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CORNELIO A LAPIDE, Prov. 1, 1. «I dommi e le sentenze di Cristo sono misle, in ebraico; paremiae, e parabolae, in latino; sì perchè Cristo, secondo l'usanza della sua nazione, cioè secondo che costumavano quelli di Siria, soleva parlare per parabole e similitudini, giusta il detto: Non parlava a loro senza parabole, affinchè s'adempiesse quella profezia; Aprirò la mia bocca in parabole. (Matteo, 13, 34 e 35) ».

V'ha inoltre, sentenza senza la prova, e sentenze con la prova; cioè senza la spiegazione, e con la spiegazione. CORNIFICIO, Della Retor. ad Erenn. 4, 17. «Sono altresì sentenze, le quali duplicemente si formano; senza la ragione e con la ragione ».

E se non tutte, almeno la loro sentenza. Riferito alle molte cose, vuol dire: E se non esse cose, quali e quante si trovano scritte nel libro della memoria, almeno il lorc adombramento. Cioè l'autore si propone di riferire tutto che ricorda, esponendo in modo chiuso, ossia per enimma.

Verso la fine della Vita Nuova noi leggiamo, come Dante, morta Beatrice, innamorato di altra donna, fece per questa il Sonetto: Gentil pensiero, ecc. Il secondo amore, stando a questo sonetto, pareva aver quasi fatto dimenticare il primo, cioè di Beatrice. Ma dipoi la memoria di Beatrice si fa forte; tanto che il Poeta incomincia dolorosamente a pentirsi del desiderio, a cui così vilmente s'avea lasciato possedere alquanti dì contro alla costanza della ragione. La rimembranza di Beatrice gli fa discacciare quel malvagio desiderio; ed egli piange per la vergogna del fallo. I particolari di cotal mutamento sotto il §. XL; ov'è soggiunto: Onde io volendo che cotal desiderio malvagio e vana tentazione paressero distrutti, sì che alcuno dubbio non potessero inducere le rimate parole, ch' io aveva dette dinanzi (intendi il precitato sonetto: Gentil pensiero, ecc.), proposi di fare un sonetto,

nel quale io comprendessi la sentenza di questa ragione. E allora feci il sonetto: Lasso per forza, ecc.

La sentenza di questa ragione; cioè, qualche cosa, che indichi sensibilmente, o vogliam dire, adombri questo ragionamento, ovvero discorso. Ragione, per discorso, come nella COMMEDIA. Inf. 11, 68. Assai chiaro procede La tua ragione. Ivi, 11, 13. Come udirai con aperta ragione. CONVITO. Canz. prima stanz. 5. Canzone, io credo che saranno radi Color che tua ragione in

tendan bene.

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E infatti nel sonetto, Lasso per forza, ecc. è puramente adombrato che i pensieri e i sospiri del Poeta sono diventati angosciosi per effetto della memoria di Beatrice, con queste parole: Perocch' egli hanno in sè li dolorosi Quel dolce nome di Madonna scritto, E della morte sua molte parole. Tanto anzi leggermente adombrato, che senza l'aiuto della prosa poco forse se ne potrebbe indovinare. Con dire: E se non tutte, almeno la loro sentenza, il Poeta trovò modo, come naturalmente procurar doveva, di adombrare perfino il proposito suo di parlare sotto velo, perocchè sarebbe stato incongruo, anzi stolto il dichiarare con aperta parola, che gli conveniva parlare in modo coperto. Ciò quanto alla sentenza delle molte cose.

Quant'è poi alla sentenza delle parole, intendi: E se non le parole rimate, quali e quante sono scritte nel libro della memoria, almeno la loro sentenza. Perocchè, convien sapere che alcune rime della Vita Nuova si trovano avere lo stesso soggetto, e talvolta gli stessi concetti di altre, che di essa Vita Nuova non fanno parte. Onde nasce la conghiettura che il Poeta, all'atto di comporre questo suo libretto, alcune poesie, già innanzi mandate fuori, abbia rifatte o modificate a fine di accomodarle all'argomento, salva la loro sostanza. Ne sia

esempio il sonetto, ch'è sotto il §. XXII, confrontato con l'altro, estraneo alla Vita Nuova: Onde venite voi, ecc. Il primo è questo:

Voi, che portate la sembianza umíle,

Cogli occhi bassi mostrando dolore,
Onde venite, che 'l vostro colore
Par divenuto di pietà simíle?
Vedeste voi nostra donna gentile

Bagnata il viso di pianto d'amore?
Ditelmi, donne, chè mel dice il core,
Perch'io vi veggio andar senz'atto vile.

E se venite da tanta pietate

Piacciavi di restar qui meco alquanto,
E checchè sia di lei, nol mi celate:
Ch'io veggio gli occhi vostri ch' hanno pianto,
E veggiovi venir sì sfigurate,

L'altro:

Che il cor mi trema di vederne tanto

Onde venite voi così pensose?

Ditelmi, s'a voi piace, in cortesia :
Ch'io ho dottanza, che la donna mia
Non vi faccia tornar così dogliose.
Deh! gentil donne, non state sdegnose,
Nè di ristar alquanto in questa via,
E dire al doloroso, che disía
Udir della sua donna alcune cose,

Avvegnachè gravoso m'è l'udire;

Sì m'ha in tutto Amor da me scacciato

Ch'ogni suo atto mi trae a finire.

Guardate bene s'io son consumato;

Ch'ogni mio spirto comincia a fuggire;

Se da voi, donne, non son confortato.

Come chiaramente si vede, la materia de' due sonetti è una, tranne che nel primo non si parla dello stato del Poeta, come nel secondo. Ma lo stato del Poeta nella

Vita Nuova è ritratto in altro sonetto, che a quello primo tien dietro; dove il Poeta fa che le interrogate donne rispondano a questo modo:

Se' tu colui, ch'hai trattato sovente

Di nostra donna, sol parlando a nui?
Tu rassomigli alla voce ben lui
Ma la figura ne par d'altra gente.
E perchè piangi tu sì coralmente,
Che fai di te pietà venire altrui?
Vedesti pianger lei, chè tu non pui
Punto celar la dolorosa mente?
Lascia piangere a noi, e triste andare.
(E fa peccato chi mai ne conforta)
Che nel suo pianto l'udimmo parlare.

Ella ha nel viso la pietà sì scorta,

Che qual l'avesse voluta mirare,
Saría dinanzi a lei caduta morta.

Sicchè non pare senza fondamento l'opinione, che l'autore, messosi all'opera, rifiutasse i sonetto già prima divulgato, Onde venite voi, ecc.; e si valesse, in sostanza, della stessa materia per fare i detti due della Vita Nuova. Simile discorso si può fare quanto alla Ballata, del S. XII. Ballata, io vo' che tu ritrovi Amore; in grazia della quale il Poeta sperava di riguadagnare il saluto di Beatrice. Il soggetto di questa ballata è, in pieno, quello medesimo della canzone, ch'è fuori della Vita Nuova, La dispietata mente che pur mira, ecc. E con l'una e con l'altra, il Poeta si propone di placare la sua donna, che levato gli avea il saluto. Così in quella, come in questa, vedesi espresso il concetto, che, senza l'intervento di Amore, o de' messi di Amore, sarà impossibile o difficile di ricoverare il sospirato saluto. Nella ballata è toccata la cagione dello sdegno di Beatrice: Dunque perchè gli fece (Amore) altra guardare,

Pensatel voi, dacch'e' non mutò il core. E questo medesimo è accennato nella canzone, dove dice: E ciò conoscer voi dovete, quando L'ultima speme a cercar

mi son messo.

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La ballata dice: Madonna, lo suo cuore è stato Con si fermata fede. Che a voi servir lo pronta ogni pensiero.

E similmente la canzone: E voi pur siete quello ch'io più amo; ..., E in cui la mia speranza più riposa: Chè sol per voi servir la vita bramo, ecc. Solo che nella canzone il Poeta parla del suo misero stato; il che non fa nella ballata.

Però de' suoi travagli narra la prosa che precede la ballata: Partitomi dalle genti andai in solinga parte a bagnare la terra d'amarissime lagrime.... E quivi chiamando misericordia alla donna della cortesia, e dicendo: Amore, aiuta il tuo fedele, ecc. Altra comparazione potrebbe farsi della prosa, e della canzone: Donna pietosa

di novella etate, ch'è sotto il §. XXIII, con l'altra canzone non compresa nella Vita Nuova: Morte, perch' io non trovo a cui mi doglia. Il fondo di questa e di quelle, è il presentimento, che ha il Poeta, della morte di Beatrice. La prosa: Io immaginava di guardare verso il cielo; e pareami vedere moltitudine di Angeli i quali tornassero in suso, ed avessero dinanzi loro una nuvoletta bianchissima.... E pareami, che questi angeli cantassero gloriosamente; e le parole del loro canto mi pareva che fossero queste: Osanna in excelsis. La relativa canzone: Levava gli occhi miei bagnati in pianti, E vedea (che parean pioggia di manna). Gli angeli che tornavan suso in cielo, Ed una nuvoletta avean davanti, Dopo la qual gridavan tutti: Osanna; E l'altra canzone ch'è fuori della Vita Nuova: Che mi par già veder lo cielo aprire,

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E gli angeli di Dio quaggiù venire,

F. PASQUALIGO, Pensieri sull' allegoria della Vita Nuova.

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