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miracoloso fenomeno della Croce divinamente formata di luce, e nell'aria comparsa all'imperator Costantino (A), e la segnalatissima vittoria riportata da questo principe sopra il tiranno Massenzio fissano l'epoca gloriosa della fondazione dell'ordine equestre de' cavalieri aureati, o sia dello Speron d' Oro. In prova di questa instituzione alcuni scrittori, e fra' primi il Fumichiaro, il cav. Historico, e l'ab. cav. Giustiniani adducono una lapide, che asseriscono esistente in Roma sul cadere del secolo XVII, nella quale si vede l'imperatore Costantino assiso sopra d'un trono, e in atto di crear cavalieri, armandoli in petto di una croce pendente da una collana. Tale si vede disegnata e portata in rame nell'opera del suddetto cav. Giustiniani con sotto la seguente iscrizione: Costantinus Max. imp. postquam mundatus a lepra per medium baptismatis milites sive equites deauratos creat ad tutelam christiani nominis. Ma io, che nel trattare questa causa mi sono prefisso di non ammettere, che monumenti ben giustificati, notizie provenienti da pure fonti, do

cumenti tratti da bolle, e brevi pontificj brevi pontificj, da diplomi imperiali, non darò luogo ad un monumento da me scoperto apocrifo, figlio di capricciosa mal consigliata invenzione. E che ciò sia vero, fatta percorrere ed esaminare da colta e diligente persona tutta la collezione delle tavole antiche, che hanno esistito, e tuttora esistono in Roma, collezione, che si racchiude in due grossi volumi, non si è trovata la lapide presupposta, nè altra che la somigli. Consultati li migliori antiquarj di quella dominante, fra'quali il dotto sig. avv. Fea, e l'eruditissimo sig. ab. Gioan Francesco Masdeu gesuita spagnuolo istoriografo di S. M. il re Cattolico, e della nazione spagnuola, uomo cognito alla repubblica letteraria per le moltiplici opere suc, e pe' suoi opuscoli lapidarj inseriti nel tomo primo della seconda parte degli atti dell'accademia italiana di scienze ed arti, partito sino dall'anno scorso da Roma per la sua patria, che hanno convenuto sulla niuna autenticità della lapide, dichiarandola apocrifa, io mi trovo in diritto di rigettarla per tale. — Non è questo lo stile (asserisce, e prova il dotto gesuita) di que'tempi, nè mai e poi mai gli antichi cominciarono le inscrizioni lapidarie dal nominativo. Chi adducesse monumenti di questo conio screditerebbe la storia che tratta, in vece di autorizzarla, e renderebbe sospetto qualunque altro documento che produr potesse a prova de' suoi asserti.

Gli autori di sopra accennati scrivevano ne'tempi in cui nè la critica aveva ancor fatti que' felici progressi, che a ben discernere il vero dal falso erano necessarj, nè le biblioteche, e gli archivj erano stati ricercati con quella erudita curiosità, che ci ha arric

chiti in questi ultimi anni di tante, e così pregevoli cognizioni e scoperte.

Ma quale sarà la prima prova che io addurrò in favore dell' abbracciata opinione? Mi è di mestieri per camminare con un poco d'ordine nella carriera, nella quale ho messo piede, di richiamare alla memoria de' miei leggitori, se in addietro ne furono informati, o di mettere a giorno di que'pochi, che digiuni ne fossero, la vittoria ottenuta da Costantino Magno sopra il tiranno Massenzio. Questo strepitoso fortunato avvenimento che mi conduce alla sorgente, da cui fu prodotto, mi somministrerà il primo fondamento alla instituzione dell' aurata milizia, dietro a cui ne verranno gradatamente, e per ordin de'tempi e memorie autentiche, e attestazioni di queʼmolti antichi, che hanno opinato, e scritto in favore di questo fatto, e l'acconsentimento di non pochi moderni scrittori (tranne un piccolo numero di novatori, o di coloro che hanno per massima di contradire gli antichi) che ne hanno abbracciato la ragionevole, e bastevolmente documentata opinione.

È celebre nella storia la vittoria ottenuta dall'imperatore Costantino M. sopra Massenzio, che regnava in Roma da tiranno, in quella Roma, che godendo in addietro di sua piena libertà, e dando leggi al mondo, si era poi lasciata indurre dalle legioni ad acclamare per suo nuovo imperatore un despota, un tiranno. Venuto Costantino in Italia, ed accolta l'ambasciata de'romani, che imploravano da lui aiuto contro l'assoluto dispotismo, l'insopportabile fierezza, e l'empietà di Massenzio, si propone, e giura di voler vendicare gli oltraggi fatti ad una potenza, ch'era stata la sola dominatrice dell'Universo allora conosciuto. Principe non solo avido di gloria

militare, di quella gloria giusta e legittima, ma anche nelle imprese sue fortunato, medita sul modo di discacciare il tiranno dalla patria di Quirino: teme però la forza imponente del di lui esercito, e non vede chiara la felice riuscita. Costantino che fa? Cosa delibera all' aspetto delle difficoltà, che se gli affacciano alla mente, e lo tengono nella deliberazione sospeso? Quale è il risultamento de'frequenti e lunghi congressi tenuti co'suoi più fidi, e sensati, ed esperti guerrieri? Pare che tutto presenti ostacoli, e l'affare rimane indeciso, quando, inspirato, e mosso da una voce secreta che gli parla al cuore, risolve d'invocare il Dio de'Cristiani, che egli, benchè involto negli errori degli Etnici, guardava con rispetto, e la cui religione era dispostissimo di abbracciare, e s'incammina alla capitale dell' Orbe cattolico, quando d'improviso alzando gli occhi al cielo si vede favorito da Dio d'una maravigliosa visione, e a ciel sereno se gli scopre in aria il segno di Croce alla parte orientale inclinato, e da prodigiosa luce irradiato, e perchè meglio, e chiaramente ne intenda il mistero scorge all'interno di lei scorrente a maniera d'arco celeste una corona di stelle esprimenti nella loro forma, e disposizione con ordine il più chiaro queste parole ridotte nella lingua del Lazio in hoc signo vinces,, (1) Eusebio scrive, che ciò accadde il 26 ottobre l'anno di nostra redenzione 312. Altri circa la metà di novembre (2). Attonito, confuso, ed insieme animato Costantino da tanto singolare ed espressiva apparizione, resta pensieroso per qualche tempo: chiede sul fatto a'suoi sol

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(1) Euseb. de vita Const. lib. 1 cap. 28.
(2) Baron. Annal. Eccl. ad an. 312.

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