quella fu nelle poesie, che la celebravano, parlò misto, accoppiando alla storia il simbolo; in quelle per la Filosofia parlò figuratamente nell' amore per la donna gentile.

Se delle poesie fatte per questa non riportò se non pochi Sonetti, senza aggiugnere o soltanto ricordare pur una delle tante belle Canzoni, scritte già e rese di publica ragione, gli è, perchè questo non ne era il luogo. E dobbiamo quindi dire, che Dante in questo libro abbia voluto farne conoscere solamente che nella storia della sua Musa, guidata dall' Amore per Beatrice, eravi stato quell' episodio, in cui la sua Musa erasi lasciata trasportare nelle regioni della donna gentile per quella donna in cui errai", e vi aveva fatto pompa di nuova bellezza ed eccellenza, le quali egli riservavasi di far meglio conoscere separatamente, come quelle che sono il carattere e l'espressione della seconda età dell' uomo ben avviato, la gioventute; ciò che più tardi aveva impreso a dimostrare nel Comento delle Canzoni.

Concluderemo adunque che Dante dopo la Pasqua del 1300 imprese a scrivere la Vita Nuova a fine di far conoscere le fasi che la sua Musa aveva percorso sino al 1300, e ciò a che ella intendeva: cioè per far conoscere il suo carattere poetico, di poeta lirico erotico, di poeta lirico filosofo e morale, e di poeta epico; così però che, mentre gli ultimi due erano soltanto indicati, il primo era perfettamente sviluppato, come quello che, essendo l'espressione della prima età dell' uomo, dell' Adolescenza, doveva essere completamente trattato in questo libro, in cui si conveniva pur indicare come una nobile natura possa essere mediante Amore preparata e condotta alla virtù. Ond'è che la Vita Nuova sarà la storia di ciò che la nobile sua naturá preparò nella prima etade a perfezionamento delle susseguenti: la storia dell' intellettuale e morale perfezionamento di Dante, iniziato dall'

Amore suo per Beatrice Portinari, continuato dall' Amore suo per le scienze filosofiche e teologiche; la prima delle quali avevagli dettato il canto della Rettitudine, e la seconda stava preparandolo al Canto della Restaurazione sociale, secondo quel principio:,,che tutto quanto la nobile natura prepara nella prima etade, è apparecchiato e ordinato per provvedimento di natura universale, che ordina la particulare alla sua perfezione" 1); e conformemente al detto di Platone, che nulla meglio guidi l'uomo ad essere virtuoso ed in vita ed in morte beato, quanto l' Amore nell' Adolescenza, ove sia ben collocato e diretto 2).

Ond'è che a ragione potrà anche dirsi, che la Vita Nuova sia l' Introduzione alla Divina Commedia, e in pari tempo il Proemio al Convito; mentre senza di essa non potremmo di certo farci un' idea nè dell' essere di Beatrice nè della ragione delle due opere.

Che a un libro, il quale contiene l'annunzio di tali cose, possa convenirsi un' epoca anteriore a quella da noi trovata, non credo.

1) Con. t. IV. c. 26.

2) Quid melius accidere possit adolescenti, quam optimus amator, aut amatori quam amasius optimus, non invenio. Duo enim quidem sunt, quae a pueritia per omnem vitam ducere illum debent, qui sit praeclare victurus. In rebus turpibus verecundia, honestis gloriae laudisque studium: haec autem nobis neque genus, neque divitiae, neque honores praestare citius ac melius quam amor possunt... Ex his omnibus Amorem assero Deorum omnium antiquissimum atque honoratissimum, et maxime omnium ad virtutem et beatudinem consequendam hominibus tam viventibus quam defunctis conducere". Plat. Conv. Phoed. collaud. versio Marsilii.

APPENDICE.

Che il trattato secondo sia anteriore al 1300 vi sono prove soltanto di conghiettura, ma tutt'altro che spregevoli.

La profondità delle dottrine e l'eccellenza del terzo può convenire egualmente agli anni innanzi, come agli anni dopo il trecento; chè, chi nel trecento poteva disegnare il piano della Divina Commedia, poteva anche qualche anni innanzi scrivere le belle pagine del trattato terzo. Però la ricordanza di alcune circostanze dell' epoca, in cui fu scritta la seconda Canzone, consiglia a ritenerlo scritto piuttosto dopo il trecento.

Il quarto ci somministra prove validissime per dirlo scritto non prima del Luglio 1301, non dopo il 1308. Al capo terzo è detto: „.. Federico di Soave, ultimo imperadore de' Romani (ultimo dico per rispetto al tempo presente; non ostante che Ridolfo e Adolfo e Alberto poi eletti sieno appresso la sua morte e de' suoi discendenti“: e al capo sesto: „Ponetevi mente, nemici di Dio, a' fianchi, voi che le verghe de' Reggimenti d' Italia prese avete. E dico a Voi, Carlo e Federigo regi...". Vivevano adunque, quando Dante scrivevalo, Carlo II di Napoli e l'imperatore Alberto: il primo morì l'anno 1309, il secondo fu ucciso il dì 1 Maggio 1308.

Al capo quattordicesimo si legge: „Pognamo che Gherardo da Cammino fosse stato nepote del più vile villano che mai bevesse del Sile o del Cagnano, e la obblivione ancora non fosse del suo avolo venuta; chi sarà oso di dire che Gherardo da Cammino fosse vile uomo? e chi non parlerà meco dicendo, quello essere stato nobile? Certo nullo, quanto vuole che sia presuntuoso, chè egli il fu, e fia sempre la sua memoria". Che qui Dante parli di Gherardo già morto, chi potrebbe soltanto proporne il dubbio? Che Gherardo poi vivesse nel 1300 ne abbiamo l'autorità di Dante stesso; il quale nel canto 16° del Purgatorio ce lo dice vivo:

„Ma qual Gherardo è quel che tu per saggio

Di ch'è rimaso della gente spenta,

In rimproverio del secol selvaggio?"

Gli è vero che il sig. Fraticelli, si è adoperato, e certamente con non poco ingegno, di persuaderci che quivi Dante avesse fatto accortamente parlare Marco Lombardo, come ignaro del presente,

secondo quel principio della Divina Commedia, che quelle anime conoscono ben il futuro, ma non il presente:

1

Quando s'appressano o son, tutto è vano
Nostro intelletto, e s' altri nol ci apporta,
Nulla sapem di vostro stato umano“.

(Inf. 10, 103.)

Ma un tal modo d' interpretar Dante, dove ci condurrebbe? Fortunatamente la storia viene in soccorso alla verità storica della Divina Commedia, attestandoci che Gherardo da Cammino era vivo nel Luglio 1301. Eccone il prezioso documento, che mi gode l'animo di far noto agli amatori di Dante, e che toglierà di mezzo non poche questioni. Il documento fu tratto dal primo dei due volumi pag. 46 della raccolta intitolata: „Nonnulla documenta quae ad Partis Transalpinae Patriarchatus Aquilejensis Historiam referuntur. Utini 1850", trascritta da P. G. Bianchi, ed esistente nell' Archivio del Giovanneo in Graz.

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1301 26 Luglio Cividale.

Procuratori del Comune di Cividale onde trattar la pace tra il „Vicedomino, il Conte di Gorizia e Gerardo da Cammino da una „parte, e il Conte di Ortemburch e le Comunità di Udine e di Ge„mona dall' altra.

Antonio da Cividale not.

Die VI exeunte Julio, in Civitate Austria, super Domo Com,munis. Presentibus DD. Hermanno de Budrio et Johanne Bernardi ,,Canonicis Civitatensibus, Tralino Canonico Utinensi et aliis.

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„D. Paulus Castaldio et Consilium Civitatense ibidem ad sonum „campane more solito congregati nomine suo et Communis Civitaten,sis communiter et concorditer fecerunt, constituerunt et ordinave„runt DD. Henricum de Portis et Candidum de Canuccio, Guilelmum ,de Saciletto et Thomasinum de Rubiquaces presentes, et D. Fulche„rum de Savergnano et Nicolaum Advocatum de Civitate, licet ab„sentes et tres eorum suos et dicti Communis certos Nuncios, Syn,dicos et Procuratores legitimos super discordia, guerra, lite, con,,troversia et questione que vertitur vel verti videtur inter venerabi„lem virum D. Ghilonem Canonicum Aquilejensem et Vicedominum „Patriachatus Aquilejensis et Capitulum Aquilejense ac Magnificos „viros DD. Haynricum illustrem Comitem Goritie et Girardum „de Camino et suos seguaces et coadjutores ex parte una, et Ma„gnificum virum D. Maynardum illustrem Comitem de Ortumburch „Patriarchatus Aquilejensis Capitaneum Generalem et Communitates Utini, Glemone et Civitatis et eorum coadjutores ex parte altera;

"

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