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del milione e cinquecento mila ducati del sussidio avuto in Fiaudra e stati congiunti, e delli seicento mila del sussidio delli regni di Napoli e Sicilia sopradetto.

Appresso, bisognandogli, potrà servirsi di tutte le pensioni seguenti di detti sussidj, pagando qualche interesse a chi lo serviria subito del denaro in contanti, oltre li ducati dugento mila che gli ha offerto il quanti altri potrà sempre con l'autorità sua ritrarre di ogni provvisione.

papa, con

Gli sono poi somministrate dalli stati non picciole forze; perciocchè dal contado di Tirolo gli sono stati offerti fiorini cento mila, che pagheriano fanti sei mila per mesi quattro, nè meno gli son per dare l'Austria e li contadi di Stiria, Carintia e Carniola. Si prometteva ancora, oltre questi sussidi, il serenissimo re dei Romani fermamente dal regno di Boemia e ducati di Moravia e Slesia pagate, per quanto fosse bisogno da condur fuori per la presente impresa in difensione delle cose del re loro, non meno di persone quaranta mila di buona gente da guerra.

Aspettano finalmente d' esterni sussidj dall' Alemagna li quaranta mila fanti ed otto mila cavalli deliberati darsegli nella dieta d' Augusta', li quali, se li luterani non mancassero, si stima che siansi per aver tutti; ma mancando questi si crede che siano per averne li due terzi, o forse ancora qualcun meno: nondimeno e per il pericol comune e per il rispetto che pur hanno e convengono aver sempre le terre imperiali all'imperatore, si spera che certamente non mancheranno. Per il qual comune pericolo benchè vi fosse ancora tra li principi cattolici qualche disparere, e odio occulto e palese Vedi a pag 110-111.

d'alcuni con il re dei Romani, pur non si dubita, anzi si tien per fermo che non abbia alcuno di questi a mancare dal debito suo; e de'duchi di Baviera specialmente, nonostante alcuna controversia o inimicizia loro con detto re, per essere più prossimi all'imminente pericolo delli altri, si stima senza alcun dubbio che manderanno prontamente la porzione loro di gente, e anche d'avvantaggio.

Tutte queste forze si possono per il numero e per la qualità delle genti estimar grandi, ed atte così in mare come in terra non solo a sostenere l'impeto delli nemici per grande che sia, ma ancora a combatter seco e forse superarlo. Nè taluno si ritrova che dubiti che non siasi per aver almeno tante di queste forze presenti, che bastino a presidiare a tempo li luoghi che voglionsi tenere alle frontiere del nemico nelli confini d'Ungheria, tra quali si nominano principali Vienna, Neustat, Presburgo, e li castelli di Strigonia e d'Altemburg, con li quali si pensa specialmente impedire l'armata turchesca che non possa passare in su congiunta con l'esercito suo. E dell'altre forze, per fino alla somma di gente detta per opporsi in campagna, pare anche che si speri non poco; le quali sebbene non fossero ancora così in pronto al giunger del campo nemico sotto alcuna delle dette terre, pur si tiene che poco da poi abbiano ad esser tutte ridotte insieme di sorte, che con l'intertenimento che potrian fare le terre presidiate e quella parte di genti che si fosse ridotta prima, si giungerìa a tempo di potere e soccorrere tutti li luoghi, e, bisognando o volendo, ancor fare con avvantaggio loro conflitto con lui. È ben il vero che di tutte queste genti non si vede in essere per ancora in Alemagna parte alcuna; ma perchè pare che

l'inimico gli lassi pur tempo, non gli possendo esser, per la lunghezza del cammino e moltitudine d'impedimenti che conduce seco, così presto addosso, e si vede questa provincia avere una comodità grandissima dalla copia delle buone genti che ha in ogni parte, dalla vicinità delli luoghi da presidiare, e dalla facilità di mandarle per via delli fiumi in ognun di questi, per non gettare li denari senza necessità, ma sparagnarli a' tempi delli bisogni solo, si ritarda la spedizione delle provvisioni, e queste si vanno solamente ordinando, sì che al tempo si possino aver tutte pronte ed apparecchiate.

Delli capitani particolari hanno copia quanta vogliono, perchè hanno quasi tutti li buoni che ora si ritrovano tra li Cristiani al voler loro, ed oltre a questi hanno per capitano generale delle genti alemanne deliberato per la dieta d'Augusta mandare il duca Federigo Palatino; ma cercavano un capo principal solo, e sopra tutti desideravano il duca d'Urbino, capitano di questo illustrissimo dominio, del quale hanno estrema estimazione, sì che non basta all'imperatore averlo chiesto più volte a vostra serenità, e a Bologna ed in Fiandra, come e per più lettere mie, e per li oratori suoi medesimi gli fu significato, che prendendo io licenza da esso mi commise espressamente che volessi far di nuovo per parte sua istanza che la sublimità vostra fosse contenta di servirla con qualche modo onesto in tal bisogno '.

Questo non possendo avere, chiameranno Antonio di

Il duca Francesco Maria I della Rovere, del quale in questo luogo è discorso, quantunque agli stipendi de' Veneziani, dal 1530, epoca della incoronazione di Carlo V in Bologna e della pace generale d'Italia nella quale fu egli pure compreso, non abbandonò più gli stati suoi per gli otto anni che ancora ebbe di vita.

Leva', del quale si fa da loro ancora stima assai; ma per capo di tutta l'impresa vi sarà il serenissimo re de' Romani, o esso medesimo imperatore, il quale ha più volte affermato all'illustrissimo legato, a me e a molti altri parlando in tal proposito, che se il Turco verrà in persona, esso ancora vorrà andare in persona a trovarlo, non gli parendo, com'ei diceva, poter spender meglio la vita sua in altra impresa che in questa, dove, e vincendo e perdendo, acquisterebbe; perchè mettendo la vita in servizio di Cristo e della fede sua, non rimarria senza laude, e lasciando la terra guadagneria il regno del cielo: e se vincesse, appresso il merito che acquisteria con Dio, estenderia l'imperio de Cristiani forse sino alli antichi termini suoi, e viveria glorioso al mondo, lasciando poi alli posteri di sè fama e gloria eterna. Il che diceva sempre con tal affetto, che si vedeva non solamente pronto a questa impresa, ma quasi arder di desiderio che gli venisse occasione tale che potesse onestamente esporre a tal fortuna la sua persona.

Queste sono tutte le cose che mi son parse degne di essere riferite alla serenità vostra di questi due serenissimi fratelli, non solo di forze e di stato, ma di ripntazione e di felicità nelli successi tanto grande quanto abbia avuto fin qui, non dico la casa loro, ma la Germania

E così fu, ma per poco, perchè questo valent'uomo di guerra morì, nel 1536, in età di cinquantasei anni, nell'invasione della Provenza, per una febbre contagiosa che desolava l'esercito imperiale. Il suo corpo fu trasportato a Milano ed ivi sepolto in una chiesa dedicata a san Dionigi. Era nativo della Navarra ; aveva militato fino da'suoi primi anni: nel 1512 s' era distinto nella battaglia di Ravenna, e nel 1525 difendendo valorosamente contro i Francesi Pavia, fu cagione della famosa battaglia di questo nome, nella quale Francesco I rimase prigioniero. Fu allora creato governatore del Milanese, e tenne quella dignità sino alla reintegrazione del duca Francesco Sforza e la riassunse pure ncl 1535 in occasione della morte di questo principe. Negli ultimi anni della sua vita oppresso da molte gravi fatiche ed infermità, si faceva portare al campo in lettiga, e da quella regolava le battaglie come se fosse a cavallo.

da poi che la dignità imperiale è stata traslata in essa. Le quali benchè a' più vecchi senatori per la maggior parte fossero per avventura note, nondimeno m'è pur parso essere anco uffizio mio, ritornando da questa legazione, riferire nuovamente, acciocchè alli più giovani che non l'hanno più udite si notificassero, e li altri ancora, o si confermassero in ciò che avessero per l'adietro udito,o conoscessero quanto si fosse nelli presenti tempi mutato da quello. Dove a me pare che le signorie vostre eccellentissime si possano certamente promettere, che mentre si conserveranno l'amicizia, e confederazione che hanno con questi due principi, averanno perpetua pace, e goderanno tutto lo stato quieto e sicuro, con tanta dignità e riputazione appresso tutti li principi

popoli, quanta in alcuna condizion di tempi mai avessero, e con quella sicurezza e tranquillità delli cittadini propri e di tutti li altri sudditi loro, che si potrìa mai da alcun popolo, per somma felicità desiderare. Nel quale stato prego il nostro Signor Iddio che si degni per l'immensa bontà sua conservare la serenità vostra, e tutte le signorie vostre eccellentissime felici per molt'anni, e questa gloriosa repubblica sotto la protezione sua, e la sua santa grazia in eterno.

Ora poi quanto io abbia in questa legazione mia a vostra serenità soddisfatto non posso conoscere: questo so bene, e posso

Perchè troviamo in queste Relazioni frequentissimo l'uso di chiuderle con una lunga esposizione dei casi particolari dell'oratore, e perchè tali conclusioni non ci sembrano dover gran fatto interessare i nostri lettori, abbiamo stabilito di sopprimerle ogni qualvolta non contengano cosa importante al fine della Relazione medesima. Riportiamo solo e per intero la presente onde offrire un'idea esatta della natura di tali esposizioni, e per render la ommissione delle altre meno rincrescevole a quelli che s'avvisassero potersi per avventura in esse contenere alcuna cosa necessaria a sapersi.

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