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grandezza di soggetto; ma, nella nobiltà ed importanza dei concetti pei quali via via trapassa la mente del lettore, si presagisca che non è donna pari alle altre, colei che il poetą va cercando nei mondi fantastici, e che appare finalmente quando e il poeta e il lettore sono fatti degni di contemplarla da presso.

IV.

Questo periodo di preparazione dottrinale al Poema, è in gran parte segnato nel Convito, che compie opportunamente una lacuna della Vita Nuova ('). Nella quale, infatti, Dante dichiara non volere assemprare ogni fatto appartenente alla sua gioventù: lo dice nel proemio, e lo ripete più volte dappoi. Invero, nella Vita Nuova oltrechè son taciuti molti episodj riguardanti il suo amore, nulla è scritto da Dante nè delle sue imprese guerresche, nè de' suoi primi passi nelle pubbliche faccende o almeno nelle brighe delle fazioni, nè degli studj filosofici. Per aver notizia di quest' ultimo periodo, che si intreccia coll' episodio della donna gentile da Dante più tardi immedesimata colla filosofia, bisogna appunto aver ricorso al Convito. Naturale era, del resto, che affaticandosi a raccogliere tutto quel tesoro di cognizioni che, più tardi, doveva servire al monumento poetico da innalzarsi all' amata, e compiacendosi nella bellezza e nella nobiltà degli studj (2), qualche volta il pensiero di Dante fuorviasse, sebbene momentaneamente, dall'antico oggetto; e correndo dietro ad altre immagini di intellettuale bellezza, come già a quelle di sensibile venustà, il cuore paresse dimenticare, o meno acutamente ricordare, Beatrice.

(1) Innanzi cioè al §. XL. Vedi ciò che dicemmo nella Prefazione. E vedi il WITTE nei Prolegomeni della V. N. pag. x-xIII, ove dichiara di accostarsi alle nostre opinioni, allontanandosi alquanto da quelle anteriormente professate.

(2) << Cominciai a andare là ov'ella (la filosofia) si dimostrava veramente, cioè nelle scuole de' religiosi e alle disputazioni dei filosofanti, sicchè in picciol tempo, forse di trenta mesi, cominciai tanto a sentire della sua dolcezza, che il suo amore cacciava e distruggeva ogni altro penslero »: Conv. II, 13.

Abbiamo dunque, a proposito della donna pietosa, il primo di questi deviamenti del pensiero e del cuore di Dante. Un altro è quello rimproverato da Beatrice stessa al poeta sulla cima del Purgatorio, quando a lui rammenta non solo la pargoletta, che potrebbe essere una cosa colla donna gentile, o altro breve amore di lui, ma anche le false immagini di bene Che nulla promission rendono intera: alludendo con ciò, secondo a me sembra, non solo alla vita dissipata onde si tocca nell' episodio di Forese (1) e fors' anche in un Sonetto del Cavalcanti (2), ma più specialmente forse alle gare di parte, agli odj di setta, e sopratutto a quella appassionata partecipazione nelle pubbliche faccende, che gli fu cagione del bando e della vita ramminga per tutta Italia (3). Un terzo deviamento è questo narratoci nel Convito, verso gli studj, verso la scienza per sè medesima, insufficiente e vana in ogni caso, e più particolarmente nel caso di Dante: anch'esso poi interrotto nel suo corso dal risorgere possente dell' affetto, tanto che l'opera medesima ne rimase imperfetta e monca (4). Tutte insieme

(1) Purg. XXXII, 116-8.

(2) <Io vengo il giorno a te infinite volte, E trovoti pensar troppo vilmente: Molto mi duol della gentil tua mente, E d'assai tue vertù che ti son tolte. Solevati spiacer persone molte, Tuttor fuggivi la noiosa gente, Di me parlavi sì coralemente Che tutte le tue rime avea accolte. Or non mi ardisco per la vil tua vita Far dimostranza che 'l tuo dir mi piaccia Nè 'n guisa vegno a te che tu mi veggi. Se 'l presente sonetto spesso leggi, Lo spirito noioso che ti caccia Si partirà dall'anima invilita »: Son. xxII (ed. Cicciap.). (3) Honores, dignitates, magistratus, vel scientias mundanas aut poeticas ecc. »: BENV. IMOL.

() RAFFAELLO FORNACIARI analizzando e in parte censurando (Studi su Dante, Milano, Trevisini, pag. 143) queste mie opinioni, scrive così: Che se poi il Convito fu un mezzo per ritrovare la Beatrice, come questa rimprovera al poeta l'aver seguitato una dottrina e una parola opposta alla sua e per la quale egli si straniò da lei? Rispondo che per me il Convito non è un mezzo per ritrovar Beatrice, ma, come chiaramente ho detto e ripetuto, una deviazione. Segue poi il Fornaciari interrogandomi: E se la Donna gentile della V. N. fu una deviazione innocente e passeggera, distinta affatto dalle altre, che ne deve più premere alla Beatrice rappresentante della teologia? Rispondo, e ognun lo sa, che Beatrice nella fine del Purgatorio parla e come donna e come simbolo: e come donna può alludere nei suoi rimproveri anche all' affetto del suo antico amatore per la donna gentile.

queste divergenze dal supremo scopo degli affetti e dei pensieri del poeta, comprendono uno spazio che si può condurre dalla morte di Beatrice all'esilio: della prima parlasi nella Vita Nuova, della seconda accennasi nel Purgatorio, della terza trattano le rime e i commenti del Convito.

Cominciando ora a studiare il Convito, per cercare di tôr di mezzo molte difficoltà suscitate ed accresciute dai critici e dagli interpetri, ricordiamo prima di tutto quello che l'autore stesso scrive sul bel principio: E se nella presente opera la quale è Convito nominata, e vo' che sia, più virilmente si trattasse che nella Vita Nuova, non intendo però a quella in parte alcuna derogare, ma maggiormente giovare per questa, quella (1). Le due scritture sono, adunque, fra loro unite, e, insieme, distinte; e mal fa colui che vuole l' una coll' altra confondere, e interpetrare la Vita Nuova col Convito; dacchè questo è evidentemente scritto sotto l'impero di sensi ed intendimenti diversi da quelli che ispiravano Dante quando ei scriveva l'opera sua giovanile. Diciamo qui dunque qualche parola sul Convito, lasciando da parte il IV.o libro di esso che non contiene materia d'amore (2).`

(1) Conv. I, 1.

(2) Senza entrar quì in minute indagini sul tempo in che fu scritto il Convito, parmi però potersi tenere per indubitato: 1. Che le Canzoni: Voi che intendendendo, e: Amor che nella mente, illustrate nel 2.o e nel 3.o libro, sono anteriori al §. XL della V. N. (cfr. LUBIN, op. cit., p. 22-3): scritte e pubblicate, e l'ultima anche musicata, innanzi all'esilio non solo, ma al 1300, perchè ricordate espressamente nella D. C.; e la data della loro composizione potrebbe determinarsi verso il 1294 (LUBIN, ib.) 2. Che i commenti in prosa sono posteriori alla composizione delle Canzoni: cosa ammessa dal benemerito Fraticelli per ciò soltanto che spetta alla seconda, facendo invece contemporanei il commento e la Canzone Voi che intendendo; sebbene, come or ora dirò, senza prove molte valide. -3° Che il Trattato primo, il quale fa come da Prefazione generale al Convito, è senza dubbio posteriore all'esilio benchè, come osserva il Balbo, non ci sia bisogno di assegnargli per data il 1313, secondo vorrebbe il Fraticelli, dacchè già nel 1304 Dante avea percorso quelle varie parti d'Italia delle quali fa in esso libro menzione.

Quanto poi a decidere se i Commenti, posteriori secondo me alle Canzoni, sieno anteriori o posteriori all'esilio, dirò nel testo del discorso le ragioni

La Canzone: Voi che intendendo il terzo ciel movete, conte

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che mi fanno propendere col Balbo per la seconda opinione. Ma anche ammettendo col Fraticelli che i libri del Convito fossero composti in varj tempi, e il 2.o e il 4.° scritti iunanzi al 1.o e al 3.o, non mi sembra persuadente la sua argomentazione volta a provare che il 2.° debba riferirsi al 1297 e ad ogni modo ad un tempo anteriore all'esilio sol perchè nella D. C. che Dante riporta al 1300, vien rettificata una opinione scientifica in quella contenuta (II, 14). È noto come Dante sia stato nel poema scrupoloso osservatore della cronologia storica, parlando come di uomini vivent, di tali che eran già morti quand' ei scriveva, ma che nel 1300 respiravano tuttora l'aer dolce che del sol allegra. Ma, come osservò anche il Venturi (In qual onno fosse da D. dettato il Conv., Roma, Belle Arti, 1844) eravi ragione per Dante di mantenere la stessa scrupolosa e pur necessaria esattezza, rispetto a semplici opinioni scientifiche ? A Dante poteva parer necessario di rettificarne talune, sulle quali, anche in tempo posteriore al 1300, aveva proferito pubblica sentenza in qualche suo scritto; nè un anacronismo di così lieve momento e che non toccava fatti storici, poteva ragionevolmente trattenerlo dal correggere ciò che per nuove meditazioni sembravagli erroneo. Ciò fece appunto due volte nel Paradiso (II. 61: XXII. 141) dove parla della causa delle macchie solari; e nel primo passo notisi ch'ei ritratta la opinione primitiva, non già come scritta, ma come pensata (già la credetti rara e densa). Perchè adunque il poema si finge scritto nel 1300 non può supporsi che Dante dovesse avere la contraddetta opinione innanzi al 1300, sicchè in cotesto tempo soltanto possa aver egli composta la parte del Convito ove si contiene l'errore rettificato. E nel poema vi sono anche altri simiglianti anacronismi di lieve momento, quando si tratta non di fatti esterni, ma di opinioni o sentimenti dell'autore; e ricordisi ad esempio il celebre: Se mai continga ec.

Lo stesso ragionamento debbe farsi circa la implicita rettificazione che nell' vi. 36 del Parad. si fa ad una opinione del . 6 del Convito. Dante nel Parad. non fa altro che cambiare l'indirizzo del verso: Voi che inten dendo il terzo ciel movete, trasportando l'invocazione dai Troni ai Principati. Nè vale la osservazione fatta dallo Scolari e ripetuta dal Fraticelli, che il Commento dev'esser contemporaneo alla Canzone, perchè senza illustrazioni non si sarebbe capito ch'ei rivolgeva il discorso alle celesti intelligenze motrici; chè la cosa è chiara per le parole intendendo e movete: poteva soltanto esser non ben chiaro di quali intelligenze ei favellasse, e dopo aver detto nel Convito che erano i Troni, nel Parad. volle che fossero i Principati. Se non che e' fece questa correzione come se non avesse mai pensato altrimenti: A' quali tu mel mondo già dicesti: Voi ec., e così evitò lo scoglio a cui sarebbe andato incontro rammentando l'opinione diversa come scritta nel Convito. E anche nel xxvIII, 135, ripete questa rettificazione sulla gerarchia angelica, ma anche in questo caso senza citare il Convito, e destramente

nuta e commentata nel II.° libro del Convito (1) spetta ai tempi in che Dante della perdita di Beatrice consolavasi negli studj, e descrive una singolare condizione dell' animo suo, sorta dal combattimento tra l'affetto verso la defunta e la nuova beatitudine (2) della quale lo riempie la meditaziono filosofica. In questa Canzone adunque, Dante ragionando alle angeliche intelligenze che guidano i moti del cielo di Venere, narra come un soave pensiero che gli parlava di Beatrice ed era vita del cuore dolente, soleva innalzarlo sino a Dio, a' cui piedi vedeva gloriare la sua donna. Ma adesso apparisce chi fa fuggire quel primo dolce pensiero; ed è pure una donna, la quale par che porti scritta negli occhi la salute e la beatitudine. Però questa vittoria del nuovo pensiero sull'antico non è senza contrasto, dacchè l'anima, che già consolavasi nella contemplazione d'un angiola che in cielo è coronata, si duole amaramente d'esser derelitta dal pietoso ricordo, e si lamenta cogli occhi i quali si lasciarono vincere dalla bellezza della nuova apparizione. A questo rimprovero risponde un gentile spirito d' amore, rassicurando l'anima sbigottita, mostrandole quanto questa donna di cui teme, ha tramutato il viver suo, e come essa debba ormai esser chiamata e riconosciuta per signora della sua vita. Accomiatando questa Canzone, a dritto le dice il poeta: Io credo che saranno radi Color che tua ragione intendan bene, Tanto tu parli faticosa e forte.

addossa l'errore a S. Gregorio, narrando com'ei ridesse di sè medesimo quando entrato nei cieli, conobbe l'errore in che era caduto da vivo.

Tutto ciò insomma prova soltanto che il Paradiso è posteriore al 2.o Trattato del Convito, ma non vale a determinare la data di questo ad un tempo anteriore al 1300.

() I LUBIN, Intorno all'epoca della V. N., Graz, 1862, vorrebbe che la Canzone fosse scritta alla fine del 1294. Certo deve esser posteriore alla morte di Beatrice (Giugno 1290) e anteriore alla venuta in Firenze (primi mesi del 1294) e alla morte di Carlo Martello (1295). I WITTE aveva già sostenuto la data della Canzone al 94 nelle Anmerk. p. 63, e si rallegra del consenso del Lubin nei Prolegom. alla V. N., p. XIII, nota.

(2)« La dolcezza ch'io sento in quello ch'io a poco a poco ricolgo»: Conv. I, 1.

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