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V

correano per veder lei; onde mirabile letizia me ne giungea (1). Per lo addietro egli aveva cantate le lodi di Beatrice descrivendo gli effetti che su di lui producevano tanta bellezza e tanta onestà (2): ma in quelle lodi si scorge sempre l'ispirazione che viene dall'amore, si riconosce sempre il linguaggio della passione. D'ora innanzi egli parlerà non tanto a nome suo proprio, quanto a nome di tutti, fatto quasi sacerdote di quel simulacro di perfezione che Dio per brevi istanti ha mandato sulla terra a miracol mostrare (3). Qui la storia, nemica spesso alla poesia, ci narra che Beatrice andasse a nozze con altri (4); pur Dante di questo non ci lasciò cenno alcuno (5). Sia che vuolsi di ciò (6); ma certo, niuno più ricco

(1) V. N. (§. xxvi). – Vi sono e vi sono stati effettivamente al mondo, alcuni esseri privilegiati, che spandono intorno a sè come un' aura di bontà e di dolcezza. Tale fu ad esempio Raffaello, del quale dice il VASARI: Fra le sue doti singolari ne scorgo una di tal valore, che da me stupisco che il cielo gli diede forza di poter mostrare un effetto sì contrario alla complessione di noi pittori. Questo è che gli artefici nostri, non dico solo i bassi, ma quelli che hanno nome di esser grandi, lavorando nelle opere in compagnia di Raffaello, stavano uniti ed in concordia tale che tutti i mali umori nel veder lui si ammansavano, ed ogni vile e basso pensiero cadeva loro di mente: la qual unione non fu più in altro tempo che nel suo. E questo avveniva, perchè restavano vinti dalla cortesia e dall'arte sua, ma più dal genio della sua buona natura, la quale era si piena e sì colma di carità, che sino gli animali l'onoravano non che gli uomini ».

(2) V. N. (§. XI).

(3) Son.: Tanto gentile ec. (§. xxvi).

(*) Di Simone de' Bardi marito alla Beatrice Portinari sappiamo questo soltanto: che nel 1290 fu savio, assessore, del Capitano di Firenze: che era di professione mercante: e che riceveva per cotesto uffizio trenta soldi il giorno, pari aqua rantacinque lire il mese: (v. Provisioni, 1, II, p. 71): PERENS, Hist. de Florence, II, pag. 223.

() Il perchè nella V. N. l'abbia egli taciuto, non è difficil cosa a vedere, A questo schietto romanzo della V. N., Dante non intese fidare tutti quanti i segreti dell'amor suo, ma solo esporre l'occasione e l'argomento dell'amorose sue rime: TOMMASEO, op. cit., p. xxxvII.

() Noi ci sentiamo molto propensi ad accettare la seguente ipotesi del Lubin: «Non avrebbe forse Dante in alcuna delle scene della V. N. celato il matrimonio di Beatrice? Per esempio, in quella, per lui terribile, quand' egli al vederla fra le donne radunate per un convito nuziale, fu preso da tremore

o più fortunato di lui, potea tôrgli il possesso intellettuale della sua amata, (') e rompere il misterioso connubio giurato fra l'anima sua e quella di Beatrice (2).

Così l'amore di Dante differisce ormai da ogni altro amore terreno, e da quello pur anco ch'egli aveva provato nel tempo anteriore, perchè questo affetto non è più speranza di contraccambio, brama di cortese saluto o di affettuosa parola; ma dolcezza infinita di poter comprendere egli solo fra tanti, mercè di Amore (3), l'intima virtù di questa donna, o a dir meglio, di questa celeste apparizione (1): è appagamento ineffabile di poterne cantare le lodi come, senza meschianza di umani desiderj o speranza di mercede, si canterebbero le lodi di Dio. Nè senza ragione paragono l'amore di Dante in questo momento al puro anelito di

e rimase sbalordito, istupidito da dover essere tratto via di colà, e nella quale, come poscia disse, gli parve di morire?»: LUBIN, Commedia di D. A. ecc. Padova, Penada, 1880, p. 26. Invero, l'insistere che qui fa Dante del non sapere dov'era menato dell'amico, che ripetutamente è rappresentato come ignaro ed ingannato ma di buona fede, e quel quasi sopraggiungere di Beatrice nel crocchio formato dalle giovani donne, e il tremore che succede al giunger di lei, com' ei sentisse un prenunziamento del vero, e del danno che lo aspettava, e la trasfigurazione di lui, e il tramortire, e il gabbarsi delle donne, ci fanno credere che in niun'altra forma, che in questa assai involuta, abbia Dante inteso di accennare ad un episodio dell'amor suo, che non potevasi ommettere, ma sul quale non voleva soverchiamente intrattenersi.

(1) Amore per Dante non è altro che unimento spirituale dell'anima e della cosa amata: Conv., IV, 2.

(2) Crediamo non spiacerà leggere qui un Sonetto di un altro poeta, gentile e sventurato, per le nozze della donna amata. È un Sonetto di Bernardo TASSO pel matrimonio di Ginevra Malatesta: oichè la parte men perfetta e bella Ch' al tramontar d'un dì perde 'l suo fiore, Mi toglie il cielo, e fanne altrui signore, Ch' ebbe più amica e graziosa stella, Non mi togliete voi l'alma, che ancella Fece la vista mia del suo splendore: Quella parte più nobile e migliore Di cui la lingua mia sempre favella. Amai questa beltà caduca e frale Com' immagin dell'altra eterna e vera. Che pura scese dal più puro cielo: Questa fia mia, e d'altrui l'ombra e 'l velo, Ch'al mio amore, a mia fè salda ed intera Poca mercè saria pregio mortale.

(3) Le mie bellezze .... Non posson esser conosciute Se non per . uomo in cui Amor si metta»: Ballat.: Io mi son pargoletta ec.

(4) Io fui del cielo e tornerovvi ancora.... Le mie bellezze sono al mondo nuove Però che di lassù mi son venute »: Ball.: Io mi son pargoletta ec.

un' anima inebriata nell'amore divino; dappoichè Dante stesso ci persuade colle sue parole un tal paragone. Infatti, una strana combinazione di ritorno del numero nove in ogni avvenimento che riguardava Beatrice, congiungendosi nella mente di Dante a mistiche dottrine ed a scientifiche speculazioni, in cui egli già si compiaceva, rafforzavagli il concetto della eccelsa natura di quest'essere straordinario al quale prestava spirituale omaggio. E fantasticando nel fervido intelletto su questa coincidenza, che di nove anni ei l'aveva vista la prima volta, e che l'anno, il mese, l'ora nona eran ritornati al compiersi di tanti avvenimenti spettanti alla storia del suo affetto, e questo mettendo assieme colle arcane qualità che a certi numeri attribuivansi dalla tradizione e dalla scienza de'tempi, e tutto industriandosi poi di ridurre al nove, facilmente e' si persuase che Beatrice era essa stessa un mistero, un m'racolo, la cui radice è solamente la mirabile Trinità (1).

Di nessuna donna mai fu detto altrettanto, nè parrebbe potesse dirsi, anco nell'impeto lirico, senza nota di empietà o di follia (2). Se non che, veggasi come in questo momento l'amore di Dante era giunto a tal grado di purità, non avendo bisogno di esser soccorso dalla vista materiale, da sembrare estasi affettuosa di un'anima abitatrice de' cieli verso un'altra anima beata, non già affetto di un essere mortale e corporeo verso un essere similmente corporeo e mortale. E dicasi pure che cotesti sono sogni e delirj di mente inferma: ridasi, se vuolsi, di cotesta esaltazione della donna amata, fatta simile a Dio; ma si rida allora, anche quando nel Purgatorio, Dante ci rappresenta Beatrice che, circondata dai Santi e dai Profeti, a lui rammenta l'antico affetto della puerizia.

(1) V. N. (§. xxx).

(2) Raccogliendo in questa vergine diletta quanto di gentile e di grande gli presentavano le memorie dei tempi andati e la dottrina dei libri, e gli spettacoli dell'arte nuova e della sempre rinascente natura, e aggiungendo del proprio le ricchezze dell' affetto, egli se n'era formato un idolo al quale prestare il suo culto. Meglio era certamente prestarlo ad altro che a bellezza fugace: ma certo è altresì che fra gli amori umani nessuno è poggiato tant'alto: TOMMASEO, op. cit., p. LIII.

Chiaminsi questi sogni e delirj; ma si riconosca ancora come per tal modo la donna amata saliva a tanta altezza che il pensiero, per potersi affisare in lei, era costretto ei pure a sublimarsi oltre la spera che più larga gira (1).

Già prima adunque che Beatrice si spogliasse della veste mortale, noi vediamo aver principio nella fantasia del poeta quella trasformazione di lei, che indi si effettua appunto per la morte sopraggiuntale, quando di poco aveva oltrepassati i ventiquattro anni. Già essa negli atti suoi, ne' costumi, nell'aspetto, nelle condizioni del viver suo, mostravasi simile (2) più che agli uomini, alla divinità. Ma concessa da Dio al mondo sol per far fede della sua bontà, richiesta in cielo dagli Angeli con ardenti preghiere, alle quali faceva contrasto soltanto la Pietà che difendeva innanzi al trono del Signore la causa del misero amante, Beatrice dovev. presto lasciar la terra, facendo ritorno là dond'era discesa. E una breve malattia sofferta da Dante, avendogli fatto ripensare alla caducità della vita umana, forte sospirando e quasi a un tratto gli si svelasse un ascoso mistero, ei gridò affannosamente: Di necessità conviene che la gentilissima Beatrice alcuna volta si muoja. E il vano imaginare (3) gli fece vedere allora volti orribili e strani e donne scapigliate e piangenti, e oscurarsi il sole, e impallidire le stelle, e cader morti gli animali e tremare la terra. Ma dopo queste terrifiche immagini, pareagli vedere moltitudine d'Angeli che volavano al cielo, avendo dinanzi a loro una nebuletta bianchissima; e tutti cantavano: Osanna. Indi, avvertito del suo danno da un amico, correva a Beatrice, ma ne trovava soltanto la gelida spoglia: l'anima era salita al cielo in quella nebuletta bianchissima, che gli Angeli accompagnavano col sacro canto degli Inni (4).

(') V. N. (§. 42).

(2) Questo numero (nove) fu ella medesima: PER SIMILITUDINE dico » <

(§. xxx).

(3) Canz.: Donna pietosa ec. (§. xxiii).

(4) V. N. (§. XXIII).

V. N.

Poco tempo dopo questa visione, il tristo presagio si avverava. Ma Beatrice non morì, secondo Dante, per le ragioni onde i corpi umani vengono a perire: Non la ci tolse qualità di gelo Nè di calor, siccome l'altre face (1). La sua morte non fu tanto un ritorno del corpo alla terra, quanto un rivolare dell'anima al cielo (2): Dio la ritolse seco, perchè esta vita nojosa Non era degna di sì gentil cosa (3).

Chi ha cuore comprenderà di leggeri quanta dovesse essere l'angoscia di Dante allorquando gli fu tolta la diletta dell'anima sua (4). Ma riflettasi poi come, solo per tal luttuoso avvenimento (5), Beatrice amata dapprima come bellissima e gentilissima fra le donne, idoleggiata quindi come visibile esempio d'ogni virtù, potesse trasformarsi in simbolo eccelso di queste virtù stesse, e dar nuove ali all'intelletto, nuovi ardori purissimi all'anima di Dante (6). Soltanto coll'essersi sciolta da ogni sensibile apparenza e da ogni corporea fralezza, la finita e caduca beltà di Beatrice si cangia in bellezza infinita e spirituale: Il piacer della sua beltate, Partendo

(1) Canz: Gli occhi dolenti ec. (§. XXXI).

(2) Mi par già veder lo cielo aprire E gli Angeli di Dio quaggiù venire Per volerne portar l'anima santa »: Cauz.: Morte ec. « Ita n'è Beatrice in l'alto cielo Nel rame ove gli Angioli hanno pace E sta con loro»: Canz.: Gli occhi dolenti ec. (§. XXXII) «E fella (Dio) di quaggiuso a sè venire: Id. Id.

(3) Canz.: Gli occhi dolenti ec. §. XXXII).

(*) E qual è stata la mia vita poscia Che la mia donna andò nel secol novo Lingua non è che dicer lo sapesse: Canz. Gli occhi dolenti (§. XXXII). << Io sono astioso di qualunque muore: Canz.: Quantunque volte ec. (§. XXXIV). (5) Io era certo e sono per sua graziosa rivelazione che ella era in cielo, ond' io pensando spesse volte come possibile m'era, me n'andava quasi rapito » : Conv., 11, 8.

(8) << Moriva Beatrice.... lasciando in retaggio uu affetto immortale, un tesoro di memorie senza rimorsi, un'imagine che doveva di luce serena irradiare i versi di lui, e con la sua gentilezza accrescere potenza a quel gagliardo intelletto. Oh venne pure opportuna alla gloria d'entrambi, e forse alla loro innocenza, la morte! Tempo era che Dante ad altro che ad amorose contemplazioni indirizzasse l'ingegno, e per altro apprendesse a palpitare che per bellezza di donna. La patria lo chiamava, la patria, e la religione, e il diritto, e la natura, e quanti mai possono amori capire in cuor d'uomo. Se

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