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PENSIERI SULL' ALLEGORIA

DELLA

VITA NUOVA DI DANTE

OPERA POSTUMA

DI

FRANCESCO PASQUALIGO

« lo che al cospetto di tanti av-
versarii parlo in questo trattato,
non posso brevemente parlare;
onde se le mie digressioni sono
lunghe, nullo si meravigli. »
(CONVITO, 4. 8)

VENEZIA

LEO S. OLSCHKI

1896

Edizione di 360 esemplari numerati

PROPRIETÀ LETTERARIA

ESEMPLARE N. 175

Lonigo 1896- Prem. Tip. Gio. Gaspari

AI LETTORI

Da Venezia il 27 gennaio 1882 il Cav. Francesco Pasqualigo indirizzava una lettera al chiaro dantista napoletano Vittorio Imbriani, nella quale, dopo averlo ringraziato del dono fattogli dell'opuscolo Dante a Padova e dopo aver accennato ad alcune questioni dantesche, gli dice: « Il vostro gradito dono mi ha trovato assorto nella Vita Nova, di cui, dopo lunghe meditazioni e studî, parmi aver sciolto tutti i nodi, e scoperta l'intera allegoria, tanto che mi sentirei in grado di rispondere a qualunque quesito mi potesse venir fatto su ogni punto di essa. Tengo già quasi un monte di note e di memorie, ma non incominciai ancora a dettare il lavoro. Tanto se ne potrebbe fare un volume che quattro; ma vorrò essere breve più che posso. »

Fin dal 1880 però il Pasqualigo aveva incominciato a pubblicare qualche saggio delle sue dotte fatiche sull'aureo libello dantesco con articoli staccati, che videro la luce nel Baretti nel Movimento letterario italiano e nel Preludio. E in un articolo comparso nel numero diciasette (23 aprile 1882) del giornale napoletano della domenica intitolato: Ched'è la Beatrice volle enunciare

i principali risultati delle sue lunghe e profonde elucubrazioni.

« A chi legge attentamente la Vita Nova, ivi osserva l'autore, si offrono infiniti argomenti, per concludere, che il racconto è fittizio ed allegorico. Ma, se non una donna in carne ed ossa che cosa è adunque la Beatrice? Hoc opus, hic labor. La Vita Nova è una specie di tavola di Cebete: non la si può interpretare, senza grande studio e fatica.... La Beatrice non è alcun che di assoluto ed immutabile. Scorgesi in lei, come oggi si dice, un processo di evoluzione. La Beatrice da principio è la Pietà, la Pietà Cristiana, che poi dà luogo alla Scienza e finalmente, unita ad essa Scienza, diventa Sapienza. La Beatrice in sè, è un attributo di Dio, cioè la Pietà o l'amore divino: La Beatrice, in Dante, è un dono di natura, ossia, come direbbero i teologi, un dono dello Spirito Santo. »>

È

questo il germe del grande lavoro, che intendeva di fare sulla Vita Nova, al quale intanto venivasi apparecchiando con un nuovo commento alla tanto dibattuta e controversa canzone del primo amico di Dante, Guido Cavalcanti, Donna mi prega; ove largamente richiamò le mistiche ed argomentose dottrine dei nostri antichi scrittori e specialmente di Dante sull'essenza e qualità dell'amore. Il commento era compiuto fin dal 1887, chè di esso diede notizia all'Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti l'abate Iacopo Bernardi nella adunanza ordinaria del 17 aprile di quell'anno 1, ma l'autore non lo pubblicò che l'anno 1891 nel suo Alighieri. La dotta fatica fu assai ammirata, ed anche recentemente Giulio Salvadori, pur non condividendo interamente le opinioni

1 Atti del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, serie VI, vol. V, pag. 637.

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