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Degno di osservazione è intanto il fatto, che tutti coloro i quali fanno di Beatrice un mero simbolo, sotto cui si nasconde una figurazione filosofica, politica, rettorica, od erotica, espongono la loro dottrina in forma, come se fossero essi tutori e vindici del buon nome di Dante, manomesso dai loro contradditori. Essi credono di innalzar Dante, facendolo incapace di un amor vero, na

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i difensori della Beatrice storica quel dire (§. xv) che il desiderio di vedere la donna distrugge nella sua memoria ciò che si potesse levare contro di lui? Prenderebbero essi alla lettera tutto il racconto del cap. xIV? » E perchè no? Quel tremore, che dà tanto da fare al Bartoli, non è un fenomeno amoroso? non si sente forse bene spesso dall' amatore l'appressarsi dell' amata anche prima di vederla ? Pag. 195: « Intesa Beatrice come la donna ideale, anche quel gabbarsi (altrimenti inesplicabile, strano, disgustante) ch' ella fa dell'innamorato poeta, non solo s'intende, ma diventa naturalissimo». Ahime! fosse pur vero che solo le donne ideali si gabbino dei loro amatori, e non anche le donne reali! Che la cosa sia disgustante passi: che sia strana, pur troppo non lo diremmo. Fag. 195. Al Bartoli non pare ammissibile la realtà della scena narrata nel §. xiv, dove Beatrice appare a Dante in mezzo a molte altre belle donne. Ammette che queste ◄ posso no essere storiche, ma nulla vieta di credere che là, appunto, là in mezzo ad una festa, dove molte belle e gentili donne son convenute, la bellissima figlia del suo pensiero apparisse a Dante, e ch' egli la sentisse avvicinarsi al cuor suo. Nulla vieta, che noi intendiamo che il poeta finga che con lei parlassero le altre donne, ognuna delle quali aveva di lei una particella in sè. Precisamente, la vista delle altre donne, in mezzo alle quali si trova Dante, fa sorgere l'immagine dell'alta donna, alla quale egli aspira, e che non trova compiuta in nessuna di quelle che lo circondano. Quindi il tramortire, quindi l'ebrietà del gran tremore ecc. ». Nulla vieta, certo, di immaginar quello che più piace; ma quanto più piane procedono le cose, raffigurandole come Dante le descrive! Abbiamo una scena naturale e, possiamo dire, comune: un amante che entra in una ragunanza di belle donne, e presente quasi la venuta dell'amata, sicchè il cuore gli batte, e tramortisce, e le altre donne di ciò si avvedono, e ridono. Ma no: secondo il Bartoli, le donne sono vive e vere, la ragunanza festiva è una realtà: ma Dante entrato in mezzo alla festa, per prima cosa astrae dall' aspetto di quelle belle donne la particella che compone l'immagine compiuta dell'alta donna, e poi trema e tramortisce per questa, la quale " non esiste che dentro alla sua mente, alla sua fantasia, al suo spirito », e con la quale poi, non si sa come facessero a parlare le altre. Il Bartoli, che non ammette le visioni dantesche, perchè l'Alighieri sarebbe un allucinato (p. 173), non sapremmo

turale, umano, e quasi si sdegnano che altri ciò possa credere (1). Ma essi veramente, volendolo porre di sopra dalle umane condizioni, lo pongono fuori dall' umana natura. Essi negano a Dante una fa

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come chiamerebbe uno che, non essendo Dante, patisse di siffatti fenomeni fantastici. A pag. 197 il Bartoli trova molto astrusa l'identificazione che fa Amore, di Beatrice con sè medesimo. O che anche nel parlar comune non si dice Amore a donna amata? Qui dunque abbiamo in foggia poetica un fatto ordinario. A pag. 198 è detto che Dante sorrideva agli amici che gli dimandavano: per cui t'ha così distrutto quest' Amore? solo perchè non poteva dire per chi l'amore l'avesse distrutto e sorrideva al pensiero che essi fantasticassero di una vera e propria persona ... Perchè avrebbe Dante sorriso, se si fosse trattato di un amore per donna reale? Che ragione c'era di sorridere? ecc... Anche qui abbiamo uno dei più comuni fenomeni della vita reale. Amici più o meno discreti, vedono taluno mal ridotto; indovinano'che sia effetto d'amore: dimandano per chi. L'innamorato, geloso del suo segreto, risponde con un sorriso, che non nega nè assente, ma lo dispensa dal nominar persona. A chi ciò non è accaduto? Altre cose potremmo notare, ma non vogliamo più oltre dilungarci. Ammiriamo il sottile ingegno del Bartoli, ma non sapremmo consentire al suo metodo critico. Noi duriamo a stare nella schiera di quegli « ingenui, che non travedono nemmeno le immani difficoltà di quel terribile libro (p. 236) ». A questo siete giunti: a chiamar terribile libro la Vita Nuova, solo perchè fantasticando lo riducete un indovinello indecifrabile e ne torturate ogni parola.

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(1) Il più... come dire? il più esilarante di questi signori è il Prof. VINCENZO TERMINE-TRIGONA, nel suo Studio Critico, la Beatrice di Dante (Catania, Martinez, 1883), capitatomi innanzi mentre rivedo le bozze di questo volume. Ecco come, escludendo dal personaggio di Beatrice ogni senso erotico, e facendone il simbolo della Religione cristiana, s legnoso si volge a quelli che in Beatrice vedono l'ideale della donna: Essi non pensano che, ciò facendo, distruggono la personalità di Dante: essi non pensano che, ciò facendo, profanano la sacra persona del Poeta, e te lo riducono come quel cavaliere del << Marco Visconti che per amore perdette gli occhi; essi non pensano che ti riducono Dante come un giullare che canta e va gironzando per i castelli e per le corti di amore; essi infine, credendo Beatrice l'ideale della donna, offendono la maestà dell' Esule fiorentiuo, che ti si presenta alla fantasia come il Mosè di Michelangelo, tutto muscoli e nervi, e te lo riducono come la mutilata statua di Marforio: essi annientano l'eroismo e la virilità di Dante, che ti si presenta alla fantasia come Milziade a Maratona, e te lo riducono un Sardanapalo fra le sue donne. Ha capito, il mio ca rissimo Bartoli ?

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Ma dacchè abbiamo ricordato il sig. Termine-Trigona, non volendo perder tempo a confutarlo, ci basti riferire un altro brano del suo scritto, che varrà a mostrare qual sia il modo di ragionare e di scrivere di questo critico. « In

coltà comune a tutti gli uomini, e dalla quale altezza d'ingegno o d'animo non valgono a sottrarsi. Volendo far di Dante qualche cosa più che un uomo, ne fanno in realtà assai meno che un uomo. Essi ci raffigurano come il Dante vero, un Dante tutto testa e niente cuore, tutto intelletto, e niente affetto. Ma questo non è il Dante che ci si rivela nelle opere da lui scritte, chi le studi senza preconcetti. La grandezza e l'eccellenza dell' Alighieri sta appunto in una bella e rara armonia di tutte le facoltà e le potenze dell' essere umano, tanto più mirabili quanto si consideri che intelletto e cuore si svolsero in lui in misura non comune alla generalità degli altri uomini. Ma l'aver egli amato in modo così squisitamente superiore alla generalità degli altri uomini, non può voler dire ch'ei non provasse quel sentimento che ogni essere umano, tanto o quanto, è destinato a sentire (1).

seguito alla riconciliazione Dante fu menato in luogo dove tante donne mostravano le loro bellezze; e là vide Beatrice. Nella civiltà antica, medioevale e moderna non abbiamo esempj che tante donne si riuniscano per mostrare le loro bellezze, a meno che non sia nei lupanari (!!) Or come poter pensare che Dante abbia messo la casta Beatrice fra donne disoneste, in un luparare! Per le donne dunque si dovrà intendere tanti diversi rami di filosofia. Ma di sotto è detto che le donne facevano, come di usanza, compagnia ad una che si era disposata lo giorno, e che era in casa dello sposo. Da tanta chiarezza d'espressione sarebbero distrutte le mie ragioni (?), se si dovesse interi pretare alla lettera, ma Dante si oppone: egli dice che le scritturo si possono in endere e si debbono sponere per quattro sensi, il secondo dei quali è lo allegorico, nel quale spiegherò la citazione. Al secolo XIII, le dispute filosofiche erano continue, e ad esse intervenivano molti scienti di filosofia. Dante fu condotto ad una di quelle dispute, in cui si parlò di tanti rami di scienza, fra i quali, di quello che egli chiama Beatrice: cioè della religione Cristiana. È da credere che qualcuno, si fosse in quel giorno addottorato, come ora si direbbe, e che perciò i dotti si adunarono in sollenne (sic) riunione, in casa dello sposo per discutere di filosofia. E se così non s'intende, come spiegare il tremore di Dante appena entrato nella casa, prima di vedere Beatrice, anzi, senza sospettare che ella potesse esservi? Come spiegare il pianto di Dante dopo che ebbe visto la gloriosa donna ? Dante tremava perchè, a causa di avere abbandonato lo studio, per l'amore reale, sentiva quasi vergogna di sè stesso nel trovarsi fra tanti dotti uomini, e piangeva per pentimen to >. E basti questo per saggio, se non è troppo.

(1) Ci sembra un bel paradosso e null'altro, quello che formulò a questo

Esposte brevemente e senza entrare in minute confutazioni, le varie sentenze dei contradittori, intendo proporre sul tanto disputato argomento una opinione, la quale, o io mi inganno, nuova mi sembra, non già nella conclusione finale, ma nel metodo tenuto affine di giunger a conciliare le molte difficoltà del problema. Chè mentre fino ad ora i seguaci del sistema storico negarono ogni valore alle conclusioni dei propugnatori del metodo allegorico, e questi, dal canto loro, disconobbero in tutto le testimonianze e le argomentazioni dei primi, io invece vorrei raccogliere dall' un sistema e dall'altro e mettere in accordo ed in armonia quel che ciascuno ha in sè di buono e di vero. Ma non sì ch'io aderisca alla sentenza di coloro i quali, tenendo il mezzo e volendo giungere ́ appunto alla conciliazione delle molte difficoltà, pensarono due essere le significazioni, forse fortuitamente e fors' anco pensatamente, accolte da Dante nel nome di Beatrice (1): aver lui, cioè, amato di vero affetto ne' suoi primi anni, la Beatrice Portinari; ma dopo questa passione giovanile e dopo che la morte gli ebbe tolta l'amata donzella, esser sorto più ardente nell'animo suo l'intellettuale culto della Sapienza, chiamata da lui col nome di Beatrice, vuoi per dolce memoria della perduta fanciulla, vuoi perchè la Sapienza è colei che sola beatifica l'uomo; cosicchè collo stesso vocabolo, si designerebbero da Dante una donna reale ed una donna ideale, congiunte nel nome ma nell'esser loro distinte e diverse.

Or io vorrei provarmi a sciogliere quest' antico problema per mezzo di uno studio psicologico su Dante; e per tal modo dimostrare come una sola (2) è la Beatrice a cui il poeta consacrò

modo il DUMAS figlio (Entr' actes, 3. sèrie, 1879): « Le poëte de génie a une couformation à part. Son coeur n'est chargé que de percevoir, non de garder les sensations. Il les expédie immédiatement au cerveau, qui est beaucoup plus grand que lui, qui les recueille, les expertise, les classe, les catalogue et les offre ensuite, à son heure, à la foule ébahie et prosternée ».

(1) Hoc autem fuit certissimum pronosticum et augurium futuri amoris, quem habiturus erat ad Beatricem sacram, ad quam erat pronus a natura: BEnv. Imol.

(2) I DIONISI, Preparaz., pag. 72, dimanda: « E come può essere che due donne (Beatrice e la Sapienza) così diverse, sieno divenute quasi una sola ? Io

l'affetto e il verso: e come essa, nelle varie opere di lui, è donna, personificazione e simbolo, per successivo innalzamento e progrediente purificazione dell'amore. Dappoichè invero non vi ha quasi un momento nella Vita Nuova in cui Beatrice sia soltanto una vaga giovanetta, una creatura mortale al pari di tante altre: al modo stesso come, e converso, non vi ha un momento nella Divina Commedia nel quale colei che siede accanto a Maria nell'empireo cielo, non sia anche la leggiadra pargoletta (1), per cui Dante sospirò e scrisse nell'età giovanile.

II.

Comincio questo studio dalla Vita Nuova e dalle Liriche del nostro poeta. La Vita Nuova fu scritta da Dante quando ei giunse alla metà del cammino della vita, nè ancora si trovava involto nelle pubbliche faccende e nelle brighe partigiane che gli fruttarono i lunghi dolori dell'esilio: e principali affetti del cuor suo erano una santa memoria e il culto della poesia. La Vita Nuova è un appassionato racconto dove si ricordano da Dante, quali erano scritti nel libro della memoria (2), i forti moti e i dolci pensieri che Amore suscitavagli in seno alla vista della vaga donzella: è una candida e malinconica storia di affetti profondi; una ingenua e piena confessione di ciò che v'era di più intimo e segreto nel cuore dell'amante. Ma un presentimento funesto della vanità delia vita umana, un' aura quasi di morte penetra e si aggira per entro a questa gentile narrazione d'amore, e la cinge di tristezza, dalla prima visione in che al poeta apparisce Amore che, tenendo in braccio Beatrice avvolta in un drappo sanguigno, la porta verso il cielo (3), fino

mi dispenserò con destrezza da tale istanza, rimettendo l'interrogante studioso o richiederne la soluzione alla stesso poeta ». A tale dimanda, risolta con destrezza dal Dionisi, vorremmo appunto rispondere con questo studio critico-psicologico. (1) Ball.: Io mi son pargoletta e Son. Chi guarderà giammai ec. (2) V. N. (§ 1).

(3) V. N. (§. II): Lo verace giudicio del detto sogno non fu veduto allora per alcuno, ma ora è manifesto alli più semplici ».

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