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una meraviglia; che benedetto sia 1o Signore che sì mirabilmente sa operare »! Io dico ch' ella si mostrava si gentile e sì piena di tutti i piaceri, che quelli che la miravano comprendevano in loro una dolcezza onesta e soave tanto, che ridire non la sapevano; nè alcuno era lo quale potesse mirar lei, che nel principio non gli convenisse sospirare. Queste e più mirabili cose da lei procedeano mirabilmente e virtuosamente. Ond' io pensando a ciò, volendo ripigliare lo stile della sua loda, proposi di dire parole nelle quali dessi ad intendere delle sue mirabili ed eccellenti operazioni; acciò che non pure coloro che la poteano sensibilmente vedere, ma gli altri sapessono di lei quello che le parole ne possono fare intendere. Allora dissi questo Sonetto:

Tanto gentile e tanto onesta pare

La donna mia, quand' ella altrui saluta,
Ch'ogni lingua divien tremando muta
E gli occhi non l'ardiscon di guardare.
Ella sen va, sentendosi laudare,
Benignamente d'umiltà vestuta;
E par che sia una cosa venuta
Di cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,

E

Che dà per gli occhi una dolcezza al core,
Che 'ntender non la può chi non la prova.

par

che della sua labbia si muova

Un spirito soave pien d' amore,

Che va dicendo all'anima: sospira.

Questo Sonetto è sì piano ad intendere, per quello che narrato è dinanzi, che non ha bisogno d'alcuna divisione.

RIPIGLIARE LO STILE DELLA SUA LODA. << Chè in tutto il §. precedente non aveva parlato di Beatrice, benchè nel §. XVIII avesse

detto proporsi di prendere per materia del parlare sempre mai quello che fosse loda di questa gentilissima »: WITTE.

QUELLO CHE LE PAROLE NE POSSONO FARE INTENDERE. < Canz. Amor che nella mente ecc.: Il parlar nostro che non ha valore Di ritrar tutto ciò che dice Amore; Inf. xxvIII, 4: Ogni lingua per certo verria meno Per lo nostro sermone e per la mente Ch'ànno a tanto comprender poco seno »; WITTE.

TANTO GENTILE E TANTO ONESTA PARE. In questo Sonetto in stil tenue, senza gonfiezza o romore alcuno, Dante ha raggiunto il massimo effetto d'arte. Il poeta vuol descrivere ciò che produce in altrui, chè di sè ha già parlato, la vista e il saluto di Beatrice, e la loda è tanto maggiore in quanto della bellezza si ferma a notare quei tratti, che sono più diretto riflesso della virtù morale. La prima quartina descrive il saluto, in che la onestà tempera e dà carattere alla gentilezza, sicchè quasi vediamo quel lieve e cortese abbassare del capo. Gentile è detta Beatrice per atto della persona: onesta per forma di costume; l'uno e l'altra visibilmente apparenti; la gentilezza, principalmente nel muoversi e nello stare: la onestà, nel guardar degli occhi, che nulla hanno di ardito e procace, ma veramente sono onesti e tardi.

PARE.

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Non significa sembra, ma apparisce, si mostra.

CH' OGNI LINGUA ecc.-Descrive le virtù del saluto per gli effetti che produce in chi lo riceve: ammutolimento e tremore nella lingua: ritegno reverente e come pauroso, negli occhi.

ELLA SEN VA ecc. — Bellissimo cominciamento di nuovo periodo poetico, di andatura insieme svelta e maestosa. E par quasi veder Beatrice che passa, appena sfiorando la terra, lieve lieve come quell'angelo che varcava Stige con le piante asciutte, quasi uno spirito celeste sperduto nella folla degli uomini mortali.

11 BARBERINO (Reggim., ediz. cit., p. 69) così descrive una donna onesta: Poco parla e va tutta soave E con ogni pianezza, Onesta tutta, e mai non leva gli acchi, In modo ch'alcun n'aggia intendimento. Un poeta moderno francese, celebre non per altro che per un suo sonetto, FELIX ARVERS, così dice:

Pour elle, quoique Dieu l'ait faite douce et tendre,
Elle suit son chemin, distraite, et sans entendre
Ce murmure d'amour élevé sur ses pas.

BENIGNAMENTE ecc. - L'umiltà è quasi form a, abito, veste della sua persona. Ma di umiltà àvvene di più sorta: e v' ha anche la falsa e la stizzosa. Questa è benigna, perch'ella, nulla gloria

mostrando di ciò ch'ella vedeva ed udiva, non voleva avvilire altrui colla eccellenza della virtù sua.

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COSA. Il vocabolo generico, adoperato da Dante anche nella Canz. Donne ch'avete ecc: cosa mortale, cosa nova, esprime meglio la novità stessa del fatto, al quale mal si può appropriare un termine più preciso e specifico, come sarebbe quello di donna.

VENUTA. Anche qui abbiamo una riprova che i grandi effetti di stile si raggiungono il più spesso con mezzi comuni. Venuta è bellissimo nella sua tenuità. Nella Canzone Donna pietosa ecc., gli angeli tornano in cielo: qui Beatrice viene in terra ́: non altro. Si poteva usare il verbo scendere, ma forse era troppo: il venuta dice dolcemente scesa.

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UNA DOLCEZZA AL CORE. Nel Son. Amore e cor gentil ecc. è detto che dentro al core nasce un disio della cosa piacente: e così è negli amori comuni, negli amori delle anime anche più pure. Ma Beatrice, anzichè un disio, ingenera in altrui una dolcezza, cioè un sentimento quieto e soave, non mescolato nè acuito da sensibili impressioni, e come un pregustamento di beatitudine: una dolcezza, insomma, che non gustata non s'intende mai: Par., III, 39.

DELLA SUA LABBIA. Dal suo aspetto, da tutto l'esser suo, ma specialmente dal volto ove l'anima si specchia.

E PAR CHE DELLA SUA LABBIA SI MOVA UN SPIRITO. Nella Vita di Santa Taar monaca (VV. SS. PP. II, 27): Questa era di tanta bellezza ch' eziandio gli castissimi animi avrebbe eccitato a libidine la sua vista, se non fosse ch'era di sì onesti e composti costumi, che pareva che di lei uscisse un amor di castitade si mirabile e sì terribile, che faceva vergognare e temere chiunque l'avesse guatata disonestamente. E nella vita di S. G. Battista (Id. IV, 296): Di lui (Gesù) esce una virtù dolcissima d'amore che trae a sè tutto il cuor dell' uomo.

SI MUOVA. Benissimo scelto il vocabolo: come un soave alito. UN SPIRITO SOAVE.-« Le edd. moderne, a eccezione della pesarese, leggono Uno spirto insieme colla sermartelliana. A me piace leggere con la biscioniana e con buoni codici: Un spirito, per le ragioni che recò il FORNACIARI nel Discorso I, §. 21 Del soverchio rigore dei grammatici: « Al poeta era facile il dire Uno spirto, com' ha una variante in margine della V. N. stampata a Pesaro nel 1829; ma il verso non avrebbe avuto quella inarrivabile soavità che spira la vera lezione. Perciocchè quella voce spirito, già sì efficace in questo luogo e appropriata per la sua qualità di sdru

ciola, perde l'asprezza della sua prima sillaba, e quasi illiquidisce e caramente langue, e, per poco direi, si fa vero spirito, in grazia di quella dolce liquida precedente che è la n: quando per contrario il modo Uno spirto è spiccato e gagliardo, e per conseguenza non dolce. Lo stesso è a dire del modo medesimo nel principio a quest' altro Sonetto di essa V. N.: Io mi sentii svegliar dentro dal core Un spirito amoroso che dormia, ove sostituendo Uno spirto si darebbe al verso una robustezza al tutto fuori di luogo. Il modo stesso, per le stesse ragioni lodevolissimo, è nel secondo di questi versi del Conv. (Canz. II, st. 4.): Sua beltà piove fiammelle di fuoco Animate d'un spirito gentile ». Così il FORNACIARI; e molti sono gli esempj di poesia e di prosa ch'egli arreca, ove una parola cominciante da s impura si allega benissimo a una precedente che termina per consonante»: CARDUCCI.

PIEN D'AMORE.— Altri: e pien. Preferiamo leggere come abbiam posto, per non distinguere ciò che è congiunto e come immedesimato nello spirito: soavità piena d'amore.

SOSPIRA. Un altro poeta avrebbe preferito qualche cosa di più forte: ardi, piangi, muori, martira ecc. Quant'estasi celeste in quel sospira! E con questa parola, staccata dal resto, finisce il verso e tutto il Sonetto, quasi morendo in un tenue suono, smorzandosi in un lene afflato, sospirando in dolcezza d'amore (Son. Vede perfettamente ecc.)

«Sono da confrontare a questo Sonetto i seguenti passi; di GUIDO GUINICELLI (Son. Io vo’del ver): Passa per via adorna e si gentile Che bassa orgoglio a cui dona salute E fa'l di nostra fe' se non la crede; E non la può appressar uom che sia vile. Ancor ve ne dirò maggior vertute: Null'uom può mal pensar fin che la vede; di GUIDO CAVALCANTI (Son. Chi è questa): Chi è questa che vien, ch'ogni uom la mira E fa di chiarità l'aer tremare? E mena seco Amor si che parlare Null' uom ne puote, ma ciascun sospira?; non che questo Son. di CINO: Tutto mi salva il dolce salutare Che vien da quella ch'è somma salute, In cui le grazie son tutte compiute: Con lei va Amore e nata pare: E fa rinovellar la terra e l'a're E rallegrar il ciel la sua virtute. Già mai non fur tai novità vedute, Quali per lei ci face Dio mostrare. Quando va fuori adorna, par che 'Imondo Sia tutto pien di spiriti d'amore, Si ch' ogni gentil cor divien giocondo: Et il mio cor dimanda; ove m' ascondo? Per tema di morir vôl fuggir fore: Ch' abbassi gli occhi, allor tosto rispondo »: CARDUCCI.

con lei

§ XXVII.

Dico che questa mia donna venne in tanta grazia, che non solamente era ella onorata e laudata, ma per lei erano onorate e laudate molte. Ond' io veggendo ciò, e volendolo manifestare a chi ciò non vedea, proposi anche di dire parole, nelle quali ciò fosse significato e dissi allora questo altro Sonetto, lo quale narra come la sua virtù adoperava nelle altre.

Vede perfettamente ogni salute

Chi la mia donna tra le donne vede:
Quelle che van con lei sono tenute
Di bella grazia a Dio render mercede.
E sua beltate è di tanta virtute,

Che nulla invidia all' altre ne procede,
Anzi le face andar seco vestute
Di gentilezza, d'amore e di fede.
La vista sua fa ogni cosa umìle,
E non fa sola sè parer piacente,
Ma ciascuna per lei riceve onore.
Ed è negli atti suoi tanto gentile,

Che nessun la si può recare a mente,
Che non sospiri in dolcezza d'amore.

Questo Sonetto ha tre parti: nella prima, dico tra che gente questa donna piú mirabile parea; nella seconda, dico come era graziosa la sua compagnia; nella terza, dico di quelle cose ch' ella virtuosamente operava in altrui. La seconda parte comincia quivi: Quelle che van; la terza quivi: E sua beltate. Quest'ultima parte si divide in tre: nella prima, dico quello che operava nelle donne, cioè per loro medesime; nella seconda, dico quello che operava in loro per altrui; nella terza, dico come non solamente nelle donne operava, ma in tutte le persone, e non solamente nella sua presenza, ma

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