Sayfadaki görseller
PDF
ePub

Copre la notte già col piè Marrocco.

(altri alla riva, intendendo al confine, al limite estremo del nostro emisfero); ma pare che il Poeta voglia significare che in questo momento il dominio della notte protendevasi dal Gange al Marocco, quanto a dire per due quadranti; cioè la Notte, dal Poeta personificata, dalla riva del Gange,ove teneva l'uno, stendeva l'altro piede sol Marocco, lontano da Gerusalemme, e dal Pugatorio un quadrante; onde consegue che all'estremo lembo orientale dell'emisfero del Purgatorio, che proprio confina col Marocco, cominciava la notte.

Su questo Canto il Tommaseo : « Il proemio psicologico, e l'esposizione tra astronomica e geografica, sono notabili non per la poesia, ma per le difficoltà vinte più d'una volta valentemente. Quel che potrebbe additarsi d'alquanto incerto, e contorto, è compensato dalla precisione di parecchi luoghi (qualità oggimai rara e ne' poeti e negli scienziati), dalla pittura della salita, e del pigro sedente. Questi muove Dante al sorriso: la prima volta ch'e' rida. L'altra sarà alle parole di Stazio. L'uno sorriso di sdegno, ma amico, l'altro d'affetto, ma riverente; le due ale di Dante. Nel Purgatorio le passioni decrescono, s'innalzan gli affetti. >

Nota le terzine 6, 7, 9, 11, 12, 17, 18, 19, 21, 24, 30, 31; 33 alla 36; 38 alla 44, con l'ultima.

[blocks in formation]
[blocks in formation]

1-6. Notati dall'Alfieri. I due Poeti, finito il colloquio con Belacqua, si partono di là, riprendendo la salita; ed ecco un' anima di quelle, ch' eran con Belacqua, vedendo che Dante rompeva i raggi del sole, addita alle campagne lo strano fatto, e tutte si mettono ad osservar Dante e l'ombra che gettava. Ombre; Belacqua e quelli ch' erano con lui dietro al petrone (Purg., IV, 100-104). L'orme del mio duca; Virgilio s' era rimesso in via su per l'erta, invitando Dante a seguirlo (Purg., IV, 136-137). Qui seguitar l'orme, altrove seguire i passi (Purg., 1, 112); e cf. v. 62, dietro ai piedi. Drizzando il dito, atto per attirarsi l' altrui attenzione (Inf., X, 129); così mostrare a dito (Inf., v,68). Ma Dante, in camminando in direzione opposta, non poteva sapere se l'ombra drizzasse il dito verso lui,ma se ne accorse quando si rivolse (v. 7); è dunque nella narrazione far precedere ciò che dovrebbe venir dopo. Così altrove del comparirdi Stazio (Purg.,XXI, 10 e segg.), una cosa consimile :

Ci apparve un' ombra, e dietro a noi venía,
Dappie guardando la turba che giace;
Nè ci addemmo di lei sì parlò pria
Dicendo: Frati miei, Dio vi dea pace.
Noi ci volgemmo subito,ecc.

-Luca, risplenda (Inf., IV, 151; XVI, 66).— Da sinistra: I Poeti salivano la
costa del monte dal lato orientale (cf. Purg., IV, 53); ora, se seduti rivolti ad
oriente il sole li feriva alla sinistra (Purg., IV, 57),è chiaro che salendo nella
direzione di prima, il sole doveva essere alla loro destra, e perciò proiettar a
sinistra l'ombra del corpo di Dante. — A quel di sotto; perchè Virgilio sa-
lendo innanzi (Purg., Iv, 136), Dante ora più abbasso. -E come vivo ecc.;
e par che cammini come coloro che son vivi, che hanno corpo materiale. Il
Lombardi : << Par che si muova in modo come se fosse vivo; dando,a cagion
d' esempio, segno di gravezza col rumore che nel camminare faceano i piedi
percotendo il suolo, diversamente da quello che facessero l'ombre. » Si
conduca; altrove (Inf., XVI, 64) un dannato dice al Poeta:

Se lungamente l'anima conduca

Le membra tue, ecc.

[ocr errors]

7-9. Notati dall' Alfieri. Gli occhi ecc.; cf. Purg., IV, 100; altrove (Purg., XXX, 62), mi volsi al suon del nome mio. Vidile, quelle ombre. Per maraviglia ecc.; maraviglia consimile (e forse dal diventaro smorte parrebbe anco maggiore) ebbero l'anime ch' erano con Casella allo scorgere che Dante era ancor vivo (Purg., 11, 67 e segg.); e maraviglia pur grande le

[blocks in formation]

anime venute con Manfredi (ivi, III, 88 e segg.); e altra per la medesima
cagione vedremo di corto (v. 25 e segg.; e cf Purg., VIII, 61-63).

Pur me,

pur me, me solo, me solo (cf. Purg., XIX, 30); questo replicar la parola,
osserva il Cesari, dà più enfasi al concetto (così dicesi ogni cosa, ogni cosa;
tutto, tutto), e insistendo sull' idea, fa vedere che l'oggetto di quella mara-
viglia era sol Dante. - Lume... rotto; cf. Purg., III, 88 e 96; Conv., III, 7.
Questa maraviglia, nota il Cesari, essendo natural cosa, doveva accadere
ad ogni scontro di nuove anime; ora Dante per cessare la sazievolezza, nè
la nota sempre, nè sempre la esprime ad un modo, anzi variamente e dandole
diverso atto; e così con molta arte fa qui; che essendosi, come dissi, Dante
voltato, Virgilio lo rimprovera e lo ammonisce di lasciar dire.

10-12. L'Alfieri nota le frasi l'animo tuo s'impiglia, l'andare allenti e il v.
seg. Qui siamo di nuovo all' age quod agis, che Virgilio, sempre Maestro
sollecito e prudente, fa in sentenza sentire all' alunno (cf. Inf., X, 129; XXIX,
23). Vide che Dante per le parole di quest' anima essendosi rivolto, rallen-
tava il cammino; onde tra amoroso e severo lo riprende e lo eccita insieme.
Simpiglia, impigliare è proprio imbarazzare,impacciare (v.83; qui per trasl.;)
e in sostanza vuol dir Virgilio che il divagarsi in pensieri non opportuni
allontana dal fine ch'uom si prefisse. Che ti fa (cf. Purg., IV, 127), che ti
importa di..., che devi badare a...ecc. Si pispiglia, si mormora, si parla a
voce sommessa (Purg., XI, III); è termine imitativo, afferma il Bianchi, che
rappresenta un parlare fitto e sotto voce.

13-15. L'Alfieri nota sino al v. 21. Vien dietro a me ecc.; batti tua via, la retta tua strada, checchè di te dicano e giudichino le genti. Benvenuto e qualche moderno son d' avviso che il pispigliar di quell' anime fosse non solo di maraviglia per veder quivi un vivo, ma che mirabantur etiam quod erat sapiens inter tot ignorantes, e che Dante gloriabatur audire eos et libenter audiebat dici quod ipse solus erat vir singularis excellentiae; per conseguente argomentano che le parole di Virgilio mirino a far sì che Dante non invanisca: Virgilius perpendens quod ipse inflammabatur vanis laudibus istius multitudinis imperitae,increpuit rigide eum. Mi pare che il grande Imolese, sempre sottile, qui abbia sottilizzato troppo, tirando la parola da senso generico a senso speciale, e togliendo così ampiezza e fecondità al benefico avviso. Chi ha alle mani un'impresa, non solo deve guardarsi che il troppo della lode, se pur l'avrà, non gli sia inciampo alla prosecuzione; ma deve, e anche troppo più, non dar retta alle inopportune altrui ciarle, ai commenti soprattutto dei poltroni, nè pei loro giudizi lasciarsi storcere dalla via; e a ciò più che non al pericolo della soverchia lode credo pensasse Virgilio. Sta come torre ferma (altri fermo, ma non bene, perchè l'idea di fermo è nello sta); la frase poi come torre ferma ha riscontro in altra similitudine, ov'è detto come ferma rupe, e non fermo come rupe, Par., XIII, 3 ; nella Vit. N. § 12, ball., st. 4, fermata fede, cioè fede ferma, inconcussa. Virgilio, parlando di Mezenzio (En., X, 693-696):

Ille velut rupes, vastum quae prodit in aequor,
Obvia ventorum furiis, expostaque ponto,

Vim cunctam atque minas perfert coelique marisque,
Ipsa immota manens.

Par. XIII, 3.

[blocks in formation]

Per altro il Casini opina che il concetto di Dante più che dal passo virgiliano mova da queste parole di Seneca (De Const., III): Quemadmodum proiecti in altum scopuli mare frangunt, ita sapientis animus solidus est. Ma già Dante, a dimostrare che le ricchezze nulla possono sulla soda virtù,disse in una sua Canzone (Conv., IV, st. 3):

Nè la diritta torre

Fa piegar rivo che di lunge corre;

dove, spiega egli stesso (ivi, cap. 13), per torre s' ha da intendere la diritta torre della ragione. Non crolla (crollo, scossa, movimento, cf. Inf., XXV, 9), non muove, non piega (cf. Inf., XXII, 107, crollar la testa; e così Purg., XXVII, 43). Per soffiar ecc., per quanto soffino i venti (forma consimile a quest' altra per ficcar ecc.; Inf., IV, 11; per parlar; ivi, XV1,93; per narrar ecc., ivi, XXVIII, 3). Virgilio ha per intento d' insinuare nel suo alunno la persuasione ch'ogni uomo deve prefiggersi uno scopo, e a quello tendere con fermezza di carattere e di propositi, che son frutto di profonde convinzioni; il Montaigne, allegato dal Tommaseo : L'âme qui n'a point de but établi, se perd; e S. Paolo (Ephes., IV, 14): Ut iam non simus parvuli fluctuantes, et circumferamur omni vento doctrinae. Nella Imit. Cr., III, 28, 1: << Perchè ti vai inviluppando in quelle cose che non ti sono utili, e che non ti s'appartengono? » E ivi, 31, 1: «L'uomo sapiente e spirituale sta sempre costante sopra le cose mutabili di questo mondo... E venendo il tempo della instabilità, non si muove, e sta fermo a uno perfetto e ottimo fine, permanendo in uno medesimo sentimento, senza essere mutato; e passa con semplice occhio della intenzione per tante varietà di cose, dirizzato inverso di me (parla il Signore) senza intermissione.

16-18. L'uomo, nella cui mente un pensiero si sovrappone ad altro pensiero, allontana da sè la meta propostasi (non arriva, anzi si scosta dallo scopo), perchè il pensiero sorvegnente snerva, indebolisce l'intensione dell'altro. Rampolla (del pensiero altrove scoppia, Inf., XXIII, 10; e sì l'uno che l'altro verbo son tolti dal rampollare delle piante); cf. Par., IV, 130 (nasce, a guisa di rampollo Appiè del vero il dubbio, nasce, germoglia). Della sua donna, che sempre aveva nella mente e nel cuore (cf. Par., XXVII, 89), dice (Purg., XXVII, 41):

il nome

Che nella mente sempre mi rampolla.

Perchè la foga ecc.; costruz. dir.: perchè l' un insolla la foga dell' altro. La foga (che altrove usa nel senso di pendenza d'una costa di monte, Purg., XII, 103 e per celerità, Purg., XXXI, 18, e anche per corso del sole, Par., XII, 50),qui vale l' attività, la forza, l'intensità. Insolla, render sollo,

e sollo è quanto soffice, cedevole, molle (Dante, Purg., XXVII, 40, la mia durezza fatta solla, cioè ammollita); qui metaforicamente vale infievolire, snervare; il Monti: « la nostra mente, abbandonandosi a molti pensieri, che si urtino in guisa che l'uno rallenti il corso dell' altro, arriva tardi al segno principale a cui corre. >>

19-21. Virgilio, dice Dante, aveva tutte le ragioni del mondo; e a parole sì giuste, colle quali m' incitava a proseguire animoso ed attento la via,

20

Che potev' io ridir, se non : Io vegno?
Dissilo, alquanto del color consperso
Che fa l'uom di perdon talvolta degno.
E intanto per la costa da traverso
Venivan genti innanzi a noi un poco,

7

avrei potuto non ubbidire?-Del color ecc.; semplice ed efficace perifrasi, per dire tinto in volto di vergogna. Nel Conv., IV, 19: «Buono e ottimo segno di nobiltà è nelli pargoli e imperfetti d' etade, quando, dopo il fallo, nel viso loro vergogna si dipinge; » cf. ivi, 25. Consperso, tinto (cf. Inf., XXXI, 2, ove tingere; è Conv., IV, 25: « si dipingono nella faccia di pallido o di rosso colore cf. Inf., XXXII, 34). Di perdon talvolta degno; nel Conv, 1, 1: < Queste cagioni... non sono da vituperare, · ma da scusare e di perdono degne. Talvolta; perchè c'è anche una trista vergogna (Inf., XXIV, 132), e in tal caso il colore che si dipinge nel volto non serve certo a ottener perdono. Ma Pietro, quasi traducendo un tratto del Convito, distingue altrimenti Auctor correctus dicit, quod erubuit; qui color et rubor verecundus interdum non excusat, non tamen, ut dicit, semper; nam Aristoteles in quarto Ethicae dicit, quod verecundia non est laudabilis in veteribus nec in studiosis, cum pertineat ad eos praecavere ab his quae ve. recundiam inducunt; sed in iuvenibus et in mulieribus, a quibus talia non ita exiguntur, dicitur laudabilis. » E nel Convito, IV, 19: « Vergogna, cioè tema di disonoranza, siccome è nelle donne e nelli giovani,dove la vergogna è buona e laudabile; la qual vergogna non è virtù, ma certa passion buona. E dice: E noi in donne ed in età novella, cioè in giovani; perocchè,secondochè vuole il Filosofo nel quarto dell' Etica, « vergogna non è laudabile, nè sta bene ne' vecchi, nè negli uomini studiosi; perocchè a loro si conviene di guardarsi da quelle cose che a vergogna gli inducono. Alli giovani e alle donne non è tanto richiesto, dico, tale riguardo; e però in loro è laudabile la paura del disonore ricevere per la colpa; chè da Nobiltà viene. > Narrasi di Diogene, che veduto un giovinetto arrossire, gli disse: Sta di buon animo, chè il rossore è il colore della virtù. E quel curioso tipo di educatore, ch'è Mizione negli Adelfi di Terenzio, vedendo che Eschino, quel suo scapigliato figlio adottivo, colto nelle sue marachelle, arrossiva, esce a dire (Att. IV, sc. 5): Erubuit; salva res est. Nell' Ecclesiastico (IV, 25): Est confusio adducens peccatum, et est confusio adducens gloriam et gratiam. Al rossore di Dante Virgilio non aggiunse parola; nè era necessaria, perchè di ciò lo aveva ammaestrato altra volta (Inf., XXX, 142); ora gli bastava il fatto. Cf. Dizionario Dantesco, alla voce VERGOGNA, § I.

22-24. L'Alfieri notò l'ultimo. Intanto; mentre queste cose accadevano tra me e Virgilio. Da traverso, in direzione trasversale a quella che tenevano i Poeti che salivano; le anime giravano intorno alla costa del monte, in senso orizzontale alla sua base. Invece il Lombardi, pur tanto valente, spiega : « Venivan, scendendo cioè dalla costa in direzione che la via dei Poeti attraversava; e però dirà nel v. 40 che tornasser suso. » È il caso di dire, che quandoque bonus dormitat Homerus; le anime andavano per via orizzontale al piano del monte; se poi al v. 40 il Poeta dice che tornasser suso, è chiaro che non parla di quella schiera d'anime nè della via che faceano quando gli apparvero, ma accenna solo a quelle due, che in forma di messaggi (v. 28) eran corse giù per la costa per verificare qual fosse il motivo che Dante rompeva i raggi del Sole. - Genti; è una schiera d' anime di coloro che vivendo non curanti delle cose di Dio e peccatori infino all' ultim' ora (v. 73), morirono di morte violenta, e solo in quegli estremi si convertirono a Dio. — Innanzi a noi, sopra di noi (altrove

Conv. IV, 25.

Conv. I, 1; IV. 19.

« ÖncekiDevam »