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Riproducendo per la seconda volta la Vita Nuova di Dante, riscontrata su codici e stampe ed illustrata da commenti miei e d'altri, voglio qui subito render ragione dei criterj che mi hanno guidato, e delle differenze tra questa e l'anteriore edizione.

La presente si avvantaggia sull'anteriore per maggior copia di commenti, sia di fattura nostra sia spigolati per entro le opere dei nostri predecessori. A tal fine abbiamo approfittato particolarmente degli scritti danteschi del Todeschini, tuttavia inediti quando usciva la nostra prima stampa, e anche adesso men noti e diffusi di quanto meriterebbero, e delle illustrazioni apposte dal Witte alla sua bella edizione del 1876. Più ampiamente che non avevamo fatto dapprima, attingemmo anche al commento del Giuliani: e l'egregio uomo, al quale ci compiacciamo di offrire questo volume, ci perdonerà certo se così spesso abbiamo usato delle sue dichiarazioni, come anche se alcuna volta nella spiegazione di passi difficili e controversi, ci siamo allontanati dalle sue interpretazioni, o abbiamo recate quelle di altri, che da lui dissentono.

Ogni maggior cura ponemmo alla lezione del testo, ma stimammo soverchio il riprodurre le varianti, che trovansi

nella prima edizione, alle quali avremmo potuto aggiungere
anche quelle indicate dal Witte. Ma dal riprodurle ci distolse
il sapere che i signori dottori Passerini e Papa da qualche
tempo attendono a raccogliere le varie lezioni di tutti i codici
della Vita Nuova. Se anche avessimo potuto notare le varianti
di qualche altro codice, l'opera nostra sarebbe sempre rimasta
inferiore a quella che preparano codesti due laboriosi giovani.
Ci conforta tuttavia il considerare che il testo della Vita Nuova
ci è giunto, come dice il Todeschini << in uno stato di le-
zione, che può stimarsi non molto lontano dalla scrittura del-
l'autore (1)». Restano però in esso alcuni luoghi di dubbia
lezione, e questi abbiamo discussi nelle annotazioni, presce-
gliendo pel testo la forma che ci sembrava dar miglior senso
o appoggiarsi a più valide autorità. Ma il lavoro che ci an-
nunziano i signori Passerini e Papa ci da speranza di poter,
per esso raffermare il verace testo di quest'operetta dantesca.

Prestando fede alla nota di un anonimo, che il Biscioni trovò in un cod. Valori e che si riscontra anche nel cod. chigiano, e tenendo perciò che le divisioni fossero come chiose al testo, disponemmo nella prima edizione nostra codeste divisioni a modo di rubriche in inchiostro rosso, intorno alle Rime. Ma un più maturo esame ci ha persuaso che le divisioni fanno parte integrale del testo: ed anzichè toglierle, come si trova in parecchi codd. e in qualche edizione, o porle nel modo già da noi adoperato, ci parve buon consiglio allogarle, ora prima ora dopo le Rime, secondo l'intenzione dell'autore, salvochè, per meglio distinguerle, usammo per esse, come altri già fece, il carattere corsivo.1

Ne' codici e nelle prime stampe, la Vita Nuova non ḥa nessuna distinzione numerica di capitoli o paragrafi, che si abbia

(1) Scritti su Dante, Vicenza, Burato, 1872, II, 3.

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a dire. La numerazione fu primamente introdotta dal Torri: nè può negarsene l'utilità, specialmente per le citazioni. Noi pure l'abbiamo riprodotta, ma segnandola in margine: e alla fine di ciascun paragrafo disponemmo le note che ad esso si riferiscono. Impossibile era il metterle a piè di pagina, anche se il formato del libro fosse stato maggiore: incomodo ci sembrò il rilegarle alla fine dell' opera, come avevamo fatto nell' anteriore stampa.

Se però il libro non fu da Dante diviso in modo alcuno, la materia di esso è tale che visibilmente si distingue in un proemio e sei parti: ed ecco in qual modo e con qual special contenenza di ciascuna parte.

Che sia il Proemio ciascuno sel vede; comprendendo esso quelle poche parole d'introduzione, delle quali fu già fatto il §. 1, e che contengono la dichiarazione del titolo dell'opera e degli intenti dell'autore.

Subito appresso viene la Prima parte, che va fino a tutto il §. XVII, e si potrebbe intitolare: Amori giovanili e Rime sulla bellezza fisica di Beatrice. Che questa parte si componga di prose e versi d'indole particolare, ben rispondenti a cotesto titolo, lo riconoscerà facilmente chi ne ricordi il contenuto, e lo raffronti a quel che viene dipoi. Vi si rammemora infatti il primo incontro con Beatrice nelle feste maggiaiole del 1274 (§. II), e poi il secondo, avvenuto nel 1283, forse nell'occasione delle magnifiche feste di cotest'anno (1), e la prima visione nella quale Amore apparve a Dante, e il primo sonetto da lui composto e mandato ai principali poeti del tempo (§. III): indi una nuova apparizione dell'amata in Chiesa (§. IV), il proposito di trovar una donna che gli servisse di schermo (§. v), le rime scritte per alcune belle fio

(1) Vedi G. VILLANI, VII, 89; SIMONE DELLA TOSA, Ann., ad ann.

rentine (§. vi) e per la bella difesa (§. VII): poi quelle in morte di una giovinetta compagna di Beatrice (§. VIII): la partenza del poeta, e una seconda apparizione di Amore colla. scelta di un altro schermo (§. IX): il principiare degli sdegni di Beatrice (§. x), cui Dante non pareva più meritevole di saluto (§. x1), finchè egli dalle simulazioni si ritrae per consiglio del Dio, una terza volta apparsogli in visione (§. XII). A questi racconti, e alle rime che vi si frappongono e ne ricevon lume, succede una specie di metafisica erotica: cioè quattro pensieri d'amore esposti e discussi in forma scolastica (§. XIII), e un quinto incontro con Beatrice, con un cenno agli antichi usi nuziali fiorentini (§. XIV), e nuovi pensamenti di casistica amorosa (§. XV-XVI), dopo i quali comincia una nuova forma di affetto, e materia nova e più nobile che la passata (§. XVII).

Abbiamo qui dunque, un'insieme di fatti e pensieri congeneri e ben concatenati: una forma di affetto ancor naturale ed umano: una maniera di poesia che non è ancora quella per cui verrà in fama il poeta. Quanto poi ai tempi, la narrazione si stende dal maggio 1274 (§. II) ad un tempo che potrebbe determinarsi all' anno 1287 (), con menzione del-l'anno 1283 (§. III), e forse del 1286, se vogliamo col prof. Lubin: arrecare ad un termine preciso la frase di alquanti mesi ed anni (§. v) (2). Avremo così la descrizione dei casi e dei sentimenti del poeta dall'anno suo nono e poi dal diciottesimo, fino al ventiduesimo.

(1) V. pagg. 70-72.

di ANTONIO

(2) Intorno all'epoca della V. N. Dissertazione LUBIN, Graz, 1862, pag. 12, 41. Del tempo in cui D. venne componendo e raccogliendo le rime della V. N. discorse con succosa brevità anche il WITTE, D. A 's. Lyr. Gedich., 2. Theil., Leipz., 1842, pagg. 5-9, e vi ritornò nei Prolegomeni alla V. N., p. XV.

La Seconda Parte nella quale dividiamo la V. N. comprende la materia dei paragrafi dal xvIII a tutto il XXVIII, e contiene le Lodi della bellezza spirituale di Beatrice, esposte nelle Nuove rime (Purg. XXIV, 50), nelle quali la lingua parlò quasi come per se stessa mossa (§. XIX). Comincia questa seconda parte con nuovo accenno ai vecchi costumi fiorentini, raccontando come l'autore fosse chiamato da una lieta ragunata di donne e richiesto della natura dell'amor suo, e qualefosse la sua risposta intorno al novissimo fine di quello (§. XVIII), che ancor meglio è dichiarato nella successiva canzone (§. XIX): segue una definizione dell' Amore, sulle tracce del maestro del dolce stil nuovo ( Purg. xxiv, 55), Guido Guinicelli (§. xx), e un sonetto sugli effetti meravigliosi della bellezza di Beatrice (§. xx1). Poi ancora nuovi accenni alle usanze fiorentine raccontando la morte di Mess. Folco e gli onori resi alla sua salma (§. XXII), e il dolore di Beatrice, e i primi tristi presentimenti avuti in sogno del prossimo fine di lei, e gli amorevoli conforti di una parente di Dante, che è la quinta donna, oltre Beatrice, introdotta in questa narrazione (§. xxiii), come la sesta è quella Giovanna di Guido Cavalcanti della quale appresso si fa menzione, dopo narrata una quarta apparizione di Amore e un sesto incontro con Beatrice (§. xxiv). Qui, al racconto si intramezza una digressione già antecedentemente (§. XII) promessa, sull'uso delle personificazioni nella poesia (§. xxv): e poi ripigliasi la loda di Beatrice, cioè del suo divino saluto (§. xxvi) e della mirabil sua virtù sulle altre donne (§. XXVII), finchè riman bruscamente tronca una nuova Canzone che avrebbe dovuto descrivere quanto sia ora soave il giogo che prima gli era si forte a portare (§. XXVIII). In questa seconda parte, che facciamo principiare, come vedemmo, dall'anno 1287, ventiduesimo di Dante, abbiamo chiara menzione di due date: cioè del 31 Dicembre 1289 in che morì Folco,

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