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e del 9 Giugno 1290 in che lo seguì la figlia Beatrice; cosicchè qui trovansi la narrazione dei fatti e dei pensieri di Dante e le rime da lui composte dal ventiduesimo al venticinquesimo anno dell'età sua.

La Parte Terza comincia col paragrafo XXIX e va sino a tutto il xxxv, comprendendo la Morte di Beatrice e le Rime dolorose (§. XXXII), da lui composte dopo che ebbe perduto il primo diletto dell'anima sua (Convit., II, 13). Assegna, innanzi tutto, il poeta le ragioni per le quali ei non tratterà della partita di Beatrice dal secolo (§. XXIX): e dimostrato in quali mistiche relazioni stesse l'amata donna col perfetto numero nove (§. xxx), prende altra nuova materia (§. XXXI), e celebra la morte fanciulla (§. XXXII), prima per sfogo del proprio dolore, poi anche a richiesta del fratello stesso della defunta (§. XXXIII-XXXIV). Nell'annovale di lei (9 Giugno 1291) ne disegna il volto, e ne ricorda anche la memoria in rima (§. XXXV), ponendo con ciò termine alla terza parte, che racchiude fatti e pensieri della vita di Dante dal Giugno del 1290 al Giugno del 1291, cioè dal venticinquesimo al ventesimosesto anno.

La Quarta Parte è quasi, se così fosse lecito esprimersi, un intermezzo nel bel dramma degli amori giovanili di Dante, e si potrebbe intitolare dall'Amore e dalle Rime per la donna gentile che mostrava impietosirsi de' suoi martirj. Comprendonsi quì i paragrafi dal xxxvi a tutto il xxxix: e prima viene in scena la donna giovane e bella molto, ed è la settima che si rammemora nel libro, riferendo come essa apparve al poeta (§. XXXVI), come ei prendesse piacere a vederla (§. XXXVII), e come poi cominciasse a rimproverarsi di questa vaghezza degli occhi (§. XXXVIII) e seco stesso battagliasse per vincere la novella propensione (§. XXXIX). Quest' amore nacque alquanto tempo (§. XXXVI) dopo l'annovale di Beatrice (9 Giugno 1291): e confrontando ciò ch' ei scrisse nel Convito (11, 2), che, cioè,

la stella di Venere due fiate era rivolta ... appresso lo trapassamento di quella Beatrice beata... quando quella donna gentile, di cui feci menzione nella fine della Vita Nuova, apparve primamente accompagnata d' Amore agli occhi miei, e prese alcuno luogo nella mia mente, avremo secondo i calcoli del Lubin ('), due anni precisi, ossia il Giugno 1292. Ma poichè Dante nel Convito, laddove si studia di immedesimare la gentil donna con la Filosofia da lui immaginata come donna gentile, dice che in picciol tempo, forse di trenta mesi, cominciò tanto a sentire della sua dolcezza, che il suo amore (per la Filosofia) cacciava e distruggeva ogni altro pensiero (*), aggiungendo al Giugno 1292 altri trenta mesi (3), arriveremo alla fine del 1294. Qui troviamo nella V. N. una lacuna da riempirsi colle rime filosofiche del Convito,

(1) Opusc. cit. p. 22. L' alquanto tempo dopo l'annovale di Beatrice, menzionato nel principio del §. xxxvi sarebbe calcolato per modo dal TODESCHINI (I, 312 e segg.) che l'apparizione della donna gentile dovrebbe fissarsi al Settembre del 1291. Sebbene profani alla materia, diciamo che i ragionamenti del Lubin nella interpretazione delle due rivoluzioni di Venere, menzionate nel passo del Conv. che chiarisce questo della V. N., ci persuadono più di quelli del Todeschini. Gli antichi astronomi davano alla rivoluzione di Venere giorni 365 come a quella del sole (cfr. Conv. II, 6): perciò le due rivoluzioni di quel pianeta equivalgono a due anni, e l'apparizione della donna gentile appartiene al Giugno 1292. II FORNACIARI (Studi su Dante, p. 117) calcola troppo poco l'alquanto tempo dicendo che « dalla morte della Portinari alla vista della donna gentile sembra correre poco più di un anno ». L' alquanto tempo va del resto calcolato dopo l'annovale, e ci pare perciò voglia designare più tempo che non vorrebbe il Fornaciari. (2) Conv. II, 13.

(3) II TODESCHINI (I, 320) calcola i trenta mesi dalla morte di Beatrice: il LUBIN (p. 22) dalla apparizione della donna gentile : e, ci pare, a buon diritto. Cotesti trenta mesi dell'amor filosofico,

cominciando dalla Canzone: Voi che intendendo il terzo ciel movete, composta nei primi mesi di quello stesso anno 1294, o alla fine del 93 ('), per giungere sino al 1299. E così in questa quarta parte si narrano fatti e pensieri della vita di Dante dal 1292 al 99, cioè dal ventisettesimo al trentaquattresimo anno.

Ma dopo questo vaneggiamento d'amore nella donna gentile, e dopo gli studj filosofici e le rime morali, abbiamo il Riaccendimento dell'amore per l'estinta Beatrice, che forma l'argomento della Parte Quinta. La quale comincia con una visione, ed è la terza del libro ( §. XL), alla quale succedono il racconto del passaggio dei Romei sotto le case dei Portinari verso porta S. Piero, e i sonetti che a quelli rivolge il poeta invitandoli a piangere seco (§. XLI). Si narra quindi come due donne gentili, e sono l'ottava e la nona introdotte nel libro, preghino Dante di comunicar loro le sue rime d'amore e di dolore (§. XLII ). Or è noto come il tempo che molta gente andava (2) a Roma fosse il

ossia degli studj in filosofia, corrispondono al tempo che dovette correre dalla prima vista della donna gentile a quello in che convenne che questo nuovo amore fosse perfetto, per la molta battaglia intra il pensiero del suo nutrimento e quello che gli era contrario, il quale per quella gloriosa Beatrice tenea ancora la rocca della mente di Dante (Conv., II, 2).

(1) È noto che nel Parad. VIII, 37, Carlo Martello rammenta codesta canzone dantesca. Il DEL LUNGO, Dino Compagni, Firenze, Success. Le Monnier, 1879, II, 503, ha provato che Carlo Martello fu in Firenze non nel 95, come scrisse erroneamente il Villani, ma nei primi mesi del 1294.

(2) II TODESCHINI (II, 95) e il FORNACIARI (p. 116 e 156) si fondano sulla lezione va appartenente a parecchi codici, per negare che qui si abbia un accenno al 1300, e ne traggono rincalzo alla loro opinione che la V. N. fosse scritta a mezzo la settimana santa del 1292 (TODESCHINI, I, 322) o, come scrisse il Boccaccio, nel

1300 ('), quum Dominus Bonifacius papa octavus fecit

ventesimosesto anno di Dante (FORNACIARI, p. 118). L'argomento più valido recato dal mio pregiato amico è questo: « Il passaggio dei pellegrini per Roma se si mette sul cominciare del 1300 anzichè nel 1292, o in quel torno, resta così lontano dalla morte di Beatrice (1290) che non s'intende come il Poeta si maravigli di non vederli piangere per essa, e come ritragga la città dolente di tanta perdita quasi fosse cosa ancora fresca, e come dica, usando il passato prossimo anzichè il remoto, Ella, la città, ha perduto la sua Beatrice. Le quali cose diventano più probabili, se si pongano un anno o due dopo quella morte (p. 157) ». Con questo criterio, anche due anni sarebbero troppo spazio di tempo alla meraviglia di Dante: ma il Fornaciari si scorda di ciò che è detto nel §. XL. Dante si era lasciato trarre al nuovo amore, dimenticando, non senza battaglia interna, la morta amica. Ma a un tratto, ́un dì nell'ora di nona ei rivede Beatrice nell'aspetto e negli abiti della sua puerizia, e ritornando addietro colla memoria secondo l'ordine del tempo passato, rivede anche, con l'immaginazione, tutti gli episodj del suo amore, sicchè tutti i suoi pensamenti ritornano alla loro gentilissima Beatrice: col raccendimento di sospiri si raccende lo sollevato, interrotto, lagrimare in modo ch'egli è colto da infermità di occhi. Egli è per questa immaginazione di Beatrice, la prima di quelle colle quali o in sogno o altrimenti, essa intese revocarlo a sè, che Dante ritornò tutto al pensiero dell'amata defunta: sospirò, lagrimò, pensò a lei quanto e più che al momento della catastrofe. Sieno corsi due o dieci anni, che importa? Dante risente ora le emozioni, gli affetti stessi onde fu già colpito in addietro, e più forti anzi, perchè acuiti da una specie di rimorso. Beatrice gli è più che mai presente alla memoria e al cuore: che maraviglia dunque che ai pellegrini rammenti la morte di lei, come lutto recente? Non va dunque preso in considerazione il tempo trascorso, che, in casi ordinarj, lo ripetiamo, sarebbe pur molto accettando la data del Fornaciari, ma la condizione d' animo in che apertamente è detto da Dante essersi egli trovato, e che potè avverarsi anche dieci anni dopo la disparizione di Beatrice. Anzi nella Commedia certo è che scorre un decennio dalla morte di Beatrice alla sua trionfale apparizione.

(1) VILLANI, VIII, 36. La Bolla di Bonifacio vi è datata VIII

totum orbem peregrinari Romam (1). È probabile che le prime frotte dei romei fossero quelle che più colpirono l'immaginazione di Dante, per la novità del caso: onde saremmo in questo punto della V. N. ai primi del detto anno, se non alla fine dell'antecedente. E così la parte quinta comprenderebbe i casi e i pensieri di Dante dal trentaquattresimo al principiare del trentacinquesimo anno (1299-1300).

Un breve paragrafo (§. XLIII), non maggiore del Proemio, al quale in certo modo corrisponde, forma la Conclusione di tutta l'operetta, e perciò la Sesta Parte nella quale potrebbe dividersi. In esso si riferisce quella quarta ed ultima visione, che per noi è una cosa stessa con quella della Divina Commedia, e Dante vi narra ch'ei vide cose, che gli fecero proporre di non dir più di quella benedetta, infino a tanto che non potesse più degnamente trattare di lei (*).

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Kal. Martii, ma retrotraendo il giubileo a festo Navitatis D. n. J. C. praeterito; e si sa che i romei avevano già incominciato ad affluire dal Natale dell'anno precedente, e che, « nel gennajo e febbrajo si ebbe un prodigioso concorso di pellegrini in Roma (MURATORI, ad ann. ) » V. anche RAYNALDUS, ad ann. E infatti, Dante, che pone epoca del suo viaggio al plenilunio del Marzo 1300, ricorda che da tre mesi l'Angelo del Purgatorio accoglieva con tutta pace nella sua barca chi voleva entrare (Purg., II, 98). (1) CIN. PISTOR., Comm. in Cod. un. cod. 7, 47. (2) Il Prof. WITTE propose dapprima, nel 1842, una divisione della V. N. in sette parti. La prima narra l'innamoramento di Dante (§§. I-IV); la seconda, il timore che il suo segreto si scoprisse, e gli artifizj posti in opera per tenerlo celato (IV-x); la terza, l' aperta manifestazione dell' amore ed i patimenti da questo prodotti (v-xvII); la quarta, risponde a quello stato dell'animo in cui la contemplazione estatica delle perfezioni di Beatrice paiono al poeta unica vera e adeguata ricompensa all'affetto; e insieme vi si inframmette, a guisa d' episodio, il presentimento della morte dell'amata donna (XVII-XXIX); di questa morte tratta la quinta

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